Il vestito del Vangelo
Se c’è una cosa che personalmente mi scoccia molto fare è andare a comprarmi i vestiti e le scarpe. Per farlo devo essere accompagnato e fortemente motivato da qualcuno! Non è che non ami vestire bene e con gli abbinamenti giusti, ma è proprio tutta l’operazione di andare in negozio, trovare qualcosa per me in mezzo alla montagna di cose, capire quello che mi sta bene sia come taglia e come forma, poi provare e riprovare… Eppure quando esco dal “tour del force” dello shopping e ho trovato qualcosa sono contento specialmente quando qualcuno me lo fa notare (“bella quella camicia, quel pantalone ti sta bene, ottime quelle scarpe… ecc”)
Il vestire, lo sappiamo bene, non è solo una copertura per la decenza e per il freddo, ma sempre più un modo anche di esprimere noi stessi. Sia in quel che mettiamo e anche dal loro più o meno apparente costo, noi comunichiamo noi stessi all’altro. A volte, anche questo lo sappiamo bene, rischiamo di fare del vestito, della sua marca e del costo una sorta di maschera alla quale affidiamo tutto quello che vogliamo comunicare di noi. Ma noi siamo più del vestito che indossiamo come dice anche il famoso proverbio “l’abito non fa il monaco”. Noi infatti “indossiamo” quando siamo con gli altri, non solo dei tessuti, ma parole, gesti e modi di fare che diventano il nostro “abito” e anch’essi dicono chi siamo. A volte siamo molto attenti a quello che indossiamo come vestiti ma meno a quello che indossiamo come modo di fare.
È questo il vestito di cui parla in modo allegorico una parte della parabola di questa domenica.
Quella che Gesù racconta in questo passo del Vangelo di Matteo è una serie di immagini simboliche che parlano di come è la vita di fede e come deve essere intesa la comunità dei credenti secondo Dio.
Prima di tutto la vita cristiana è una festa di nozze, la festa più bella che si possa fare perché nasce dalla celebrazione di un amore e tutti sono chiamati a farne parte. Dio invita tutti a far parte della sua festa d’amore che vuole celebrare in mezzo agli uomini. Essere credenti in Dio e discepoli di Gesù significa accettare questo invito sopra tutti gli altri inviti. La parabola evidenzia questa insistenza dell’invito anche quando viene rifiutato e come è esteso davvero a tutti, “cattivi e buoni” come dice in modo incredibile Gesù nel racconto.
Ma la parte del Vangelo che a qualcuno potrebbe risultare “disturbante” ad una prima lettura, è quella finale quando si parla di un uomo che non avendo il vestito da nozze viene cacciato fuori dalla festa. Per capire questo passaggio bisogna ricordare che è una parabola, quindi un insieme di immagini simboliche. Gesù non vuole dare regole di come vestire in maniera materiale, ma parla del vestito che l’uomo indossa con la sua vita quando accetta la chiamata di Dio. Il vestito di nozze è il vestito dell’uomo che con le parole, i gesti, le scelte di vita accetta di “indossare” il Vangelo e farne il suo abito quotidiano. Indossare il Vangelo vuol dire mostrarsi pacifici, capaci di amare e perdonare, avere atteggiamenti di accoglienza e comprensione. E soprattutto sorridere il più possibile…
Possiamo avere anche i vestiti e gli accessori materiali più belli e preziosi, ma se non siamo capaci di amare, accogliere e sorridere, come cristiani rischiamo di vestire assai male e di non avere l’abito adatto per la festa del Vangelo.
Questo è quello che mi chiede Gesù con questa provocatoria parabola: indossare il Vangelo ogni giorno e scoprire che è della mia misura e si abbina benissimo a tutto quello che sono e in qualunque situazione di vita mi trovo. L’abito del Vangelo non va indossato solo a messa in chiesa, ma dalla celebrazione domenicale ce lo sistemiamo, per poi portarlo sempre tutti i giorni e ovunque, e far capire anche agli altri che la fede in Gesù è il vestito migliore per la vita, il vestito più bello che neanche girando tutti i negozi del mondo possono trovare.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)