Commento al Vangelo di domenica 1 Marzo 2020 per bambini e ragazzi – Diocesi di Piacenza-Bobbio

587

“Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo”

  1. Le tentazioni

Dopo aver letto in gruppo il brano del Vangelo di Matteo sulle tentazioni di Gesù, l’educatore (se necessario o possibile il sacerdote) spiega il senso della pericope evangelica, cercando di tenere come punto di riferimento l’introduzione qui sopra proposta, sottolineando il significato di “prova” e “tentazione”, di “deserto” e di “superamento” della stessa.

L’educatore mostra ora ai giovani un cartellone che rappresenta il deserto (è facilmente realizzabile un effetto “sabbia” cospargendo il cartellone di colla vinilica diluita per poi spolverarvi sopra granelli di sabbia –o nel caso anche farina gialla-.) e elenca le condizioni tipiche del deserto: solitudine, prova, silenzio, fatica, essenzialità… Dopo di che chiede a giovani di pensare e scrive sul cartellone del deserto, una loro prova, una loro fatica concernente il loro essere credenti… Si invita ognuno a narrare (non più di tre minuti a testa) un evento nel quale per loro “andare contro corrente” non è assolutamente facile, nel quale la loro fede e i valori che da essa scaturiscono sono messi a dura prova.

Nella seconda parte dell’incontro si posso scegliere alcune situazioni e assieme e a tutto il gruppo indagare alla luce della Parola proclamata quale dovrebbe essere l’atteggiamento che più marcatamente dice una autenticità cristiana.

  1. Diventare uomini di profonda interiorità: la parabola del deserto

Provochiamo i giovani con la lettura della testimonianza che segue. Dopo aver letto insieme il testo chiediamo loro di raccontare quale spazio occupa il deserto nella loro vita, che esperienza ne fanno e se riescono ad assumersi l’impegno durante la quaresima di vivere un’esperienza simile.

“La ricerca sul «deserto» è affiorata come una esigenza improvvisa, espressa in intuizioni confuse, sollecitata da mille differenti segnali. Risuonava sommessa e incerta, quando veniva meditata con calma; ritornava prepotente e esigente, appena tentavo di rimuoverla.

Ho resistito a lungo. Mi frenava la paura del nuovo, le incertezze di chi incespica lungo il sentiero che percorre per la prima volta. E mi inquietava il sospetto di rimettere in primo piano problemi e prospettive che una spiritualità della vita quotidiana cercava giustamente di ridimensionare.

L’eco della voce del profeta mi è ritornata spesso, però, come uno di quei ritornelli che ti martellano dentro senza sapere il perché e che ti viene di canticchiare a mezza voce, senza speciali ragioni: «Un giorno, io, il Signore, riconquisterò Israele, il mio popolo. Lo porterò nel deserto e gli dirò parole d’amore. Gli restituirò le vigne che aveva e trasformerò la valle della disgrazia in una porta di speranza. Lì, mi risponderà come al tempo della sua giovinezza quando uscì dall’Egitto» (Os 2,16-17).

E se il deserto fosse davvero il luogo in cui Dio dice parole d’amore al suo popolo, anche oggi, in un tempo che sembra avvolto nel suo silenzio?

Ho cominciato così a pensare al «deserto», come ad una dimensione indispensabile anche per la spiritualità della vita quotidiana.

Mi sono guardato d’attorno. E ho scoperto un panorama inquietante e affascinante.

Molti cristiani hanno amato e cercato il deserto.

Qualcuno l’ha fatto proprio in termini fisici. Chi è stato in Terra Santa ha certamente visitato le «laure» del deserto di Giuda. Ti restano negli occhi, come uno squarcio abbagliante di luce.

Le «laure» sono grotte scavate nella roccia, rudimentali costruzioni arroccate su strapiombi. Lì vivevano, in solitudine e in austerità, i primi monaci nella storia della Chiesa. Anche oggi, è un’impresa raggiungere quei posti, sprofondati tra le gole dei torrenti e le pietraie, lontani qualche ora di jeep dai centri abitati.

Questi uomini sceglievano il deserto come casa per confessare meglio che solo Dio è il Signore.

La loro esperienza non si è spenta nello scorrere del tempo. Qualcuno ha continuato lo stesso modello di vita; e abita oggi le stesse grotte, con la stessa passione e per la stessa causa.

Altri – moltissimi altri – si sono costruiti il deserto in casa nelle loro celle, trasformate in luoghi di silenzio e di vita dura. Monasteri e conventi punteggiano le nostre regioni, come piccoli frammenti di una grande pervasiva ricerca di deserto.

