Interpretare i testi: Dio invita al banchetto, perchรฉ non vuole essere felice da solo
Il banchetto, in tutte le culture, รจ un grande mezzo per esprimere amicizia, dialogo, intimitร . Lo si nota bene in alcune occasioni, come la celebrazione delle nozze. Un invito possiede sempre una duplice valenza, personale e sociale. Personale perchรฉ interessa il singolo che si sente onorato di partecipare alla gioia di un grande evento, sociale perchรฉ lo pone in relazione con altre persone, chi lo invita e chi partecipa alle nozze. La festa della famiglia รจ proposta e condivisa con tante altre persone, cosicchรฉ la gioia dei diretti interessati si travasa nella comunitร , diventando un fatto sociale. Anche oggi si verifica lo stesso fenomeno, in tono minore per noi che idolatriamo la privacy, in modo appariscente in tanti Paesi. Basta viaggiare un poโ in Africa, America Latina, Asia per rendersi conto quanto un matrimonio interessi anche la comunitร .
A Dio non piace essere felice da solo; invita a condividere la sua gioia nel banchetto della sua intimitร . Ci vuole suoi commensali, come suggeriscono le colorate immagini delle letture di oggi.
Per dire quanto Dio ci tenga ad avere tutti gli uomini alla sua mensa, Matteo propone questa parabola, cui ha impresso un forte carattere ecclesiale. Ai primi invitati che hanno rifiutato, subentrano altri che accolgono lโinvito. La sala si riempie, sono in molti a far festa e a condividere la gioia del re. Lโinvito comporta alcune responsabilitร che non vanno trascurate (vangelo).
Il profeta immagina Dio che prepara sul monte Sion un sontuoso banchetto cui sono invitati tutti gli uomini, che vi possono accedere solo dopo aver abbandonato le negativitร che corredano tristemente la loro vita. Sarร un incontro di gioia piena (prima lettura).
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La felicitร viene anche dalle piccole cose, come il saper dire grazie per mantenere vivo il senso della gratitudine. Paolo lo insegna, senza mai spegnere il suo diretto riferimento al Signore, sorgente di sana autonomia (seconda lettura).
Vangelo: Commensali di Dio
Matteo sta insistendo con forza sulla responsabilitร di coloro che hanno rifiutato Gesรน. Lo documenta il contesto. Prima della nostra parabola, quella dei contadini omicidi รจ unโimpietosa rappresentazione di persone, che hanno rifiutato di consegnare al legittimo proprietario i proventi della vigna in cui lavoravano. Di piรน, hanno ucciso i servi mandati per la riscossione, giungendo allโestremo di uccidere lo stesso figlio del padrone (cfr. Mt 21,33-44). La polemica contro il mondo giudaico che ha rifiutato Gesรน รจ lampante.
In questo rovente contesto si colloca la nostra parabola, non certo piรน tenera della precedente. Il brano presenta una disposizione chiara e ordinata: racchiuso tra unโintroduzione (v. 1) e una conclusione (v. 14), ambedue di carattere generale, viene modellato in due quadretti paralleli e opposti che rispondono allo schema comune: invito โ reazione โ conseguenze.
Primo quadretto (vv. 2-7). Un re prepara un banchetto per le nozze del figlio e manda i suoi servi a chiamare gli invitati; come risposta ha un rifiuto. Altri servi sono inviati a sollecitare gli invitati indicando lโurgenza della partecipazione: tutto รจ pronto. Segue un secondo rifiuto, aggravato da un disinteresse totale per il banchetto e da un implicito disprezzo al re di cui si uccidono i messaggeri. La conseguenza รจ un intervento duro del re che elimina gli assassini e distrugge la loro cittร .
Secondo quadretto (vv. 8-13). Lo scacco subito non blocca il re che ordina ai servi di invitare chiunque incontrino per strada. In breve tempo la sala si riempie.
A questo punto avviene un fatto tragico: un invitato, sprovvisto dellโabito di nozze, รจ escluso dal banchetto (vv. 11-13). Per spiegare meglio questo fatto increscioso, dobbiamo ricordare che esso appartiene originariamente ad unโaltra parabola, aggiunta qui da Matteo per una particolare situazione della sua comunitร ecclesiale.
