Commento al Vangelo di 6 Gennaio 2021 – mons. Giuseppe Mani

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Epifania del Signore

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Questa festa dell’Epifania è la nostra festa. Non dei Re Magi, che con i loro doni raggiungono il presepio, ma la nostra: quella di tutti coloro che non fanno parte del popolo eletto, pagani, agli occhi dei giudei di stretta osservanza, ma sempre invitati alla Grotta del Signore. Festa degli stranieri, degli emigrati, di coloro che non avrebbero potuto essere là e di tutti coloro che hanno avuto problemi per integrarsi convenientemente col popolo eletto.

Nella seconda lettura San Paolo, che era giudeo di prima qualità, spiega agli Efesini perché si è dedicato all’evangelizzazione dei pagani e si difende parlando di una grazia personale che gli è stata concessa: “Per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero che non è stato rivelato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato agli apostoli”. Qual è questo mistero? “I Gentili sono stati chiamati, in Cristo Gesù a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo, del quale sono divenuto ministro per il dono della grazia.” (Ef 3,2-7)

All’epoca, questa notizia era talmente sovversiva e rivoluzionaria che provocò la prima crisi cruenta tra Gesù e il suo popolo.

Nell’esperienza dei Magi vediamo la nostra storia: venuti da lontano per cercare il Signore. È la storia dell’uomo di sempre alla ricerca della felicità, del vero Dio.

A questo punto entra in scena la stella che occupa tutta la splendida liturgia dell’Epifania. È la stella luminosa che conduce i magi al presepio; una stella furba, che appare e scompare al momento opportuno e conduce con la sua luce luminosa, come la colonna di fuoco condusse il popolo ebraico alla liberazione.

Chiunque è arrivato al Signore ha avuto la sua stella, una persona, un fratello nella fede che lo ha condotto, illuminando una strada che lo ha portato al Signore. Io ho la mia stella, anzi le mie stelle; ogni credente ha le sue stelle. Questo intendeva il Signore , quando prima dell’Ascensione al cielo ci disse: “Andate in tutto il mondo e predicate il mio vangelo”. Andate e illuminate con la mia luce perché “Io sono la luce del mondo”.

L’Epifania è il giorno per ripensare con riconoscenza a quelle stelle che hanno illuminato il nostro cammino a Cristo, che ci hanno fatto strada col loro esempio, che ci hanno fatti uomini e cristiani. Attraverso di loro Dio ci ha chiamati a sé, ci ha fatto vedere che il Vangelo era possibile non un’utopia, che non era un libro di devozione, ma un trattato di architettura per costruire la propria personalità e la società dell’amore. Per me è una delle esperienze di preghiera più belle ed efficaci riandare a visitare gli incontri con persone evangeliche: i miei genitori, alcuni miei preti educatori, alcuni miei confratelli. Cito soltanto quelli che la Chiesa stessa ha riconosciuto luminosi dichiarandoli vangelo vivente: Madre Teresa di Calcutta e, sopra tutti, Karol Wojtyla, persone luminose a cui mi avvicinavo pieno di curiosità per vedere in che modo, anche attraverso la normale conversazione di un pranzo, apparisse la forza irresistibile di Dio che li conduceva. Tante altre persone che ho conosciuto la cui vita è allo studio della Chiesa in attesa della loro canonizzazione e queste non soltanto teologi come Don Divo Barsotti o don Giuseppe Dossetti, ma anche umili persone del popolo senza cultura umana, ma piene di sapienza divina; non soltanto Vescovi di altissimo livello, anche umano, come il Card. Elia Dalla Costa o il Card. Anastasio Ballestrero, ma anche umilissimi preti come Don Carlo Donati, don Giuseppe Bicci, di cui non ne avete mai sentito parlare, ma che hanno illuminato la strada di migliaia di persone . Vivevano nel nascondimento, ma il Signore li ha tolti da “sotto il moggio per metterli sul candelabro, per illuminare tutti quelli che sono nella casa”.

Con linguaggio umano si dice che la Chiesa ha bisogno di uomini di qualità, anche se poi siamo pronti a difenderci dai leaders, anche spirituali, per paura di essere sopraffatti, spesso illuminati nella nostra notte. C’è bisogno di luce. Inutile parlare della necessita di “essere uniti” e di “fare tutto insieme” se siamo al buio per mancanza di lampade che “ardono e risplendono”! Chi fa il futuro della Chiesa e fa camminare l’umanità sono i santi e i geni. Il meridione non aveva mai vinto uno scudetto, finché non è arrivato Maradona; la Sardegna non si era mai classificata prima e vinto nessuno scudetto, finché non è arrivato Gigi Riva. La dinamica spirituale della fede è la stessa della vita, ciascuno ha il suo “mito”: Francesco, Charles de Foucauld, Madre Teresa, Don Bosco. E lo sono perché illuminano di una luce che non è propria, ma è la luce di Dio…

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