Non sono l’ultimo resto di una gente strana, fuori dal tempo e dalla storia. Chi studia con serietà il cammino della nostra cultura è costretto a far strada sempre con qualcuno di questi uomini grandi. Rintanati nel deserto delle loro celle, hanno scritto la storia dell’Europa.

Oggi, la loro presenza preziosa continua per la crescita in umanità anche degli uomini distratti e affannati. Molti hanno sostituito agli strumenti con cui dissodavano le terre incolte e curavano gli infermi, le pagine di una produzione letteraria, pensosa e sapiente.

E non sono isolati. Un grande credente del nostro tempo ha gridato, un giorno non lontano, a mille giovani che ascoltavano affascinati la sua testimonianza: «Quando attraverso queste nostre città, convulse e dissacrate, ho bisogno di un giorno di deserto per poter tornare a pregare».

Il deserto continua a fiorire, perché ci sono dei cristiani che lo scelgono come loro dimora. Dove noi ci vediamo solo vuoto e tristezza, loro sperimentano gioia e compagnia.

Danno con i fatti ragione al profeta: «Lì farò un’alleanza con gli animali feroci, con gli uccelli e con i rettili, perché non diano fastidio al mio popolo. Spezzerò l’arco e la spada, eliminerò la guerra da questa terra. Farò vivere il mio popolo in pace. Israele, ti farò mia sposa, e io sarò giusto e fedele. Ti dimostrerò il mio amore e la mia tenerezza. Sarai mia per sempre» (Os 2,20-22).

Il panorama ci presenta anche aspetti inquietanti.

Noi, la gente della fretta, dell’azione e della comodità a prova di tutto, abbiamo abbandonato il deserto. Ci fa paura: quello fisico, fatto di pietre, di sole e di sabbia, nelle lunghe distanze indecifrabili; e quello piccolo, più programmabile, ma continuo e ossessivo, del silenzio, dell’isolamento, della contemplazione.

Abbiamo cercato una vita cristiana senza deserto. L’abbiamo fatto con mille ragioni e tanti pretesti. Volevamo riscattarla dai modelli antropologici e teologici ingiusti e disumani. Ma ci siamo, spesso, trovati lontani dal Signore, con gli altari pieni di idoli, costruiti con le nostre mani sapienti.

Volevamo essere più uomini, per essere davvero cristiani; e qualche volta ci siamo scoperti soltanto gente dagli ideali bassi, sedotta dalle nostre stesse cose, distratti e dissipati.

E così la dimensione spirituale dell’esistenza è naufragata.

Mi mette in crisi invece la testimonianza di tanti cristiani, impegnati nella dura lotta per la liberazione dell’uomo, sulle frontiere dell’America Latina. Hanno riscoperto il «deserto» senza abbandonare la lotta e l’impegno. L’hanno riscoperto come momento di libertà, di solitudine e di solidarietà, per vivere l’impegno di liberazione da uomini spirituali. Ce lo ricorda, tra le tante voci, quella di un testimone qualificato: «Il pellegrinaggio avviene nella povertà e nelle privazioni imposte dalla terra inospitale che il popolo deve attraversare. Esso non si sposta portandosi sulle spalle la propria casa; ma va in cerca di una nuova abitazione. Lo assalgono i timori e si moltiplicano le minacce alla sua vita. Per questo si presenta ripetutamente la tentazione del ritorno, del passo indietro. (…)

La marcia nel deserto è un andare continuo ed esigente. (…) Nel deserto non esiste una pista tracciata in precedenza. Lì, come nel mare, le tracce non si conoscono. Il cammino spirituale è libertà permanente e creatrice sotto la guida dello Spirito. La rotta è tracciata nella massima solitudine. La solitudine non è il ripiegamento egoista, è un fatto centrale di tutta l’esperienza di Dio: Dio ci parla nel deserto. La solitudine prepara la comunione, dispone con autenticità ad essa. Senza l’esperienza della solitudine non c’è comunione, né unione con Dio, né vera condivisione con gli altri»”

(G. Gutiérrez)

Per facilitare il confronto, suggeriamo, al termine di una lettura globale del brano, di formare tre gruppi e distribuire in ogni gruppo una delle tre parti evidenziate.

I giovani saranno invitati a rileggerlo e confrontarsi con quella provocazione.

Fonte: il sussidio alla Quaresima 2020 della Diocesi di Piacenza-Bobbio


Letture della Domenica
I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO A
Colore liturgico: VIOLA

Prima Lettura

La creazione dei progenitori e il loro peccato.

Dal libro della Gènesi
Gen 2,7-9; 3,1-7

Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 50 (51)

R. Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R.

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. R.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode. R.

Seconda Lettura

Dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 5,12-19

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. Parola di Dio.

Forma breve:

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
5, 12.17-19

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.

Parola di Dio

Vangelo

Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 4, 1-11

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Parola del Signore