Giovanni Battista – III Domenica di Avvento
Il Battista, che domenica scorsa ci ha orientato sul modo di preparare la via del Signore oggi ci viene presentato come modello di come si attende. Il fascino che suscitava quest’asceta del deserto doveva essere grande tanto che folle di persone si recavano ad ascoltare la sua parola di cui anche Erode era affascinato. Ci dice il Prologo del vangelo di Giovanni: “Venne come testimone per rendere testimonianza alla luce”.
Era un testimone della luce , quindi luminoso, quasi abbagliante da credere lui stesso la luce. Invece la testimonianza che da di se nella prima parte è negativa, un vero esempio di cos’è l’abnegazione. Quando gli chiesero espressamente chi fosse rispose “Io non sono il Cristo”. Negare la propria importanza, negare se stesso è una disposizione indispensabile per lasciare tutto il posto disponibile al Signore.
“Io non sono” è in evidente contrasto con quanto Gesù dirà di se “Io sono”. Solo Dio è, noi non siamo se non siamo per Lui. In questa affermazione di Giovanni c’è tutta l’essenza dell’attesa, la persona tutta protesa in Qualcuno, con tutto l’interesse rivolto a Lui, tanto da divenire naturale che è bene “che Lui cresca e io diminuisca”. Questo svuotamento di se stesso è la condizione per far posto a chi deve venire che è “Tutto”. Creare il vuoto attrae . E’ naturale allora il gesto con cui indica ai propri discepoli “Colui che deve venire”: “ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo”. Non trattenere per se i propri discepoli come una proprietà è la perfezione del maestro che è consapevole di non essere Lui la verità.
Ognuno ha la tendenza di credersi il padrone, il salvatore di se stesso e così darsi importanza. In questo caso il Signore non può comunicarci i suoi doni, non può donarci se stesso, non può salvarci, perché in noi non c’è posto per lui.
“Io non sono il Cristo”. Ma allora chi sei? Gli chiedono e a questo punto da una risposta positiva, ma molto umile, non dice di essere qualcuno ma una voce: “Io sono la voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore “. Tutta la missione del Battista consiste nel preparare la via del Messia. Il cristiano con la coscienza di “non essere lui il salvatore” è tutto proteso verso colui che deve venire. Il suo stile di vita che attende crea attesa in tutti coloro che avvicina e quando parla è soltanto voce, non Parola, che invita al deserto per ascoltare la Parola di salvezza. Questo è quanto ci insegna l figura del Battista che oggi la chiesa ci presenta come modello di attesa, incarnazione dell’Avvento.
E’ modello di tutta la vita cristiana, non solo di questo periodo perché tutto l’anno liturgico, che è fatto di attese, proiettando sempre la vita in avanti. Giunti infatti al Natale cominciamo ad attendere la manifestazione del Signore con L’Epifania. Comincia quindi la grande attesa della resurrezione del Signore con la Pasqua per poi mettersi in attesa dello Spirito Santo con la Pentecoste e cominciare la grande attesa del suo ritorno finale. Ogni giorno poi “Celebriamo la morte del Signore , proclamiamo la sua resurrezione nell’attesa della sua venuta”.
Nella seconda lettura San Paolo ci invita a “preparare la venuta del Signore Nostro Gesù Cristo” conservandoci irreprensibili con la grazia di Dio e ci esorta ad avere tre atteggiamenti abituali: la gioia costante, la preghiera e il continuo rendimento di grazie. “Questa è infatti la volontà di Dio verso di voi” dice Paolo ai Tessalonicesi e vale anche per noi.
E’ delineato così lo stile della vita del cristiano: essere sempre nella gioia, anche quando le cose non vanno secondo le nostre aspettative. Abbiamo infatti un grande motivo di gioia nel fatto che sta per venire il Signore. E’ la gioia della speranza ma anche la gioia per i beni che abbiamo ricevuti.
Questa gioia si basa sulla preghiera perseverante : “Pregate incessantemente “ dice l’apostolo. Per mezzo della preghiera possiamo entrare in relazione con Dio in modo continuo e questa relazione genera la vera gioia nei nostri cuori. Il terzo atteggiamento è “Rendere sempre grazie”, l’amore riconoscente verso Dio per tutti i suoi benefici. Come per il popolo di Israele era fondamentale ricordare continuamente cosa Dio aveva fatto per loro anche noi, ciascuno ha la sua storia sacra da ricordare, la storia della nostra vita tutta costellata di interventi di Dio per cui rendere grazie e rassicurarci che Dio che ci ha sempre condotti per mano non ci abbandonerà mai e che il segreto di tutta la nostra sicurezza è “Vivere nel suo amore” come Gesù era una cosa sola col Padre.
Guardando al modella Giovanni Battista la nostra vita prenderà quello stile sobrio, proprio di chi sta in attesa e sa di vivere nel provvisorio, chiede tutto ciò di cui ha bisogno con la preghiera continua ed è pieno di gioia perché è certo nella fede che il Signore è Colui che “E’ venuto, Viene e verrà”.