Il punto decisivo che confronta i due quadretti sta nellโaccoglienza o meno dellโinvito. Qui si registrano le piรน vistose differenze: i primi erano giร stati invitati e i servi hanno solo il compito di sollecitarli; i secondi ricevono un invito improvviso e inaspettato. I primi hanno unโoccupazione, di conseguenza un salario sicuro e quindi una certa agiatezza; i secondi invece si trovano ai crocicchi delle strade dove sostano i disoccupati in attesa di reclutamento al lavoro e i nullatenenti. I primi vengono sollecitati due volte e ciononostante oppongono un ostinato rifiuto; i secondi accolgono subito lโinvito. I primi sono totalmente eliminati; i secondi, eccetto uno, sono tutti accolti.
La parabola degli invitati al banchetto รจ conosciuta da Luca come la parabola della cena (cfr. Lc 14,15-24). ร pure presente nellโapocrifo Vangelo di Tommaso, un prezioso e antichissimo documento (II secolo), trovato casualmente nel 1945-46 in Egitto, durante gli scavi nella sabbia del deserto, contenente 114 detti del Signore.
Anche se documentata altrove, la parabola assume in Matteo un carattere particolare, perchรฉ serve a capire meglio la comunitร cristiana, di ieri e di oggi.
Lโinvito a nozze e il rifiuto
ร legittimo e doveroso per un re solennizzare le nozze del figlio con un banchetto. Prepara una festa di famiglia e pensa pure a tanti invitati. Si premura di inviare messaggeri a chiamarli. Il suo รจ un atto di deferente omaggio ed un implicito riconoscimento della loro dignitร . ร altresรฌ un delicato modo per esprimere che egli ha piacere di averli con sรฉ per questo solenne atto. Se รจ onorato il re di avere tali graditi ospiti, dovrebbero esserlo ancora di piรน costoro, ammessi alla presenza del sovrano e chiamati a condividere con lui la gioia di nozze del figlio. Cโรจ aria di festa e di solennitร .
Contrariamente ad ogni logica aspettativa, viene da parte degli invitati un rifiuto, non meglio precisato nelle sue motivazioni. Il comportamento risulta scortese e, piรน ancora, offensivo. Si potrebbe pensare ad una rottura di rapporti. Invece no.
Rinnovato invito e ostinato rifiuto: unโassurditร ?
Il re mostra una signorile magnanimitร rinnovando la sollecitazione mediante lโinvio di altri messaggeri, che dichiarano completata la fase preparatoria e improrogabile del banchetto: ยซDite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo, i miei buoi e gli animali ingrassati sono giร uccisi e tutto รจ prontoยป. La minuziosa descrizione, anche di dettagli come gli animali uccisi, esprime il rinnovato desiderio del re di ricevere i suoi ospiti. Non si spiegherebbe altrimenti tanta insistenza. Lโannuncio dei servi: ยซVenite alle nozzeยป รจ simile piรน ad un ultimatum che a un pressante invito.
Se alla prima sollecitazione si potevano concedere possibili scusanti, alla seconda deve senzโaltro seguire una risposta di adesione. Il re ci tiene ad avere questi invitati, e loro dovrebbero sentirsi onorati di essere oggetto di tanta premurosa attenzione. Invece, contro ogni previsione, il rifiuto si colora di pacchiano disinteresse verso lโinvito e di sdegnoso disprezzo verso il padrone.
Il rifiuto al banchetto subentra allorchรฉ le energie vengono convogliate su nuovi e piรน allettanti centri di interesse, che prendono il nome di โlavoroโ e di โaffariโ. Il disinteresse trascina con sรฉ il disprezzo per il signore.
Infatti partecipare al banchetto non รจ solo soddisfare un bisogno primario quale la fame, ma, molto piรน presso gli orientali che nel nostro mondo, soprattutto unโoccasione privilegiata per condividere i sentimenti dellโinvitante e vivere con lui una solidarietร , resa visibile dallo stare insieme a tavola. La Bibbia ama rappresentare la comunione con Dio come la condivisione di un banchetto (cfr. Is 25,6; Sal 23,5; Ap 3,20).
Nel momento in cui si preferiscono il lavoro e gli affari, si contravviene certo ad una regola di cortesia verso il padrone e, peggio, gli si arreca una grave offesa per lโumiliante precedenza accordata alle cose.
