La terza domenica di Avvento è detta domenica del “Gaudete”. La gioia, infatti, è il filo conduttore di tutte le letture, compreso il vangelo. Una gioia che non è un umorale sentire, ma il risultato di una concreta relazione con Dio, frutto di un cambiamento della propria vita che si apre alla conversione. Tre categorie di persone si presentano a Giovanni e gli pongono la stessa domanda: “Che cosa dobbiamo fare?”. Infatti, nei versetti precedenti Giovanni aveva esortato i suoi ascoltatori, sotto la minaccia dell’imminente ira di Dio, a fare “frutti degni della conversione” (Lc 3,8).
Le risposte di Giovanni riguardano il comportamento sociale dell’uomo e non impongono né sacrificio per il peccato né pratiche ascetiche. Alle folle egli chiede la disponibilità a condividere i propri beni con gli altri, a usare misericordia, in una parola a mettere in atto la solidarietà sociale. Ai pubblicani che incarnavano la cupidigia del guadagno, il tradimento verso il proprio popolo perché agivano al servizio dei romani, Giovanni non chiede di abbandonare il loro mestiere di esattori delle tasse, ma di non esigere più del dovuto. Ai soldati non chiede di disertare, ma di non abusare del loro potere estorcendo denaro o usando violenza e di contentarsi della loro paga.
Giovanni non annuncia quindi uno sconvolgimento delle strutture sociali, ma chiede condivisione, onestà ed equità nell’esercizio del proprio mestiere. Risponde a tutti seguendo il solco dei profeti prima di lui, come le indicazioni del profeta Ezechiele: “Se uno è giusto e osserva il diritto e la giustizia, se non opprime alcuno, restituisce il pegno al debitore, non commette rapina, divide il pane con l’affamato e copre di vesti l’ignudo, se non presta a usura e non esige interesse, desiste dall’iniquità e pronunzia retto giudizio fra un uomo e un altro, se cammina nei miei decreti e osserva le mie leggi agendo con fedeltà, egli è giusto ed egli vivrà, parola del Signore Dio” (Ez 18,5.7-9).
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Sono esigenze che possono essere richieste a tutti gli uomini, perché la necessità della conversione è universale, come l’offerta della salvezza, tema molto caro all’evangelista Luca che vi si sofferma più volte (Lc12,33; 18,18-23) (At 4,36-37), consapevole che la comunità cristiana nascente si distinguerà dal resto della società se metterà fine al disordine legalizzato, alle disonestà divenute consuete, agli abusi di potere che a volte risultano addirittura inseparabili dal potere stesso.
Ma il fulcro del brano sta nel versetto 15 “…. il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo”. C’è una domanda inespressa, ma fondamentale, perchè svela il desiderio, la speranza del popolo: Giovanni è il Messia tanto atteso?
In questa frase, riportata solo da Luca, si attesta che nell’ambiente in cui operava il Battista erano vive le attese escatologiche più disparate e si riteneva che esse si fossero adempiute proprio nella sua persona (Gv1,19-23). Certo il suo stile di vita estremamente essenziale, la sua parola autorevole ancorata alla conoscenza delle Sacre Scritture, fanno di lui sicuramente un profeta. Molti si radunano intorno a lui, alcuni sono diventati suoi discepoli, tanti accorrono per farsi battezzare, rispondendo alla sua richiesta di conversione. Giovanni, però è consapevole che la sua missione è quella di preparare la strada a un Altro, al Veniente a cui lui non è degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali. Non si inorgoglisce per la sua fama che si è sparsa per tutta la regione, non dipende dal consenso della folla che lo segue sempre più numerosa. Giovanni indica un orizzonte dove si staglia la figura di “uno più forte di me”, che egli rappresenta secondo immagini bibliche note come quella del profeta Malachia: “Egli è come il fuoco del fonditore…. siederà per fondere e purificare…affinerà come oro e argento” (Mal 3, 2-3).
Ne consegue che il battesimo di questo Altro sarà un battesimo nello Spirito e nel fuoco. Lo Spirito che intende l’evangelista Luca, però, non è uno strumento come l’acqua del battesimo di Giovanni, ma una persona attiva. E` lo Spirito di Cristo che sarà effuso sotto forma di lingue di fuoco a Pentecoste. Non saremo più immersi nell’acqua ma nella vita stessa di Dio, nel suo Spirito, che attuerà la sua opera purificatrice dal peccato.
Giovanni, poi, definisce meglio le sue aspettative sul ruolo del Veniente, ricorrendo a un’altra immagine biblica, quella del mietitore, con la quale i profeti hanno spesso annunziato il giudizio di Dio. “Giovanni si aspettava, nell’immediato futuro, un’azione potente, con tanto di fuoco distruttore per gli empi e, per i giusti, la concessione dello spirito di santità” (D.Marguerat – Gesù di Nazareth – Ed. Claudiana 2020).
Quindi, questo volto dell’Atteso dal popolo, per Giovanni ricalca l’immagine del Dio giudice, di memoria veterotestamentaria. Del resto egli, dal carcere, manderà due discepoli da Gesù per chiedergli se sia veramente lui quello che deve venire o se devono aspettarne un altro (Lc 7,18-19; Mt 11,2-3).
Ma l’evangelista Luca corregge quest’immagine fortemente giudiziale del Messia in funzione della catechesi battesimale della chiesa, per la quale il giudizio sull’umanità peccatrice è già stato attuato mediante la morte di Cristo in croce, mentre con l’effusione dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste ha avuto inizio il dono di una salvezza universale (At 2,16-21). Il Veniente quindi è “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”! (Gv 1,19).
Dio, infatti, non si propone la distruzione dell’uomo, ma la nascita di una nuova creatura, liberata dal peccato (la pula) grazie al soffio (il ventilabro) dello Spirito Santo. Ed è per questo che, il messaggio di Giovanni Battista, spogliato da Luca dal timore del giudizio, è un messaggio di gioia. E quale gioia più grande può esserci se non annunziare a tutti “la buona novella”? (v.18).
A noi cristiani del nostro tempo, il compito di essere testimoni della gioia di Cristo che ci abita. Ascoltiamo ancora oggi la voce di Giovanni, araldo del Veniente, che ci esorta a prepararci alla venuta del Signore, a cui affidiamo la nostra salvezza e quella dell’intera creazione pregando col cuore: “Vieni Signore Gesù!”
Commento a cura di Annalisa – Comunità Kairos
Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay