Il commento alle letture del 15 Ottobre 2018 a cura del sito Dehoniane.
S. Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa (memoria)
XXVIII settimana del tempo ordinario II settimana del salterio
Credere nella libertà
C’è una tentazione sempre in agguato nel cuore del credente, una tentazione che rivela la fragilità della propria fede e la fatica ad affidarsi al Signore nella piena libertà e della totale fiducia. È la tentazione del «segno», che rivela una pretesa che ferisce la qualità della fede: pretendere un segno significa poggiare la propria fede su un certezza che si possiede, in qualche modo «manipolabile» e che, alla fine, ci esime dalla fatica e dalla libertà del credere. La fede non è mai qualcosa di scontato, non solo perché è un dono, ma perché nella vita ci possono essere situazioni o prove che mettono in discussione la nostra fede, che fanno vacillare quelle certezze acquisite, che ci provocano a un salto di qualità, a un passaggio ulteriore in cui la fiducia nel Signore e la nostra libertà di scelta devono essere rinnovate. Non è cammino facile giungere alla libertà della fede, all’abbandono radicale di ogni pretesa per affidarsi completamente all’azione della grazia. Paolo ci ricorda che «noi non siamo figli di una schiava, ma della donna libera. Cristo ci ha liberati per la libertà!» (Gal 4,31–5,1). La schiavitù, in un certo senso, è vivere in una continua ricerca di certezze, di «segni» che non ci fanno veramente crescere da persone libere, capaci di rischiare e di scegliere. La libertà che Cristo ci dona nasce da una consegna di se stessi all’amore liberante di Dio che svuota il nostro cuore da tutte quelle resistenze, quegli idoli, quelle paure che fanno parte della zavorra dell’uomo vecchio, l’uomo che ha il volto dello schiavo.
Allora comprendiamo la durezza con cui Gesù reagisce di fronte alla folla che si accalca nell’attesa di un ulteriore segno per poter, finalmente, credere a Gesù: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona» (Lc 11,29). Gesù definisce questa generazione come «malvagia». Perché malvagia? Perché peggiore delle altre nel comportamento morale? Non sta qui la malvagità. La malvagità riguarda l’ambito della fede: la vera malvagità è l’incredulità che tenta continuamente Dio obbligandolo a dare segni spettacolari semplicemente per puntellare la propria mancanza di fede. Questa è solo presunzione! Dio non rifiuta di dare segni, ma essi hanno un solo obiettivo: aiutare a compiere un salto di qualità mettendo in gioco la libertà dell’uomo. Nella lunga storia di Israele, soprattutto nel faticoso cammino nel deserto verso la terra promessa, Dio ha disseminato molti segni della sua fedeltà, della sua benevolenza. E alla fine dei tempi ha dato il segno più grande della sua alleanza e del suo amore per l’umanità: il Figlio. Ogni generazione non avrà che questo segno che si rivela nei gesti e nella parola di Gesù, che si rivela nel suo mistero di morte e risurrezione (il «segno di Giona»). Questo è l’unico segno che dà qualità e pienezza alla nostra fede, che apre all’infinito la nostra libertà, la nostra vita, le nostre relazioni. Ecco perché Gesù si rifiuta di dare un segno, una prova spettacolare ed evidente che ci dispensi dal prendere una decisione libera, che ci metta al sicuro dal rischio di scegliere. L’unico segno che rispetti la libertà di Dio e la libertà dell’uomo è Gesù stesso. Egli è segno mediante la sua parola, che è un appello alla conversione molto più urgente di quello rivolto dal profeta Giona agli abitanti pagani di Ninive; egli è segno perché rivela la sapienza di Dio in una forma molto più autorevole di quella di Salomone, ricercato persino dalla regina di Saba venuta dal lontano sud. Gesù ricorda a «questa generazione» (a noi) la responsabilità di fronte a questo segno che Dio ci dona. Abbiamo davanti molto di più dei niniviti o della regina di Saba. Eppure questi pagani hanno saputo cogliere i poveri segni che Dio donava loro e leggerli nella fede per scegliere e compiere un cammino di conversione. Essi ci insegnano che il problema non sono i segni, ma la disponibilità del nostro cuore, lo sguardo interiore e la libertà di abbandonare tutte quelle certezze che ci chiudono alla fede. Ogni atto di fede deve mettere in gioco la nostra libertà, e solo credendo la nostra libertà acquista la sua qualità più profonda.
O Padre, tu ci hai donato il segno della salvezza nella morte e risurrezione del tuo Figlio. Volgendo lo sguardo a colui che hanno trafitto, la nostra fede si rafforzi e, abbandonandosi alla tua infinita misericordia, si liberi da ogni pretesa e ci guidi nel cammino della vera conversione.
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Lc 11, 29-32
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Fonte: LaSacraBibbia.net