XV Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
La missione come viene presentata in questo capitolo 6 di Marco ha differenze tali rispetto a quella del capitolo 3 da far dire a molti esegeti che qualcosa non è andato bene, gli apostoli inviati hanno fatto una grande fatica a comprendere in che cosa questa missione consistesse. La difficoltà più grande per gli apostoli è stata certamente abbracciare la portata universale del messaggio messianico di Cristo.
Questa volta Cristo non dice né di andare a predicare, né di scacciare i demoni. E neppure di guarire gli infermi. Loro vanno a fare comunque ciò che è stato loro detto la prima volta. Ma la questione è nel modo di fare la missione, in questo capitolo infatti Cristo mette l’accento solo sul come andare in missione.
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Chiama a sé i Dodici e poi li manda. Il “chiamò a sé” non vuol dire chiamarli vicino a sé fisicamente, già stavano in cammino con lui. Si tratta di quel “sé” di Cristo dove potevano vedere e lasciarsi coinvolgere in quel modo con il quale Lui ha portato avanti la missione: quante volte Cristo ha esplicitato che è mandato dal Padre e che compie ciò che vede e sente dal Padre! Dunque si tratta di fare la missione al modo di Cristo. Essere chiamati alla comunione del Figlio suo (cf 1Cor 1,9). Comincia a mandarli e “dava loro”, non ha dato, ma “dava loro” l’autorità, il potere sugli spiriti impuri, il che non significa necessariamente che li debbano scacciare perché l’exousia è l’autorità o la forza per cui lo spirito impuro non può avere un influsso su di te, ma sei tu che hai un influsso su di lui. Dava loro l’autorità, perciò bisognava rimanere con lui. A Lui il Padre ha dato ogni potere (cf Mt 28,18). Li ha chiamati a sé, dunque li ha coinvolti in questo flusso d’amore tra il Padre e il Figlio. E qualsiasi altra autorità la Chiesa si sia presa nella storia le ha fatto del male, ha sconfessato la sua vera vocazione.
L’“ordinò” del versetto 8 è un termine molto severo, pochissime volte usato da Cristo. Li manda a due a due affinché la loro testimonianza sia credibile (cf Dt 19,15) ma soprattutto perché si tratta di testimoniare questo flusso di vita come amore tra il Padre e il Figlio. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). Non esiste la missione cristiana da individuo, da single, ma solo da persona con un io filiale, comunionale, intessuto nel Corpo di Cristo.
Possono prendere solo un bastone per il viaggio (cf Mc 6,8) a far vedere che la missione è un operare di Dio, il bastone è il bastone di Mosè, dove si rivela l’opera di Dio e non dell’uomo. Né cibo, né sacca o bisaccia perché così si raccoglie ciò che la gente ti dà. Senza ideologie o precetti religiosi che impediscano l’accoglienza di ciò che troveranno nelle case.
Non devono avere neppure denaro nella cintura (cf Mc 6,8) – e questo è interessante perché per denaro si usa la parola chalkon che significa rame e che è solo di quegli spiccioli che portavano i poveri, nessun altro. Con questo si vuol dire di non dare l’impressione di essere mendicanti, poveri che chiedono l’elemosina. Marco scrive rivolto a Roma dove l’immagine dei vagabondi era di quelli senza sandali, gente molto povera oppure molto trasandata, che vagabondava qua e là. Che non vi confondano con questi, perché voi non siete mendicanti, perciò non portare la bisaccia per essere aperti a ricevere ciò che ti danno, ma di calzare i sandali perché non siete vagabondi. Però “non portare due tuniche” (Mc 6,9) che invece erano quelle dei ricchi.
In qualche modo Cristo precisando il modo di andare in missione li colloca così da non renderli “diversi” ma immersi nella categoria della gente più numerosa, normale, semplice; di quelli che in un paese sono di più. Il non avere nulla significa non avere niente su cui l’apostolo possa far leva davanti alla gente e fermarsi nello stesso posto per tutto il tempo in cui sta lì, per non montare in superbia direbbe san Paolo, senza allargarsi in cerchie più importanti come normalmente accade quando uno comincia a familiarizzare. Cristo vorrebbe che gli apostoli si facciano accogliere. La missione dunque fa leva sull’apertura della gente, la quale si vede proprio nell’accoglienza. Noi ci siamo abituati alla missione come un’opera di bene e di carità, che comincia con l’offrire le strutture, portare con sé un certo livello di benessere. Ma Cristo non fa riferimento a nulla di questo. Persino non dice, in questo contesto dove svela il modo, di scacciare i demoni e di guarire i malati che potrebbe suscitare la gratitudine e il sentirsi in obbligo verso gli apostoli.
Cristo dall’inizio alla fine del vangelo chiede accoglienza e l’accoglienza che smuovono gli apostoli presso chi dà loro fiducia e li ospita è il primo passo per sbloccare ciò che nell’uomo è bloccato dal peccato in poi. Accogliere, relazionarsi, condividere è la via per attivare nell’uomo ciò su cui può cadere l’annuncio, se no non serve. Accogliere vuol dire diventare il dono ricevuto (cf Gv 1,12), essere tra la gente semplice, senza dare nell’occhio con qualche modo particolare, a partire dal modo di vestirsi, etc. Arrivare e farsi accogliere dalla gente. La ragione di mettersi così a nudo gli apostoli lo capiscono solo negli Atti quando Pietro e Giovanni dicono: “Noi non abbiamo né oro né argento, ma ciò che abbiamo ti diamo in nome di Cristo…” (At 3, 6).
Fin quando noi abbiamo le cose nostre nelle quali confidiamo non può emergere Cristo, fino a quando la nostra esistenza si basa su ciò che si ha e possiede, non possiamo far vedere il vero fondamento della nostra esistenza che è Cristo. La facile scristianizzazione dell’Europa svela che molta evangelizzazione è stata fatta sul lavoro dell’uomo, sulla sapienza umana e la fede non veniva fondata sulla potenza di Dio (cf 1Cor 2, 5).
Perciò il suo “ordine” di come compiere la missione è perché emerga colui che deve emergere e la sua vita in noi. Ci viene ordinato anche di non forzare niente, di non imporsi, di non scendere alle tipiche vie delle religioni che finiscono per fare proselitismo con diversi metodi e convincimenti, ma di andarsene altrove. Cristo si rifà ad una antica usanza praticata dagli ebrei ogni volta che tornavano dal territorio pagano, cioè di scuotere la polvere dai sandali.
P. Marko Ivan Rupnik – Fonte