Nella sesta Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il passo del Vangelo in cui un lebbroso si reca da Gesù supplicandolo in ginocchio: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Gesù ne ha compassione e, toccandolo con la mano, gli dice:
«Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Implorazione intensa e drammatica quella del lebbroso, che si avvicina a Gesù contro ogni prescrizione delle leggi mosaiche che imponevano l’isolamento e la morte sociale e religiosa. E anche Gesù rompe il tabù e tocca con rispetto e attenzione quel corpo deformato. Forse è il primo gesto di tenerezza per quella carne umiliata, che tutti evitavano con disprezzo carico di rifiuto religioso. La guarigione è accompagnata dall’invito a sottoporsi alle prescrizioni della verifica ufficiale fatta dai sacerdoti. Serviva a completare l’integrazione sociale, perché Gesù nelle sue guarigioni e nei suoi incontri proprio una nuova comunità fraterna ha in mente, dove tutti sono accolti con rispetto e dignità. Nel Vangelo di Marco è l’unico caso di guarigione di un lebbroso: ma è di una suggestione particolare, per l’audacia del lebbroso e la disponibilità gentile di Gesù. E quanti imitatori ha ispirato nei secoli: pensiamo a Francesco di Assisi, padre Damiano di Molokai, Raul Follereau, Marcello Candia, e tanti altri. Anche loro come Gesù, hanno “avuto compassione” e si sono avvicinati, hanno condiviso paure e umiliazioni, riconoscendo nei lebbrosi il volto sfigurato del loro Maestro. E in essi lo hanno amato e venerato, servito e toccato con gesti di tenerezza audace. Seguire Gesù e accettare il regno che viene è anche questo: porre segni di accoglienza, guarire la carne e consolare i cuori.
Fonte: RadioVaticana