TESTIMONI DELLA RESURREZIONE
È veramente risorto
Lo attestano, ci dice all’inizio il passo del Vangelo, i due discepoli che si sono accompagnati con Gesù; il viandante sconosciuto si farà riconoscere «nello spezzare il pane». Ma il racconto dei due trova increduli i compagni; allora «Gesù in persona appare in mezzo a loro», li saluta, li rimprovera perché non credono, mostra loro le mani e i piedi che portano i segni dei chiodi. Non basta: si fa portare da mangiare e mangia davanti a loro per convincerli che non era un fantasma, ma proprio lui in persona. Infine si appella alla Sacra Scrittura, che i discepoli, da pii Ebrei, non potevano mettere in dubbio e conclude: «Di questo voi siete testimoni». Uno di quelli era Pietro. Conscio della sua responsabilità di testimone, egli proclama davanti al popolo di Gerusalemme le cose viste e udite.
A quella gente che poche settimane prima ha gridato a Pilato: «Crocifiggilo!» rinfaccia il misfatto (pur concedendo l’attenuante dell’ignoranza), attesta che quel condannato è l’autore della vita» e che Dio l’ha risuscitato: «Di questo noi siamo testimoni». E la testimonianza è avvalorata dal miracolo narrato poco prima, di cui l’uditorio è stato spettatore, quando allo storpio che sulla porta del tempio gli tendeva la mano chiedendogli l’elemosina, Pietro aveva risposto: «Non possiedo né argento, né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina! E presolo per la mano destra, lo sollevò», guarendolo sull’istante (At 3,6-7). L’apostolo conclude esortandoli a pentirsi e a cambiar vita.
Non ci bastano queste testimonianze di gente che hanno visto e udito? Ne abbiamo altre, di apostoli e discepoli, uomini e donne, singoli e gruppi, in ciascuno dei quattro Vangeli, negli Atti degli Apostoli, in tutto il Nuovo Testamento.
Di più, l’Antico Testamento, letto nella Chiesa, alla luce del Nuovo Testamento, con l’«intelligenza delle Scritture» che Gesù dà a chi lo ascolta docilmente, ha preannunziato che «il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti». Non ci basta questo «gran nugolo di testimoni» (Eb 12,1)? Forse già troppo abbiamo meritato i rimproveri di Gesù perché la nostra fede è debole, incerta, incoerente. Vogliamo fare il nostro atto di fede, pieno e deciso, in Cristo morto e risuscitato?
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«Cambiate vita»
Morto come «vittima di espiazione per i nostri peccati», Cristo risuscitato è il nostro «avvocato presso il Padre»; «risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi» (Rm 8,34; cf Eb 7,25). Ma perché sia esaudita la sua richiesta di perdono per noi, persone libere e responsabili, figli di Dio «chiamati a libertà» (Gal 5,13), è necessaria la nostra collaborazione, cioè il pentimento sincero del peccato e la decisa volontà di conversione. È quanto richiama Gesù appellandosi alle Scritture: «Nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati»; è l’ammonimento di Pietro: «Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».
È l’appello che ci è stato insistentemente ripetuto durante la Quaresima e che ci viene richiamato dall’uso di «fare Pasqua», accostandoci ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia (che dovrebbe essere ricevuta, quest’ultima, ogni volta che si partecipa alla Messa, «memoriale» della Pasqua).
La «riconciliazione» dei penitenti, che aveva luogo anticamente il Giovedì santo, ha in certo modo il suo equivalente nella confessione e nella comunione pasquale: ma che ci sia il vero pentimento, il vero impegno di conversione, la volontà di cambiare vita. E tutti ne abbiamo bisogno. Tutti dobbiamo proporci, come ci esorta Giovanni, di osservare i comandamenti lasciatici da Gesù. Senza questo serio proposito, non possiamo dirci cristiani; poiché «chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto». L’apostolo parla di amore perché i comandamenti hanno la loro radice nella fede, la loro anima nell’amore.
Dirà poco dopo: «Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato» (1 Gv 3,23); e poi: «Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello» (4,21). Quale amore? Risponde sempre s. Giovanni: «Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (3,16-18).
