Padre Alberto Maggi commenta il Vangelo di domenica 1 marzo 2020.
I quattro monti che appaiono nel vangelo di Matteo, sono collegati, sono in relazione l’uno con l’altro: al monte delle beatitudini, corrisponderà il monte della resurrezione, cioè, vivendo le beatitudini, si ha una vita capace di superare la morte; al monte delle tentazioni, dove il diavolo offre la condizione divina a Gesù, basta che adora il potere, corrisponderà il monte della trasfigurazione, dove Gesù dimostrerà che la condizione divina non si ottiene attraverso il potere, ma attraverso l’amore, attraverso il dono generoso di sé. Vediamo questo capitolo quarto del vangelo di Matteo, dove vengono presentate queste tentazioni di Gesù, che, per comprenderle meglio, dobbiamo metterle nel loro contesto, non si tratta di tentazioni, le tentazioni sembrano qualcosa che spinge al male, al peccato, nulla di tutto questo. Il diavolo, come adesso vedremo, non si presenta come un avversario di Gesù, ma come un suo collaboratore, uno che vuole il suo successo. Vediamo.
“Allora Gesù”, l’allora lega il brano dell’evangelista al battesimo nello Spirito, quindi Gesù è pieno dello Spirito, e lo Spirito gli è stato dato perché lui si è impegnato a manifestare fedelmente la realtà di Dio, “fu condotto dallo Spirito nel deserto”, il deserto richiama tante cose, richiama l’esodo, il cammino della liberazione, richiama il periodo della prova e anche richiama il luogo del potere, dove i banditi, coloro che volevano conquistare il potere, si radunavano, “per essere tentato dal diavolo”, è da ricordare che il diavolo, nel vangelo di Matteo, appare soltanto in questo unico episodio.
“Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti”, quaranta indica una generazione, l’evangelista vuol far comprendere: attenzione, questa che adesso sto presentando, non è un limitato periodo della vita di Gesù, ma tutta la vita Gesù, tutta la sua esistenza, fu sottoposto a queste seduzioni. È importante che l’evangelista sottolinea che il digiuno è quaranta giorni e quaranta notti, per indicare che non è il digiuno religioso, che inizia all’alba e termina al tramonto, ma è una prova di forza, perché l’evangelista vuol mostrare che Gesù è uguale, è superiore a Elia, a Mosè, gli altri che hanno digiunato quaranta giorni e quaranta notti.
“Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio”, il tentatore non mette in dubbio che Gesù sia il figlio di Dio – al momento del battesimo c’è stata la proclamazione da parte di Dio: questo è mio figlio – ma lo invita, potremmo tradurre meglio per comprendere meglio: giacché sei il figlio di Dio, cioè sei il figlio di Dio? Allora manifesta il tuo potere, perché questa è l’opposizione che c’è nel vangelo: mentre Dio è amore che si manifesta nel servizio, il diavolo è il potere che si manifesta nel dominio. Allora questo tentatore dice: giacché sei il figlio di Dio, “di’ che queste pietre diventino pane»”, cioè usa le tue capacità, il tuo potere, per te stesso. Ma Gesù risponde, e risponderà ogni volta, citando la parola del Signore: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»”. Quindi Gesù esprime la sua piena fiducia nell’azione del Padre, nel mettere in pratica la sua parola, e Gesù, nel corso del vangelo si vedrà, non userà la propria capacità per alimentare se stesso, ma lui, il figlio di Dio, si farà pane, alimento di vita, per gli altri.
“Allora il diavolo lo portò nella città santa”, sotto le vesti del diavolo qui l’evangelista sta anticipando quella che sarà l’azione dei farisei, dei sadducei, dei dottori della legge, tutta l’istituzione religiosa. Il diavolo non si presenta come un nemico, un rivale di Dio, il peccatore, ma il diavolo c’ha i suoi adepti proprio nella casta sacerdotale al potere, che vuole detenere appunto il dominio.