Per quanto abnorme e perfino irrazionale possa essere il rifiuto, il fatto non costituisce unโeccezione nella vita degli uomini, che spesso si lasciano ammaliare dal civettuolo luccichio delle cose, anzichรฉ appassionarsi alla solida costruzione di un rapporto interpersonale. Lavoro e affari sono ancora oggi realtร che possono ingigantirsi velocemente a scapito di valori, quali la famiglia, la solidarietร , la riflessione personale e il rapporto con Dio, proprio come cellule cancerogene che si riproducono vertiginosamente a scapito di altre, provocando uno squilibrio nellโorganismo e accelerando la fine. ร una crescita impazzita, alla continua ricerca di unโespansione unidirezionale che mortifica lo sviluppo armonico dellโinsieme. Questo tipo di vita รจ anticamera della morte.
Lo testimonia la reazione del re, che non puรฒ tollerare un insulto al suo invito e lโingiustizia perpetrata a danno dei suoi servi. Si legge al v. 7: ยซAllora il re si indignรฒ: mando le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro cittร ยป. Davanti ad una punizione tanto dura, sorgono alcune perplessitร . Certamente quel signore รจ danneggiato per il fatto che i suoi servi sono stati maltrattati e alcuni perfino uccisi. Questo particolare, perรฒ, sembra secondario, nellโeconomia del racconto, rispetto a quello del rifiuto. Sorgono allora due interrogativi: Non erano liberi gli invitati di rispondere negativamente allโinvito? Non risulta eccessiva la reazione del re nei loro confronti?
In una logica puramente umana il rifiuto รจ ammesso e plausibile. Si richiede solo lโosservanza di elementari norme di galateo, qual รจ appunto la giustificazione, tanto meglio se accompagnata da una petizione di scusa. Nella parabola notiamo invece che il rifiuto, non solo non sembra radicarsi in un terreno di valide scuse, ma addirittura si sviluppa come villania. Al primo invito si risponde con un netto rifiuto: ยซnon vollero venireยป, non meglio precisato. Al secondo invito, che รจ una calda sollecitazione, si risponde con un sentimento: ยซnon se ne curaronoยป, e con un atteggiamento: ยซandarono chi al proprio campo, chi ai propri affariยป, che corrisponde a un insolente disprezzo verso colui che ha invitato. Considerando anche la finale: ยซaltri poi presero i suoi servi, li insultarono e li ucciseroยป, allora si tocca il fondo del lecito e, diciamolo pure, del verosimile.
ร appunto questa inverosimiglianza sul piano dei rapporti umani (chi uccide il latore di un invito?) che obbliga a orientarsi verso una lettura storica e teologica della parabola.
Lโevangelista ha voluto sintetizzare in pochi tratti la storia della salvezza e il suo apparente fallimento: Dio (il re) per mezzo dei profeti (i suoi servi) ha sollecitato il popolo di Israele (gli invitati) a prendere parte alla sua alleanza (il banchetto), ma non ha ottenuto che una sorda ostilitร . Ha riprovato con altri profeti, non ottenendo migliori risultati, anzi, vedendo la situazione peggiorare sempre di piรน. Lโincendio della cittร e la connessa morte degli invitati รจ la trasparente metafora della situazione di Gerusalemme del 70 d.C., anno in cui le truppe romane alla guida di Vespasiano la incendiano e distruggono, rendendola un cumulo di rovine. Vale per la cittร la triste profezia di Gesรน sul tempio: ยซIn veritร vi dico: non resterร qui pietra su pietra che non sarร demolitaยป (Mt 24,2). A partire da quella data cessa di esistere la nazione ebraica.
La comunitร cristiana primitiva lesse questo spezzone di storia come la conclusione della funzione storico-teologica di Israele. La fase di Israele si chiude, ma la storia continua con nuovi invitati. La festa non รจ nรฉ cancellata, nรฉ ritardata; lโinvito non si arresta nรฉ si perde: trasmigra da popolo a popolo, continua nel tempo e nello spazio come invito nuziale che sollecita alla partecipazione. Quindi solo i fatti e la loro lettura teologica danno una comprensibile ed accettabile spiegazione della parabola, preziosa miniatura della storia della salvezza.
