Nella seconda Domenica di Pasqua, Domenica della Divina Misericordia, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui Tommaso non crede agli altri discepoli che raccontano come sia apparso loro il Cristo risorto. Gesù appare un’altra volta, con Tommaso presente, e lo esorta a toccarlo laddove è stato trafitto dai chiodi. Alla professione di fede del discepolo, il Signore dice:
«Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Due apparizioni del risorto, separate da otto giorni, sono raccontate nel Vangelo, e tutte due “a porte chiuse”, ricorda bene Giovanni. Sia per indicare che ora la situazione corporea di Gesù non è semplicemente quella di una morto tornato in vita, ma anche per riconoscere un essere vivente dotato di proprietà sconosciute, di un’aura di luce e di pace. E tuttavia in quel corpo è ancora evidente e tangibile la traccia della violenza: mani e fianco segnati dal dolore sono mostrati prima ai discepoli e poi a Tommaso. E non suscitano orrore, ma gioia e stupore. La missione che Gesù affida ai suoi discepoli per la guarigione e il perdono di ogni male, non prescinde da quelle piaghe, ma anzi è fondata proprio in quel corpo ferito. Dalle sue piaghe siamo stati guariti, dalle sue piaghe emanano la luce e la misericordia. È un perdono a caro prezzo, soprattutto dato con amore senza prezzo. Tutta una vita spesa e sprecata per portare le ferite e le oscurità di tutti, le angosce e le speranze: per una nuova fecondità dell’amare e del vivere, dello sperare e del convivere. Segni innumerevoli che restano forse sotto traccia, eppure fermentano misteriosamente l’universo intero. Diciamo anche noi con coraggio: “Mio Signore e mio Dio!”.
Fonte: RadioVaticana