Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.
EFFATÀ
Secondo i profeti il tempo dell’apparizione del Messia, così come abbiamo letto in Isaia, sarebbe stato caratterizzati da meravigliose guarigioni. Anche quando i discepoli di Giovanni Battista interrogano Gesù per sapere se sia lui il Messia, egli risponde che i ciechi riacquistano la vista, i sordi odono e gli storpi camminano (Lc 7, 18-23). Quindi questi miracoli nel loro insieme hanno valore di conferme, ma ciascuno di essi è un segno della potenza di Dio contro il peccato e il male. Il sordomuto è un uomo che ha difficoltà a comunicare, che non può ascoltare né esprimersi con facilità, è come prigioniero di se stesso. È simbolo di un’umanità chiusa e incapace di aprirsi agli altri e a Dio. Quando glielo portano Gesù si allontana dalla folla che distrae e fa confusione. Il vero incontro con lui può avvenire solo nel silenzio. Gli tocca prima le orecchie e poi la lingua. È lo stesso gesto che ancora oggi si fa alla fine del rito battesimale dicendo: che tu possa presto ascoltare la sua voce e proclamare il suo vangelo. Effatà, apriti! Ascoltare è molto di più che sentire, vuol dire capire un messag- gio piuttosto che udire semplicemente il suono di una voce. Per ascoltare bisogna essere disponibili, infatti l’ascolto si presta, non è automatico, e per capire veramente occorre non avere precomprensioni e accettare di accogliere quanto viene comunicato. Quante volte anche noi siamo come il sordomuto. Il Signore ci parla attraverso la bellezza della natura, l’amore, gli avvenimenti quotidiani, il prossimo, la scrittura, ma spesso non ce ne rendiamo conto. La folla delle distrazioni e dei mille pensieri ci rende sordi. Bisogna allora allontanarsi, cioè fare silenzio, mettersi in ascolto, rendersi disponibili, solo così Gesù può raggiungere anche noi, toccare le nostre orecchie e superare ogni chiusura. La bocca parla dalla pienezza del cuore (Mt 12, 34), se uno è pieno di malvagità non dirà cose buone, né un ignorante potrà dire qualcosa di saggio. È chiaro che un incontro così importante come quello con Gesù non può restare segreto. Il Maestro raccomanda di non dire quanto è successo perché non vuole passare per un fenomeno, i suoi miracoli sono segni del Regno non prodigi fini a se stessi. Ed ecco che il muto diventa divulgatore del vangelo, non per disubbidienza, ma perché pieno di gioia. Se anche noi ascoltiamo la sua parola diventiamo testimoni della gioia di un incontro che apre, non solo le orecchie, ma l’orizzonte intero della vita. E quando uno trova qualcosa di grande ha voglia di dirlo, non può tacere.
Mc 7, 31-37
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Si- dòne, venne verso il mare di Galilea in pie- no territorio della De- càpoli. Gli portarono un sordomuto e lo prega- rono di imporgli la ma- no. Lo prese in dispar- te, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi ver- so il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Ef- fatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dice- vano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i mu- ti!».