I nuovi invitati
Con questa interpretazione si appiana la via alla comprensione della seconda parte. Dio non si arrende davanti al diniego umano. Del resto, รจ teologicamente impensabile che lโuomo possa bloccare il progetto divino. Resta vero che tale progetto puรฒ subire variazioni, quando lโuomo non vuole collaborare.
Continuando con lโimmagine della parabola, le nozze devono essere celebrate e il banchetto ha bisogno di invitati. Non piรน i primi invitati, ora eliminati, ma nuove persone dovranno prendere parte al banchetto. Il padrone rinnova ai suoi servi il comando di reclutare nuovi commensali. Il lettore sarร curioso di conoscere la loro identitร . Qui sta un punto di sorpresa.
Costoro sono degli estranei, vengono da tutte le parti, non sono persone di rango, bensรฌ gente raccogliticcia trovata ai crocicchi delle strade, lร dove indugiano coloro che non contano, coloro che attendono di essere ingaggiati, ยซbuoni e cattiviยป per indicare che non si รจ fatta una previa selezione. Lโinvito raggiunge tutti indistintamente, senza preferenze e senza esclusioni; non intende perciรฒ premiare nessuno e si presenta come puro dono. I servi hanno solo eseguito una precisa e chiara disposizione del loro signore che ha voluto commensali โcomuniโ, forse anche scadenti. Costoro, dal canto loro, si sono trovati improvvisamente in una situazione di onore, senza merito e senza preparazione.
Anche per questa seconda parte della parabola occorre guardare alla storia della salvezza; il rifiuto di Israele ha fatto scattare lโattenzione al mondo pagano. Infatti, dopo un momento di annuncio solo a Gerusalemme e ai giudei, la Parola di Dio viene proclamata da Pietro, da Paolo e dagli altri anche ai pagani, ottenendo una favorevole, spesso entusiastica, accoglienza. Il Libro degli Atti lo testimonia con abbondanza: il centurione Cornelio, gli abitanti di Antiochia, di Filippi, di Tessalonica, di Corinto, sono solo un campionario dei numerosi pagani che diventano cristiani. Anche loro, una volta battezzati nellโacqua e nello Spirito, sono ammessi al banchetto della Parola e dellโEucaristia, ed entrano cosรฌ a far parte del nuovo popolo di Dio.
Ora infatti si respira lโaria universalista della comunitร primitiva, che apre il tesoro del suo messaggio a tutti gli uomini, prolungando lo stile insegnato da Gesรน. Egli parlava di Dio anche a gruppi ufficialmente esclusi dalla corsa verso la salvezza, quali erano ritenuti i peccatori pubblici e le donne di malaffare: costoro erano per lui non meno degni di comprensione della รฉlite religiosa ebraica. Questi semi di universalitร sparsi da Gesรน sono fioriti nella comunitร primitiva, che supera le distinzioni allโinterno di un popolo e anche le distinzioni tra popoli.
Colpo di scena finale
ร ancora la situazione storica e teologico-ecclesiale a rendere comprensibile e logico il finale della parabola (vv. 11-13). Giustamente il lettore si schiera dalla parte del malcapitato che viene redarguito perchรฉ non indossa lโabito adatto e si fa istintivamente suo avvocato: ยซCome si puรฒ pretendere che uno, invitato allโultimo momento e trovato per strada, porti lโabito da cerimonia? Pretesa assurda!ยป. La ragione vuole la sua parte.
Un primo tentativo di spiegazione affonda le sue radici in recenti scoperte archeologiche, che hanno portato alla luce alcuni testi dellโantica cittร di Mari, sul fiume Eufrate, nei quali si informa che il guardaroba regio metteva a disposizione degli invitati lโabito conveniente. Nel nostro caso, lโuomo trovato senza abito nuziale mostrerebbe una sfrontata impertinenza verso colui che lo ospita, perchรฉ si rifiuterebbe di indossare lโabito conveniente. Si renderebbe colpevole e quindi passibile di pena.
A questo primo tentativo di risposta obiettiamo che lโevangelista non necessariamente era a conoscenza di tali usanze, del resto non ben documentate in Palestina. Il testo รจ cosรฌ laconico e scarno che ogni supposizione non esce dai confini della congettura.
