Commento al Vangelo di domenica 12 Dicembre 2021 – mons. Giuseppe Mani

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Che cosa dobbiamo fare?

«Che cosa dobbiamo fare?»: è la domanda che i presenti rivolsero a Giovanni dopo averlo ascoltato e mi immagino la loro delusione alla sua risposta così semplice, immediata, terra terra.

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Sia la figura di Giovanni, almeno come ce lo presentano gli artisti, sia il suo parlare chiaro, forte e minaccioso, avranno fatto pensare alla realizzazione di una sequela eroica, come siamo tentati tutti quando pensiamo ai santi. Pensiamo ancora alla santità ad “effetti speciali”. D’altra parte “santo” si identifica con “eroico” – per diventare santi bisogna aver esercitato almeno una virtù in grado eroico! – dimenticando che esiste l’eroismo nel quotidiano. E’ proprio in questo senso che va la risposta di Giovanni. Pensare diversamente è una forma di autodifesa dalla santità che è scomoda. È più facile pensare ad atti eroici irraggiungibili che al dovere quotidiano, che una volta si chiamava “la devozione al santo chiodo”.

«Che cosa dobbiamo fare?». Quante volte anche a me è stata rivolta questa domanda con sincerità.

Ecco la risposta: osserva la legge di Dio! Qual è la legge di Dio e dov’è? La legge di Dio è lo Spirito Santo che abita in te e che è disponibile a “suggerirti” ogni volta quello che devi fare. «Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa questo, evita quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al cuore; obbedire è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo» (G. et Sp. 16).

Interrogare la propria coscienza è impegnativo, perché significa fare la verità su noi stessi e questo fa paura, perché nella solitudine del cuore non c’è nessun giudice più severo di se stessi. Molto più comodo, come fecero gli uditori di Giovanni, chiedere cosa uno deve fare o, nel caso particolare, domandare al prete se fare una certa cosa è peccato veniale o mortale (io rispondo sempre che non sono un carabiniere!).

Sapere che la legge del cristiano è lo Spirito Santo, che chi lo giudica è Dio e che nessuno può essere superiore alla coscienza della persona (neppure lo Stato!), può far pensare al caos. Invece niente di più falso, perché Dio parla davvero all’uomo e pensare diversamente potrebbe significare di avere più fiducia nella legge che nella coscienza, nella quale è aperto il dialogo con Dio. Non mancano cristiani che hanno più fiducia nella legge; San Tommaso li chiama “Cristiani del Vecchio Testamento”. La coscienza è il sacrario dell’uomo, è inviolabile come il tempio. Questo vale anche per lo Stato, come ha detto Gesù: «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Lo Stato non può dettare leggi che violano i diritti della coscienza dei cittadini come il sacrosanto diritto alla preghiera, alla partecipazione alla Messa domenicale e all’esercizio dei vari atti di culto.

E’ liberante vivere in dialogo continuo con Dio che ci guida e ci governa. Non vigilati da un nemico, ma osservati da un Padre buono. Erano ancora nel Vecchio Testamento quando Giovanni predicava, per cui la domanda dei suoi uditori era più che giustificata. Dopo la Pentecoste avrebbe potuto rispondere: «Interrogate la vostra coscienza!», che avrebbe loro detto esattamente lo stesso: «Fare la carità, fate il vostro dovere, non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe». Lo Spirito Santo, che ci abita, parla alla nostra coscienza, ma, ci ha detto Gesù, non urla, suggerisce, mentre la natura, la carne, urlano con le loro passioni e le loro concupiscenze. Per sentire chi suggerisce, bisogna fare silenzio e prestare molta attenzione. E’ quello che il Signore ci chiede per prepararci al Suo Natale: fare silenzio nel nostro cuore e metterci in ascolto di Lui. Interrogarlo senza paura: “Signore cosa vuoi che io faccia? Sei contento di me?”. Il Signore non tarderà a rispondere e faremo la scoperta che è vero quanto ci è stato detto: «Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia», per questo «glorifichiamo e lodiamo Dio per tutto quello che abbiamo udito e visto».

Da non dimenticare che Dio ci parla attraverso un Bambino con cui non si può stabilire che un dialogo di amore.

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