Giovanni è l’unico santo, insieme a Maria di Nazareth, di cui festeggiamo l’inizio e la fine della vita. E la sua è stata una fine orribile, spietata, simile alle tante morti cui assistiamo ancora oggi.
Uomini e donne vittime del potere e della guerra, dell’ideologia, degli interessi economici. Dall’ormai dimenticata tragedia siriana ai massacri religiosi in Africa centrale: migliaia di innocenti sono straziati a causa delle guerre e della violenza che alberga nel cuore dell’uomo.
Violenza rabbiosa di una donna, Erodiade, che decide in cuor suo di far tacere quel profeta irriverente che non nasconde la verità lampante: è una astuta concubina che passa dal letto di un re ad un altro. Violenza tutta patologica di sua figlia che, in simbiosi con la madre, si rende artefice e complice di un atroce omicidio.
Violenza del re Erode, che volentieri ascolta il Battista, ma che non esita a farlo giustiziare per non rendersi ridicolo agli occhi dei convitati e della (inutile e pericolosa) promessa che ha fatto e di cui si è già pentito. Ma, su tutto, su tutti, ricordiamo proprio lui: il più grande fra gli uomini, il Battista.
Lo sconfitto, agli occhi del mondo. Il martire, per tutti noi.
Commento di Paolo Curtaz al Vangelo di Mc 6,17-29