Lasciamo allora le ipotesi sugli usi antichi e muoviamoci sul terreno delle nostre conoscenze ecclesiali e teologiche. Lโaggiunta dellโabito nuziale โ parabola entro la parabola โ intende stroncare la leggerezza che poteva introdursi nella comunitร cristiana primitiva, producendo un rovinoso effetto. La chiamata di Dio in Cristo รจ senzโaltro dono, non conosce frontiere o limitazioni, perchรฉ sono caduti tutti gli antichi privilegi. Accettato pacificamente questo, non รจ meno vero che al dono di Dio bisogna rispondere con una vita adeguata. Universalismo sรฌ, ma a condizione che siano rispettate le regole fondamentali. Nella comunitร cristiana alcuni avevano preso con leggerezza il dono del battesimo e i suoi impegni. Erano sรฌ dei commensali, ma non nutrivano quellโinteresse e non coltivavano quella passione che la partecipazione al popolo di Dio richiede.
Da alcuni dati del Nuovo Testamento possiamo costruire alcune situazioni difficili della comunitร cristiana. LโAutore della Lettera agli Ebrei lamentava la scarsa partecipazione di qualcuno: ยซNon disertiamo le nostre riunioni come alcuni hanno lโabitudine di fareยป (Eb 10,25). Le lacerazioni allโinterno della comunitร di Corinto e la difficoltร di relazione con Paolo, sono temi noti e ricorrenti (cfr. 1Cor 1,10ss.; 2Cor 2,1ss.). Le comunitร dellโApocalisse non sono esenti da rimproveri per alcuni comportamenti scorretti (cfr. Ap 2,4.14.20; 3,15-19). Ancora piรน pesante la denuncia di 1Gv che individua allโinterno della comunitร lโorigine degli anticristi: ยซSono usciti da noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; sono usciti perchรฉ fosse manifesto che non tutti sono dei nostriยป (1Gv 2,19). Matteo puรฒ aver conosciuto situazioni diverse, comunque preoccupanti, se sente il bisogno di inserire questa parabola con la richiesta di presentarsi al banchetto con il dovuto abito.
Lโabito รจ molto di piรน di un elemento ornamentale, perchรฉ diventa segno e prolungamento della dignitร della persona nel suo valore fisico e morale. Rimanendo nel mondo biblico, giร il profeta Isaia aveva parlato di vesti di salvezza: ยซIo gioisco pienamente nel Signore [โฆ] perchรฉ mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustiziaยป (Is 61,10). Fa eco la simbologia dellโApocalisse dove la veste bianca segnala lโappartenenza a Cristo grazie ad una vita integerrima (cfr. Ap 3,4). Lโapostolo Paolo molto chiaramente afferma che i battezzati si sono ยซrivestiti di Cristoยป (Gal 3,27). La nuova veste dei battezzati esprime la loro nuova condizione. Cosรฌ allโuomo che intende partecipare al banchetto di Cristo รจ richiesto questโabito che รจ il suo nuovo modo di essere. Da qui si comprende il valore dellโabito richiesto allโuomo della parabola.
Non indossare lโabito significa non avere le condizioni spirituali necessarie per partecipare al banchetto, cioรจ alla comunione con Dio. Ecco allora la scena della parabola che bruscamente da conviviale diventa giudiziale. Lo si capisce con lโingresso del re per ยซvedereยป, con lโinterrogatorio cui si reagisce con una non-risposta, che รจ una implicita ammissione di colpevolezza. Segue infine la condanna. ยซPianto e stridore di dentiยป non significa altro che la disperazione per la salvezza perduta per colpa propria.
Alla parabola cosรฌ presentata non bisogna allora chiedere unโintelligibilitร logica che non possiede (come puรฒ indossare lโabito di festa se รจ invitato allโultimo minuto e trovato per strada?), ma unโintelligibilitร storica e teologica (per partecipare alla comunione con Dio occorre un minimo di risposta personale, di collaborazione).
Unโenigmatica conclusione
Il versetto finale sembra stridere un poco con il precedente. Da una prima lettura si potrebbe ricavare che pochi si salvano e questo in manifesto contrasto con il contenuto della parabola che parla di tanti invitati, dei quali uno solo รจ trovato senza le condizioni richieste. Gesรน non ha mai fatto giudizi cosรฌ pessimistici, soprattutto sui risultati finali.