È un programma esigente, e quanto! C’è chi lo realizza fino al sacrificio della vita, come Gesù, il cui esempio ci viene richiamato qui da Giovanni. L’esempio di Gesù fu seguito, fino all’eroismo, da molti generosi. Penso, per fare soltanto un nome, a Teresio Olivelli. Animatore coraggioso e infaticabile della Resistenza, fu mandato a Fossoli, di là a Bolzano, poi nei campi di eliminazione di Flossenburg e di Hersbruck. Ecco la testimonianza d’un compagno su quest’ultima tappa della Via Crucis percorsa eroicamente da questo giovane ufficiale, che doveva morire pochi mesi dopo, il 12 gennaio 1945, in seguito a trattamenti brutali che gli vennero inflitti, come a tanti altri, con una ferocia disumana: «Là egli non mangiò per sfamare gli altri, fece tutto ciò che era possibile per far ricoverare ammalati e deboli, sostenendo i nostri diritti contro la bestiale prepotenza di russi, polacchi e tedeschi condannati come noi. Sempre ebbe la peggio: veniva picchiato, insultato e deriso». E poco dopo: «Sentendo che la sua ora era venuta, si spogliò delle vesti e le donò ad un compagno». Programma audace, poiché, sempre secondo l’insegnamento divino ricordato dal Concilio, «la legge fondamentale dell’umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità» (Gaudium et Spes, 38).
Trasformare il mondo non può essere il compito di un’ideologia o d’un partito, ma dev’essere il programma d’ogni uomo sensibile al dovere della solidarietà con tutti i suoi simili, tanto più del cristiano, consapevole di dover ispirare tutta la sua vita all’esempio del suo Signore, venuto a liberare e rinnovare l’uomo e la comunità umana ferita dal peccato. Trasformazione che deve operarsi nella coscienza del singolo, insidiata dagli istinti che si oppongono alla volontà di Dio; trasformazione, come ci ricorda con insistenza il Concilio, delle strutture economiche, politiche e sociali che, insieme con quegli istinti, sono cause permanenti di squilibri e perturbamenti, perché, anziché tradurre le esigenze della giustizia e dell’amore, tendono a consolidare e giustificare situazioni di ingiustizia, di oppressione, di emarginazione, inaccettabili da chi abbia senso umano e cristiano.
Nelle cicatrici che Gesù mostra agli apostoli sant’Ambrogio vede il «prezzo della nostra liberazione»: invito e stimolo a operare per la liberazione dei fratelli dal peccato e dalle conseguenze del peccato.
Anche noi siamo testimoni
La testimonianza resa dagli apostoli ha una caratteristica unica e irripetibile. Essi furono testimoni in adempimento d’una consegna avuta direttamente dal Maestro; testimoni di cose viste e udite, d’un uomo, Gesù di Nazaret, al quale erano stati vicini dal giorno della loro chiamata e che era apparso loro dopo la risurrezione. Testimoni con la parola parlata e scritta, con la persecuzione accettata per amore di lui, e – per quanto siamo informati di alcuni – con la morte. Dopo gli apostoli, la testimonianza continua nella Chiesa con la parola dei loro collaboratori, dei semplici credenti e di discepoli designati con vari nomi, di «profeti», «dottori», ecc.; continua nella serie innumerevole di «martiri», parola d’origine greca che significa appunto «testimone».
Anche oggi la Chiesa è chiamata a rendere, in tutti i suoi membri, «una testimonianza più fedele e più chiara della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per mezzo degli apostoli» (Unitatis redintegratio, 4). Tutto «il popolo santo di Dio partecipa pure alla funzione profetica di Cristo, quando gli rende una viva testimonianza, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità» (Lumen Gentium, 12). In particolare, in forza del sacramento della cresima, i fedeli «sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere con la parola e con l’opera la fede come veri testimoni di Cristo» (Lumen Gentium, 11).
Questa testimonianza, come il Concilio non si stanca di ricordarci, si dà anzitutto con l’esempio d’una vita vissuta secondo il Vangelo, con la franca professione della fede anche quando essa richiede coraggio – e quasi tutti sappiamo quanto ne richiede, per esempio, in certi ambienti di lavoro, di scuola, di azione politica, sociale e culturale -, con lo spirito di apostolato fervido e intraprendente per portare Cristo a un mondo estremamente bisognoso di verità, di speranza, di amore.
Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC
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III DOMENICA DI PASQUA – ANNO B
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- Colore liturgico: Bianco
- At 3, 13-15. 17-19; Sal. 4; 1 Gv 2, 1-5a; Lc 24, 35-48
Lc 24, 35-48
Dal Vangelo secondo Luca
35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. 44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosé, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 08 – 14 Aprile 2018
- Tempo di Pasqua II
- Colore Bianco
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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