Dopo i giorni segnati dalle feste del tempo di Natale, il nostro cammino “ordinario” seguendo l’evangelo riprende con l’inizio dell’Evangelo secondo Marco. Gesù si stacca dal suo maestro Giovanni (il quale era stato arrestato) e predica il proprio messaggio. Poi chiama dietro a sé i suoi primi discepoli, chiedendo anche a loro di lasciare il nucleo familiare, nel quale erano stati attivi fino a quel momento, per aprirsi a nuovi orizzonti: quelli del Regno, annunciato e inaugurato dal maestro che ora scelgono di seguire.
Iniziando il suo ministero, Gesù predica infatti che “il regno di Dio è vicino” (v. 15). Si tratta di un annuncio perentorio. Significa: qui e ora siamo raggiunti da Dio stesso; Dio ci sovrasta. Potremmo quasi dire che ci assedia. Ma Dio non abbatte le mura di protezione e i bastioni dietro ai quali ci chiudiamo su noi stessi, nelle nostre paure. Ci invia invece un messaggero; non di quelli però che minacciano, che vogliono trattare e pongono dure condizioni, ma colui stesso che porta la buona notizia secondo cui non la collera di Dio ma la sua grazia ci ha accerchiati.
Ecco l’evento del Regno: l’irruzione di Dio nella vita di coloro che ascoltano e ricevono la parola di Gesù. Un’irruzione benevola, che provoca un cambiamento radicale della comprensione di sé e degli altri, che determina uno sguardo nuovo sull’esistenza e sul mondo. Il regno di Dio apre a una logica radicalmente diversa da quella mondana: fa riconoscere il mondo non come cattivo e perverso, ma come lo spazio circondato dalla benevolenza di Dio, in attesa di essere investito pienamente dalla sua grazia.
“Il regno di Dio è vicino”: se questa è la buona notizia che Gesù trasmette perentoriamente, a noi, cui è concesso ascoltare tale parola, cosa rimane da fare? “Convertitevi”, risponde Gesù. Cioè: “Uscite dai vostri rifugi di ostinazione, dai vostri fortini di irritabilità, lasciate l’oscurità delle vostre paure e dei vostri dubbi! Uscite alla luce della grazia che vi è offerta, che già vi circonda!”. Questa infatti è la conversione: essere pronti a scorgere noi stessi e il nostro mondo nella luce della grazia del regno di Dio vicino. Crederci e, in questa fede, riconoscerci – e gli altri con noi – illuminati dal chiarore della benevolenza di Dio.
L’annuncio nuovo di Gesù prende allora una forma precisa, si rivolge a delle persone concrete, e risuona nelle loro vite come ordine che provoca atti decisivi. Il racconto della chiamata dei quattro primi discepoli lo illustra. Nessuna delucidazione è data delle ragioni che motivano Gesù a chiamare questi quattro pescatori, nessuna osservazione psicologica la spiega, nessun commento. Né una predisposizione particolare, un’attesa specifica, o una qualche volontà da parte loro li costituisce discepoli: solo un ordine indiscutibile e indiscusso, perentorio come l’annuncio della prossimità del Regno, seguito immediatamente dall’esecuzione. Tutta l’esistenza di questi uomini dipende allora unicamente della scelta sovrana di cui sono oggetto da parte dell’araldo del Regno. Gesù lo confermerà più tardi: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate…” (Gv 15,16).
fratel Matthias della comunità monastica di Bose
Dal Vangelo secondo Marco
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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