Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.
“Ed essi partiti … ungevano di olio molti infermi e li guarivano”
I dodici sono convocati insieme innanzitutto per ‘stare con Gesù’: “ne costituì dodici che stessero con lui”. Marco nel suo vangelo indica così il primo ed essenziale momento di un’esistenza di chi è inviato: è scoperta che tutto nasce dalla sua chiamata, da un incontro. Stare con lui è la prima missione a cui Gesù chiama i dodici, un passaggio non del fare ma del lasciarsi prendere da un dono di presenza e di comunità.
Nello stare con lui i suoi amici scoprono poi quale è la strada su cui Gesù li precede e sono provocati a cambiare il loro modo di pensare. I dodici rinviano al numero delle tribù del popolo d’Israele. E’ il numero simbolo di una comunità che si allarga a comprendere un popolo vasto, il popolo di Dio aperto a tutti i popoli della terra.
Soprattutto rinvia a scorgere la continuità con la vicenda del popolo d’Israele. Gesù non costituisce un gruppo che sostituisce il popolo d’Israele, popolo della chiamata e della promessa di Dio che permangono. Il grande raduno, sognato dai profeti, di cui il popolo d’Israele è primizia, è aperto a coinvolgere tutti i popoli della terra.
C’è poi un secondo movimento della vita degli apostoli: ‘chiamati per stare con Gesù’ ma anche “prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri”. La parola e l’operare per portare vita, liberazione, per vincere il male sono i due ambiti di azione degli inviati.
‘Stare per andare’. Tale invio è per tutti nella comunità che Gesù voleva: non ha un termine, non trova conclusione e lo stile della missione è la povertà. “ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche”. Non è solo richiamo a comportamenti sobri, più in radice esprime la scelta di seguire Cristo che si è fatto povero per noi. Gesù richiama ad affidarsi al Padre che non fa mancare ai suoi figli la sua cura.
Al cuore dell’esistenza nel seguire Gesù sta non un progetto di dominio, ma un movimento di lasciare spazio all’altro, di spogliarsi di tutto ciò che appesantisce e non apre ad accogliere la cura del Padre. L’invio di Gesù non è per una conquista ma per una testimonianza del suo vangelo, bella notizia che libera e guarisce l’esistenza per ogni uomo e donna.