Un brevissimo brano evangelico, chiaramente diviso in due parti legate tra loro dal tema/parola vedova. Come mai Marco, sempre così essenziale, si premura di inserire nel racconto evangelico questi pochi versetti? Un semplice tocco di umanità? La posizione all’interno di tutto l’impianto narrativo – appena prima della narrazione della passione, a conclusione dell’attività pubblica di Gesù – ci invita alla cautela…
Questo testo sembra la diretta e logica continuazione del brano liturgico della scorsa settimana, che vedeva ancora uno scriba porre a Gesù la domanda sul primo, sul più grande di tutti i comandamenti; sembra metterci di fronte ciò da cui bisogna guardarsi e ciò che invece siamo invitati a fare: il discepolo fallito e quello riuscito, che vive il duplice comandamento dell’amore (cfr. 12,28-34).
Con una descrizione scarna ma quanto mai precisa e incisiva, Gesù delinea – ed invita con fermezza gli ascoltatori a non assumerlo come modello – lo scriba che ostenta la sua religiosità. Se le situazioni tratteggiate possono apparirci un po’ lontane dal nostro stile di vita, forse è però possibile trarre da queste un profilo che non è poi così distante. Quest’uomo non sembra interessato, forse addirittura non crede in ciò che fa: lo compie solo per avere un riconoscimento dall’esterno. Ha una evidente immaturità affettiva e di identità, perché ha bisogno che qualcuno lo rassicuri e lo confermi, gli assicuri stima e dignità dandogli un ruolo sociale riconosciuto. Non coltiva – forse non ne è capace – l’interiorità, perché ha paura di scoprirsi più brutto e peggiore di quanto gli altri, da fuori, gli rimandano. Odia pertanto la solitudine e la trasparenza; è ossessionato da cosa l’altro pensa di lui. Ha certamente una vita impegnativa, forse anche faticosa nell’ottemperare alle indicazioni della Legge ma non conosce e non ascolta il Signore: è troppo preoccupato dal giudizio altrui e vive di-pendendo da questo. Se non ci fossero gli altri a confermare le sue azioni, le farebbe ancora? Lui le giustifica a motivo della carità: ma cosa gli chiede veramente il Signore? Gratuità, libertà, bellezza sono, evidentemente, parole vuote ai suoi occhi… Forse questo singolare personaggio può aiutarci a correggere qualcosa della nostra esistenza…
Ma il seguito della narrazione ci pone davanti un’altra figura, questa volta da assumere come riferimento paradigmatico. Anzi, Gesù stesso la prende come modello persino per sé…
Chi incappava nella disgrazia di perdere il proprio consorte a causa della morte, non solo doveva portare la lacerazione affettiva che questa situazione comporta ma vedeva precipitare anche la sua condizione economico-sociale, in quanto la vedova non poteva entrare in possesso dell’eredità del marito defunto. Nella società ebraica, insieme agli orfani, le vedove sono tra le categorie più sfortunate, a cui anche la legislazione biblica tenta di porre un argine (cfr. Es 22,21- 22; Dt 24,17; 26,12).
Una vedova, evidentemente riconoscibile dall’abito che indossa, getta tra le offerte del tempio una somma insignificante, qualcosa di paragonabile a qualche centesimo di euro; molti ricchi devolvono invece ingenti – e sonore – somme, sempre in monete. Gesù resta scioccato da questa donna, dal suo operato e desidera commentarlo immediatamente, chiamando a raccolta i suoi discepoli. Gesù rincara la dose verso una religiosità da parata, di facciata. Se da una parte c’è l’invito a essere prudenti nel giudizio, ‘perché le apparenze ingannano’ e non sappiamo come le persone si comporterebbero se si trovassero in situazioni esistenziali differenti da quelle in cui versano in quel momento, dall’altra loda senza reticenze chi è capace di giocare con un sol gesto tutta la propria esistenza. Credo infatti che Gesù stesso impara da questa donna non solo ad affidare la propria vita a Dio, mettendola nelle sue mani e senza trattenere nulla per sé, ma soprattutto a coinvolgersi radicalmente in quanto ci si è impegnati a sostenere. E di lì a qualche giorno Gesù darà evidente prova di aver ‘appreso la lezione’. Questa misteriosa e innominata vedova è senza dubbio stata l’ultima maestra di vita del Signore Gesù: lacerato dall’abbandono dei discepoli, ha gettato la sua vita, quanto gli restava da vivere (cfr. v. 44), simultaneamente nelle mani degli uomini e del Padre, facendone dono irrevocabile. Non importa quanto si dona, perché è l’intenzione del cuore che qualifica il nostro agire. E solo il Padre, che vede nel segreto, saprà valutare e ricompensare (cfr. Mt 6, 4).
Fonte: Monastero Dumenza
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XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B
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- Colore liturgico: Verde
- 1 Re 17, 10-16; Sal.145; Eb 9, 24-28; Mc 12, 38-44
Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri.
In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.
Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 11 – 17 Novembre 2018
- Tempo Ordinario XXXII
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 4
Fonte: LaSacraBibbia.net
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