Commento al Vangelo di domenica 16 ottobre 2016 – mons. Giuseppe Mani

Commento a cura di mons. Giuseppe Mani dal sito www.lamiavocazione.it

La liturgia di oggi si apre con lo spettacolo di Mosè sul monte con le mani alzate che prega mentre il suo popolo combatte contro il nemico. Il testo precisa che mentre pregava i suoi vincevano, quando cessava di pregare perdevano. Le mani alzate di Mosè non significano l’intervento automatico di Dio tutte le volte che si prega ma che ogni volta che avviene qualcosa di positivo, ogni volta che l’uomo manifesta la sua forza, la sua intelligenza, Dio è presente perché è creatore di tutto ciò che siamo e abbiamo.. Non dobbiamo mai abbassare le braccia perché non dobbiamo mai perdere la fiducia o stancarci nella fede: sarebbe un interrompere la relazione con Dio, la relazione con chi ci da la vita.

Essere in relazione con Dio vuol dire essere nell’alleanza con Lui, essere “nel possesso” di Dio.
Perché pregare? Perché ricordate a Dio le nostre cose? Per gridare la nostra impotenza. Lo Spirito Santo si chiama anche “padre dei poveri”. L’indigenza della creatura è la nostra preghiera. Tutti i miracoli operati dal Maestro lo testimoniano: il grido del cieco di Gerico, dei lebbrosi della Galilea, di Giairo, di Marta e di Maria e di tanti altri. Nella tradizione orientale questa preghiera si chiama Esicasmo “Signore Gesù abbi pietà di me peccatore”. Questo grido diviene preghiera perché ci affidiamo ad un altro: ecco la povertà della creatura davanti alla ricchezza del Creatore.

Pregare è confidare radicalmente in colui che può tutto. E mentre la preghiera è la potenza dell’uomo è davvero la debolezza di Dio. Giorgio la Pira diceva che la Preghiera è quel canale che unisce la nostra pochezza all’onnipotenza di Dio. Ecco la ragione perché con la preghiera si fanno grandi cose con mezzi insignificanti. Per questo l’atteggiamento dell’uomo deve essere quello dell’abbandono nelle mani di Dio come esprime Charles de Foucauld nella sua preghiera “ Padre mio, io mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace. Metto la mia anima nelle tue mani, te la dono con tutto l’amore del mio cuore, perché tu sei mio Padre”.

La preghiera è intercedere per coloro che hanno bisogno. La solidarietà umana che ci lega gli uni agli altri fa si che siamo più o meno in carico gli uni agli altri nell’ordine della preghiera. Possono esserci di esempio gli amici del paralitico di Cafarnao che calarono il malato con delle funi davanti a Gesù.

Il Signore fa ancora i miracoli se glieli chiediamo con fede e con insistenza. Una fede e una insistenza che la Bibbia non esita a chiamare lotta con Dio. Lottò Mosè per ottenere da Dio il perdono per suo popolo dopo il peccato del vitello d’oro. Giacobbe lottò tutta la notte con l’angelo finche gli disse “Lasciami andare” e Giacobbe riprese “Non ti lascerò finche non mi avrai benedetto”. “Non ti chiamerai più Giacobbe ma Israele perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto” (Gen 32, 28-30).

Il vigore dell’intercessione che anche oggi sale a Dio non temo di identificarlo con una autentica lotta con Dio. Pregare è lottare con Dio. Superare le barriere dell’indifferenza umana e del secolarismo che non ha più fiducia nella preghiera e a nome dell’umanità infedele chiedere a Dio di intervenire nei casi particolari in cui riteniamo che debba compiersi la sua volontà. Compito principale della Chiesa è pregare, insegnare a pregare e intercedere per l’umanità.

Dopo cinquanta sei anni di vita sacerdotale posso affermare di aver visto Dio all’opera con dei miracoli strappati alla Sua Onnipotenza dall’umile preghiera di tanti fedeli, di persone ritenute inutili alla vita civile e ai margini anche della visibilità della Chiesa. Capisco perchè Papa Francesco chieda sempre e a tutti di pregare per Lui: grande è la consapevolezza della sua pochezza e la sua fede nella grandezza della potenza di Dio che “innalza gli umili e ha ricolmato di beni gli affamati”.

VUOI ALTRI COMMENTI AL VANGELO?

XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

[ads2]Lc 18, 1-8
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.

Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».

E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 16 – 22 Ottobre 2016
  • Tempo Ordinario XXIX, Colore verde
  • Lezionario: Ciclo C | Anno II, Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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