Ascensione del Signore
Oggi, quaranta giorni dopo la resurrezione, Gesù conclude la sua avventura umana, avendo operato la Redenzione con la sua morte e resurrezione e dopo avere insegnato agli apostoli a vivere con Lui, Vivo e Presente nella Chiesa.
Gli Atti degli Apostoli ci raccontano come avvenne il fatto. Gesù riunì gli amici per un pranzo di addio nel cenacolo, poi si incamminò verso il Monte degli ulivi, dove giunsero verso mezzogiorno. Giunti sulla cima del colle, l’atteggiamento di Gesù si fece più solenne e disse: “Andate in tutto il mondo e predicate il mio Vangelo….. Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. Detto questo cominciò ad elevarsi verso il cielo tra lo stupore dei presenti, che lo seguivano con lo sguardo mentre saliva. Una nube lo nascose ai loro occhi, quando apparvero due angeli che scossero i presenti dall’incanto e li richiamarono alla realtà: “Quel Gesù, che avete visto salire al cielo, tornerà allo stesso modo con cui lo avete visto salire al cielo”. Così si sciolse l’assemblea, anche se gli apostoli si ritrovarono nel Cenacolo insieme a Maria ad aspettare gli eventi che erano stati preannunciati.
L’Ascensione di Gesù ci richiama due cose: l’impegno di evangelizzare il mondo e la salita al cielo, dove Gesù è andato a prepararci un posto.
In altre parole, Gesù, concludendo la sua missione, ci dice: “Io ho fatto la mia parte, adesso tocca a voi! Al mio ritorno voglio trovare le cose cambiate. Il mondo non deve essere come l’ho lasciato io, ma lo cambierete in una maniera soltanto: predicando il Vangelo ad ogni creatura”. C’è un modo solo per cambiare il mondo: evangelizzandolo, facendolo diventare Vangelo. Saranno tante le illusioni e proposte per un cambiamento, sempre per fare un mondo migliore. Ma saranno tutte fantasie di uomini, spesso dettate dall’egoismo e dalle passioni umane. Perché una sola è la via della salvezza: quella del vangelo, in quanto il creatore di tutte le cose le ha fatte e formate su schema evangelico e lavorare diversamente significherebbe costruire un’opera indipendentemente dal disegno dell’ideatore.
Il compito che Gesù ci affida è impegnativo: dipende da noi la salvezza dei fratelli e del mondo. Il programma è talmente ambizioso che è facile trovare la scappatoia ad un impegno evidentemente più grande di noi. Assolutamente no. Gesù ti affida tutto il mondo partendo da tutto il tuo mondo, quello che ti circonda fatto di uomini e di cose che attendono da te il Vangelo, vogliono vedere in te una parabola evangelica, riconoscere in tutto il tuo ambiente lo “stile evangelico” per poi ascoltare l’annuncio del segreto di Dio. Evangelizzare prima di tutto. Non esiste nella Chiesa nessun altro lavoro che non dipenda da questo. “Sono venuto ad evangelizzare, non a battezzare”, scrive San Paolo, e credo che oggi come sempre, Vescovo, sacerdote, religioso e laico deve essere sinonimo di evangelizzatore, di missionario e non vedere il mondo se non come il campo in cui deve essere seminata la Parola di Dio.
Gesù dopo averci dato il compito di evangelizzare “fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio”. La liturgia di oggi illumina la nostra preghiera dicendoci che “Nel Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te e, viviamo nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo nella gloria”. Il testo latino della preghiera è molto più bello e significativo: “Ad superna semper intenti”, sempre rivolti alle cose eterne. Ecco lo stile con cui il cristiano deve lavorare, deve evangelizzare: col cuore rivolto alle cose eterne. Necessariamente, perché per trasformare il mondo deve realizzare un piano, ed è chiaro qual è: “come in cielo così in terra”, fare la terra ad immagine del cielo. Ecco perché Marx era un imbroglione quando diceva che la religione è l’oppio (oggi si direbbe la droga!) del popolo, nel senso che fa guardare al cielo mentre la terra diventa sempre più ingiusta e in mano agli sfruttatori dei poveri. Assolutamente no. Il cielo si guarda per realizzarlo sulla terra e soltanto chi lavora per cambiare la terra guadagna il cielo.
Credo che il problema di oggi sia che gli uomini pensano poco al Paradiso e pensano di rimanere sempre su questa terra. San Paolo lo diceva: “Non abbiamo qui una città permanente, ma ne cerchiamo una eterna”. “Paradiso, paradiso!”, gridava San Filippo Neri e trovava l’equilibrio della sua vita.
Gesù ci ha detto che è andato a prepararci un posto ed è quello a cui siamo destinati da tutta l’eternità.
La festa dell’Ascensione del Signore è la festa dell’impegno della Evangelizzazione e fa festa della nostalgia della patria. Il cristiano sa cosa fare su questa terra ed è certo della pensione assicurata per tutta l’eternità. Ecco perché questa festa è la festa della gioia e, come ci esorta la Chiesa, noi esultiamo di santa gioia.