Lo porta nella città santa e “lo pose sul punto più alto del tempio”, questo diavolo evidentemente non solo conosce la scrittura, ma conosce anche gli apocrifi, perché nel libro di Ezra, un apocrifo del tempo, si diceva che il messia si sarebbe manifestato apparendo all’improvviso sul punto più alto del tempio di Gerusalemme, questo nel quarto libro di Ezra, un apocrifo. Quindi il diavolo è un acuto conoscitore della scrittura e di tutto il resto.
“E gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio,” di nuovo giacché sei il figlio di Dio, l’invito del diavolo è lo stesso che faranno poi, quando Gesù sarà crocifisso, i sommi sacerdoti, gli scribi, gli anziani: se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce, quindi manifesta il tuo potere, “gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo”, cioè gli dice: tu sei il figlio di Dio, fai quello che la gente si aspetta, la gente si aspetta che tu appari improvvisamente nel tempio, mettici un tocco di più, gèttati giù con uno spettacolo, che gli angeli ti faranno da gradini. E qui il diavolo, come dicevo perfetto conoscitore della scrittura, cita lui il salmo 91. Ma Gesù, anche questa volta, gli risponde: “non metterai alla prova il signore Dio tuo”, è tutta una serie di richiami ad episodi della vita di Israele, della mancanza di fiducia.
La terza volta non è uguale alle altre: nelle prime due tentazioni o seduzioni, il diavolo ha giocato la carta del messia, la carta religiosa, ora il diavolo tira fuori l’asso dalla manica, tira fuori una carta che sa che tutti quanti cedono a questo potere, a questo fascino, il potere della ricchezza. “Questa volta”, quindi non di nuovo, “questa volta il diavolo lo portò sopra un monte altissimo”, il monte altissimo indica il luogo dove abitavano gli dèi, cioè la condizione divina, cioè il diavolo gli offre la condizione divina. Vuoi essere colui che conquista il mondo? Vuoi essere l’atteso delle genti? Devi avere la condizione divina, e la condizione divina come si ha? Attraverso la ricchezza, attraverso il potere. “E gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò”, quindi sembra quasi – e nel vangelo di Luca infatti dice: tutte queste cose sono mie – che il diavolo sia lui il detentore della ricchezza, del potere, quindi coloro che detengono ricchezza e potere, non gli viene dato da Dio, ma gli viene dal diavolo. “Tutte queste cose io ti darò se”, c’è un piccolo particolare, “se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. Quindi il diavolo offre a Gesù la condizione divina attraverso l’adorazione del potere, della gloria, e del successo. Ma, come abbiamo detto all’inizio, Gesù risponderà a questa tentazione portando il suo tentatore, nella figura di Pietro, l’unico discepolo al quale Gesù si rivolgerà chiamandolo satana, sul monte della trasfigurazione. Nel monte della trasfigurazione Gesù dimostra che la condizione divina non si ottiene attraverso l’adorazione del potere, ma attraverso il dono generoso di se stesso.
“Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana!”, lo stesso appellativo che rivolgerà a Pietro, che sarà il suo satana nel vangelo, quindi Gesù lo rifiuta, “Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”»”, è il pericolo dell’idolatria, qui c’è tutto il richiamo al vitello d’oro, alla contaminazione d’Israele con i popoli pagani. “Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli”, gli angeli sono i collaboratori di Gesù, “gli si avvicinarono e lo servivano”, ottiene la protezione degli angeli proprio rifiutando la tentazione, la seduzione. Quindi, riassumendo, non sono tentazioni al male, ma sono seduzioni che Gesù patirà per tutta la sua vita, e da parte dell’istituzione religiosa, ma anche da parte dei suoi stessi discepoli.
Letture della Domenica
I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO A
Colore liturgico: VIOLA
Prima Lettura
La creazione dei progenitori e il loro peccato.
Dal libro della Gènesi
Gen 2,7-9; 3,1-7
Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Sal 50 (51)
R. Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R.
Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. R.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode. R.
Seconda Lettura
Dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 5,12-19
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. Parola di Dio.
Forma breve:
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
5, 12.17-19
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.
Parola di Dio
Vangelo
Gesù digiuna per quaranta giorni nel deserto ed è tentato.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 4, 1-11
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
Parola del Signore