Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
Daniele (Dn 12,1-3), in un tempo di prova e persecuzione utilizza un linguaggio particolare, lo stile dell’apocalittica, per indicare che anche nelle difficoltà è presente una speranza e chi vive in fedeltà a Dio non rimarrà deluso: “Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro”. In questo libro si ha anche la presentazione di una situazione oltre la morte che si connota per i giusti come vita nell’incontro con Dio e esperienza di luce: “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre”.
Nel tempo della persecuzione Daniele offre un messaggio di speranza per chi deve resistere vivendo una faticosa fedeltà. L’ultima parola sulla storia è quella di Dio che affida il potere di giudizio alla figura del ‘figlio dell’uomo’. Le caratteristiche di questo ‘figlio dell’uomo’ sono molteplici: potrebbe essere indicazione di una figura personale, oppure anche di una figura collettiva, quasi il capo di una moltitudine che a lui si riferisce e da lui prende vita. Il suo apparire è situato nei tempi ultimi, ed egli ha un potere eterno che gli viene conferito dalla figura di un ‘vecchio’ (Dan 7,22). Dalla prima comunità cristiana questa immagine fu presa per descrivere Gesù Cristo, cogliendo in questa immagine due aspetti fondamentali: nella sua persona è presente il mistero di un ‘oltre’ da cui egli veniva e la sua vita costituisce l’irrompere nella storia dei tempi ultimi. “In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”.
Anche Marco nel suo vangelo riporta un lungo discorso di Gesù a conclusione della narrazione prima dei giorni di Gerusalemme segnato dai tratti del linguaggio apocalittico. E’ una parola sui tempi ultimi ed un invito a vivere il presente in modo nuovo. “Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte”. Gesù innanzitutto ricorda che la storia non è un vagare senza orizzonte ma è indirizzata verso un futuro di speranza. Il tempo ultimo non sarà solamente la fine di tutto, ma assume i tratti di un evento di incontro con qualcuno che viene. Gesù annuncia ai suoi il ritorno del Figlio dell’uomo: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo”. La figura del Figlio dell’uomo è uno dei modi con cui la prima comunità indica Gesù stesso. La novità inaugurata con la risurrezione troverà la sua piena manifestazione in questo ritorno.
“sappiate che egli è vicino, è alle porte”: il futuro, per chi accoglie la promessa di Gesù, assume i contorni di un av-venire in cui al centro sta una Presenza che si fa incontro. Gesù ai suoi lascia anche un’altra importante indicazione: lo sguardo a questo orizzonte finale del tempo apre a vivere il presente in modo diverso: sin da ora si possono scorgere i segni disseminati nella storia di un venire di vita e di salvezza. L’esempio del fico è indicativo di questo: ” quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina….”.
Nel presente Gesù chiama i suoi a farsi cercatori di segni e a scrutare questi segni con l’atteggiamento di chi dà loro spazio e ne coglie la direzione indicata. Il tempo che viviamo è già un tempo salvato e all’interno di esso sta crescendo come seme il ‘regno’. Gesù quindi chiama i suoi ad una responsabilità di leggere i segni come promessa e non perdere la speranza nel cammino.
Alessandro Cortesi op