Nel tentativo di rendere chiaro il testo, sono state proposte diverse soluzioni, anche ingegnose, purtroppo non ben documentabili. Una di queste legge ยซmoltiยป come coloro che provengono dal paganesimo ed ยซelettiยป come coloro che provengono dal giudaismo, essendo โelettoโ, il termine spesso usato per il popolo ebraico (cfr. Es 19,6). La parafrasi dellโultimo versetto suonerebbe piรน o meno cosรฌ: โIl regno messianico sarร formato da una moltitudine proveniente dal paganesimo e da un piccolo numero di ex Giudeiโ. La proposta convince poco.
Possiamo invece condividere la nota esplicativa della traduzione ufficiale CEI 1997: ยซLa massima va capita in riferimento allโatteggiamento tenuto nei confronti di Gesรน da parte dei suoi contemporaneiยป. Pure accettabile il pensiero di A. Sand: ยซMatteo sottolinea al v. 14 lโinsistenza e la serietร del suo discorso di monito con lโaggiunta di una parola della predicazione di Gesรน che circolava isolataยป.
Infatti, dalla parabola si ricava che lโunica esclusione possibile dal Regno (e dalla comunitร ecclesiale) dipende esclusivamente dalla cattiva volontร umana di chi non coopera con Dio. Lui vuole la salvezza di tutti, come ricorda questo testo paolino: ยซ(Dio) vuole che tutti gli uomini siano salvatiยป (1 Tm 2,4). La pecorella perduta รจ quella che ha deciso lei stessa di perdersi.
Vogliamo auspicare che tutti optino per la scelta positiva che rimane lโimpegno di ciascuno, quello di partecipare con gioia frizzante e riconoscente al banchetto della felicitร divina.
Prima lettura: Il canto del banchetto
Lโimmagine festosa del banchetto ha preziosi antecedenti veterotestamentari, di cui il brano odierno costituisce un convincente esempio.
Il profeta sta scrivendo un blocco di oracoli in cui colloca il contrasto tra โla cittร del nullaโ e โla cittร forteโ, cioรจ Gerusalemme. Il valore della cittร santa traspare anche dal suo ruolo di centro di aggregazione di tutti gli uomini, convocati per un solenne convito.
Isaia immagina il Signore che sul monte Sion prepara un sontuoso banchetto. La descrizione si attarda a parlare dei cibi prelibati, con riferimento al grasso, che era la parte piรน pregiata dellโanimale, simbolo dellโabbondanza, e riservata alla divinitร (cfr. Lv 3,3-16). Non poteva mancare il vino, segno della gioia, come ricorda il Sal 103,15. Il sogno continua rappresentando tutti i popoli che convengono allo stesso punto. Cโรจ un luogo di incontro per tutti, premessa e condizione per una futura fratellanza.
Le persone, prima di accedere al banchetto, devono far cadere dagli occhi la loro cecitร : รจ il velo delle lacrime che appanna la vista, รจ la miseria umana che deve essere annientata. Anzi, muore la stessa morte, anticipando profeticamente quanto si realizzerร con Cristo e che Paolo esprimerร con parole celebrative: ยซLa morte รจ stata ingoiata per la vittoria. Dovโรจ, o morte la tua vittoria? Dovโรจ, o morte, il tuo pungiglione?ยป (1Cor 15,54-55).
Per tutti gli invitati si apre un orizzonte di felicitร e di speranza, perchรฉ sono posti sotto la guida della ยซmano del Signoreยป. ร la sua presenza, forte e operosa (la mano), a garantire la nuova trasformazione. Per sempre.
Seconda lettura: Nutriti di gioiosa riconoscenza
Prima di concludere la Lettera ai Filippesi, Paolo lascia emanare il profumo delicato di una virtรน rara, quella della riconoscenza. Tutto potrebbe essere sbrigato con un semplice, anche se sincero e affettuoso, ยซgrazie!ยป. Invece, da una parola, Paolo insegna a ricamare fuori note di finissima teologia pastorale.
