Commento al Vangelo di domenica 16 dicembre 2018 – p. Alessandro Cortesi op

‘Che cosa dobbiamo fare?’ E’ la domanda che varie categorie di persone rivolgono al Battista giungendo a lui da varie parti. Giovanni suggerisce percorsi per impostare la vita su orizzonti nuovi di senso. Non indica particolari pratiche e osservanze ma suggerisce scelte di condivisione: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Ai pubblicani indica una via di onestà nel loro compito: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Ai soldati indica di rifuggire dall’uso della violenza, dall’uso del loro potere per maltrattare le persone: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Chiede di condividere i propri beni e il nutrimento perché tutti possano mangiare, vivere la giustizia, stare al proprio posto di lavoro immettendo nel proprio impegno una logica nuova. Anche Gesù proporrà ai suoi non tanto una serie di regole e norme, ma uno stile di nonviolenza e condivisione.

Il popolo era in attesa… Giovanni si situa nel cuore di una vasta attesa ed è colui che indica un altro. C’è una urgenza particolare di cambiare. Utilizza l’immagine della separazione del grano dalla pula: “…viene uno che è più forte di me, costui vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile”.

Giovanni invita alla conversione per accogliere un messia vicino. Propone esigenze di fondo. presenta colui che deve venire nei tratti del ‘più forte’ che battezza in Spirito santo e fuoco. Per accoglierlo si deve eliminare la pula: tutto ciò che è inconsistente nella vita. ‘Pula’ è quanto non ha spessore come inseguire gli idoli che conducono la vita a perdersi per cose che non hanno valore (Os 13,3): sono cose senza consistenza, illusioni che riempiono la vita degli empi: ‘Gli empi sono pula che il vento disperde’ (Sal 1,4).

“Gioisci figlia di Sion, esulta Israele, e rallegrati con tutto il cuore. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura. Non temere Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore esulterà di gioia, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa”

Il profeta Sofonia è attento al presente segnato dal male e sventura ma è capace anche di visione nuova: la città di Gerusalemme, sul monte Sion, e tutto il popolo, ‘la figlia di Sion’, sono trasfigurati. Il profeta vede in Gerusalemme un grembo fecondo. E scorge la presenza del Signore in mezzo al suo popolo come vita che cresce e si apre alla nascita in un grembo: in mezzo a te, cioè nelle tue viscere, nel tuo grembo. Dio stesso, in mezzo al suo popolo, prende con sé i giusti e dona loro la serenità e pace attesa. La gioia è possibile: è comunicazione della gioia stessa di Dio che viene per i ‘poveri del Signore’. Sono coloro che hanno posto la loro sicurezza nel nome di Jahwè. La sventura che è dolorosa esperienza umana non ci sarà più, il Signore raduna e apre vie nuove. Il ‘Dio che viene’ ha i tratti di chi sta vicino, addirittura come la presenza nascosta di un bambino di cui si attende la nascita. Non si vede ma c’è e tutto pone in attesa. E arreca gioia, genera uno stile di rapporti non appesantiti da angustia ma nutriti di affabilità e di speranza.

C’è una consapevolezza di presenza: ‘re d’Israele il Signore è in mezzo a te’. E Paolo fa eco ‘Siate sempre lieti perché appartenete al Signore’. Essere nel Signore significa poter vivere di una pace e nella certezza di una presenza che ha cura di noi: stare quindi anche nel dolore e nella crisi nella consapevolezza di non essere soli ma nella compagnia del Dio vicino.

Queste parole indicano una spiritualità della gioia da far crescere nel quotidiano anche di fronte ad una condizione di tristezza e di incupimento. Una speranza gioiosa è caratteristica di una fede segnata dalla promessa del Dio fedele, e dalla risurrezione che è forza di vita che già permea tutta la storia e la orienta non verso il buio e la morte ma verso la vita in Dio e la comunione con gli altri.

“Rallegratevi nel Signore, sempre: ve lo ripeto, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Non angustiatevi per nulla” (Fil 4,4).

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III DOMENICA DI AVVENTO – ANNO C

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Lc 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

  • 09 – 15 Dicembre 2018
  • Tempo di Avvento II
  • Colore Viola
  • Lezionario: Ciclo C
  • Anno: III
  • Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

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