“Naaman siro scese e si lavò nel Giordano sette volte e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto: egli era guarito”
Naaman, alto ufficiale della Siria, straniero al popolo d’Israele è un lebbroso guarito dal profeta. Eliseo non gli richiede particolari prove né opera riti magici, forse attesi dallo stesso Naaman, ma gli indica solo di affidarsi alla sua parola, di scendere a lavarsi sulle rive del Giordano: una azione quotidiana, prosaica. E’ un gesto che arreca un cambiamento di quest’uomo che si umilia e scende. Naaman, una volta guarito, chiede di portare con sé alcuni sacchi di quella terra santa perché ha scoperto che quella è terra di Dio: ‘Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele’. Questo straniero viene guarito da Eliseo mentre tanti lebbrosi erano in Israele a quel tempo (cfr Lc 4,27). Nel suo scendere e lavarsi giunge a riconoscere il Dio di Israele, si apre alla fede come chi scopre di essere salvato. Alla sua vicenda Gesù fa riferimento quando per la prima volta – secondo Luca – insegna nella sinagoga di Nazaret. Annuncia che la bella notizia è per tutti e il regno di Dio non conosce limiti ma richiede la disponibilità di un cuore aperto.
Nella pagina del vangelo compare un’altra figura di straniero, malato di lebbra. Era una malattia particolarmente visibile, considerata in Israele come castigo di Dio, ed era vista – erroneamente eppure con gran timore – come la malattia più pericolosa e infettiva (cfr. Lev 13-14) al punto che i lebbrosi non potevano nemmeno avvicinarsi ai centri abitati e dovevano farsi notare da lontano perché nessuno li avvicinasse: nel testo del vangelo si precisa ‘fermatisi a distanza, alzarono la voce’.
I malati di tante affezioni della pelle considerati lebbrosi non solo erano dei malati, ma erano considerati impuri e da tener lontani dalla vita sociale. Gesù è uomo libero, che supera le barriere e le distanze imposte da regole sanitarie e religiose. Si accostava e toccava i malati, operando gesti che suscitavano scandalo (Lc 5,12-16).
“Vennero incontro a Gesù dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce dicendo: ‘Gesù maestro, abbi pietà di noi!…”
Gesù li ascolta e la sua parola è forza di guarigione. Essi guariscono accogliendo la sua parola, che li inviava dai sacerdoti. Ma solamente uno dei dieci ‘tornò lodando Dio a gran voce’: è questo per Luca l’atteggiamento del credente che torna indietro a ringraziare, e loda Dio. E’ l’unico che si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Luca a questo punto precisa: ‘Era un samaritano’. Malato, lebbroso ed anche straniero: era persona su cui si concentravano diversi motivi di sospetto e ostilità. Questo straniero è l’unico che torna indietro per ringraziare: vive i due atteggiamenti propri del credente, il dire il bene – lodare – e il saper dire grazie – il ringraziare. Riconosce in Gesù l’agire di Dio e per questo dà gloria a Dio. Di fronte al suo ritornare Gesù solamente riconosce la fede: ‘Alzati e va’, la tua fede ti ha salvato’. Tutti gli altri furono guariti in quanto ‘purificati’ dalla lebbra, ma di questo straniero si dice che ‘fu salvato’: nelle parole e nei gesti di Gesù ha saputo leggere la via ad un incontro con Dio che gli ha cambiato l’esistenza aprendo un cammino nuovo.
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Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia. Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.