Intesse la sua gratitudine con il richiamo alla sua autosufficienza: ยซho imparato ad essere povero e ad essere ricco; sono iniziato a tutto in ogni maniera: alla sazietร e alla fame, allโabbondanza e allโindigenzaยป. Paolo si trova a suo agio in ogni situazione e ha raggiunto lโarte di โsapersi arrangiareโ, che รจ frutto di una lunga maturazione (ยซho imparatoยป). Vuole dire che tutto diventa relativo e secondario, rispetto al compito primario che รจ la risposta alla sua vocazione di Apostolo dei pagani. Quello che conta รจ servire Cristo, annunciando il vangelo. Avere tanto o poco non riveste grande importanza: le situazioni esterne sono tutte transitorie e non meritano eccessiva attenzione; quel tanto che basta per andare avanti. Paolo ha dato ampiamente prova di essere in grado di sostenere le situazioni piรน avverse, senza demordere dal suo intento. Per essere convinti, sarร sufficiente leggere 2Cor 11,21-29, una stupenda pagina autobiografica.
Se le affermazioni celebrano la sua autonomia dai bisogni e dalle cose, non per questo egli si presenta come un superman, nรฉ intende fare sfoggio di meriti che non possiede. Lโimportante v. 13 rimanda allโinvisibile energia che fonda e motiva il suo comportamento: ยซTutto posso in colui che mi dร la forzaยป. ร la forza di Cristo ad innalzarlo al di sopra delle circostanze. ร quindi Cristo la ragione ultima della sua autosufficienza: proteso allโannuncio infaticabile e disinteressato del vangelo e sorretto da Lui, considera secondario tutto il resto, non degno di grande attenzione.
Precisato che lโaiuto recatogli ha fatto bene soprattutto ai donatori e che, rigorosamente parlando, poteva anche farne a meno, Paolo passa ora alla considerazione piรน positiva. Il v. 14 introduce la forma delicata del ringraziamento, anche se non compare mai il verbo โringraziareโ: ยซAvete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazioneยป. ยซPrendere parte aยป traduce il greco sygkoinonรฉo che esprime la condivisione della comunitร che partecipa come puรฒ (con gli aiuti materiali) ad alleviare la sofferenza dellโApostolo.
Paolo sa che un ringraziamento umano rimane sempre poca cosa. Con il v. 19 chiama in causa direttamente Dio a ricompensare la comunitร . Sembrerebbe un corto circuito nella logica del discorso: che cosa cโentra Dio con il vantaggio di Paolo dal ricevere lโaiuto della comunitร ? Eppure, seguendo il filo del discorso, la logica non fa una grinza, perchรฉ Paolo ha piรน volte ribadito che non aveva bisogno di sovvenzioni. Ha accettato volentieri ed รจ riconoscente, perchรฉ i Filippesi collaborano in questo modo alla causa del vangelo, e dimostrano concretamente come viverlo. Da qui la certezza che la munifica generositร di Dio raggiungerร la comunitร , attraverso Cristo, unico ed eterno mediatore tra il Padre e gli uomini.
La comunione che si รจ instaurata tra Paolo e la comunitร sprigiona la piccola dossologia finale: ยซAl Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amenยป (v. 20), espressione di un animo finemente spirituale che non tralascia occasione per lodare e ringraziare.
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario โ Anno A
- Colore liturgico: Verde
- Is 25, 6-10; Sal.22; Fil 4, 12-14. 19-20; Mt 22, 1-14
Mt 22, 1-14
Dal Vangelo secondo Matteo
1Gesรน riprese a parlare loro con parabole e disse: 2ยซIl regno dei cieli รจ simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandรฒ i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandรฒ di nuovo altri servi con questโordine: โDite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono giร uccisi e tutto รจ pronto; venite alle nozze!โ. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignรฒ: mandรฒ le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro cittร . 8Poi disse ai suoi servi: โLa festa di nozze รจ pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozzeโ. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempรฌ di commensali. 11Il re entrรฒ per vedere i commensali e lรฌ scorse un uomo che non indossava lโabito nuziale. 12Gli disse: โAmico, come mai sei entrato qui senza lโabito nuziale?โ. Quello ammutolรฌ. 13Allora il re ordinรฒ ai servi: โLegatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; lร sarร pianto e stridore di dentiโ. 14Perchรฉ molti sono chiamati, ma pochi elettiยป.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 15 โ 21 Ottobre 2017
- Tempo Ordinario XXVIII
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A
- Salterio: sett. 4
Fonte: LaSacraBibbia.net
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