Commento al Vangelo del 8 dicembre 2017 – Azione Cattolica

Dio desidera la carne umana, in Gesù assume il nostro limite, abita la nostra temporalità, senza fingimenti, ma col desiderio di trasfigurarla e orientarla verso la pienezza, attraverso il dono di se stesso. L’episodio con cui la comunità dell’evangelista Luca ci racconta l’inizio di questo dinamismo funge da riferimento per ogni credente.

La fanciulla di Nazaret, infatti, non è la cristallizzazione di una figura mitica o l’idealizzazione di una personalità da “santino”, bensì tratteggia la possibilità inscritta in ogni carne umana, realizza l’evento attuabile nel corpo intero dell’umanità. Maria è stata donna capace di farsi trovare (questo il senso del suo «Eccomi»: “guarda, sono qui, non sono scappata!”), nella piccolezza del suo essere terra abitata dalla grazia, proprio perché libera da appartenenze sacrali (a differenza del sacerdote Zaccaria che officiava al tempio e rimase incredulo e muto) e disponibile a lasciarsi interrogare e cambiare da un annuncio di vita nuova.

Ella ha saputo aprirsi all’impensato, a ciò che l’orizzonte mondano ritiene impossibile. Non ha cercato difese o giustificazioni, non ha sollevato riserve o anteposto progetti suoi. Si è aperta al sogno intimo di Dio non attraverso una accettazione passiva – od obbedienza cieca – ma con una lettura intelligente di quanto accadeva («Come è possibile? Non conosco uomo») per poi affidarsi nello stile del servizio («Sono la serva del Signore»). E così è per noi: attraversati fedelmente dalla nostalgia di Dio, potremo dare a Dio carne se non rimaniamo fermi alla superficie di quanto la Parola ci annuncia, ma la comprendiamo e accogliamo con la sapiente profondità delle anime innamorate, con l’assunzione piena della dignità offerta a ogni libero pensiero.

Abiteremo, allora, questo tempo con la leggerezza di una tenda (il nostro corpo di carne…) che custodisce e annuncia il segreto di Dio nel generoso e silenzioso servizio all’uomo.

Come Salomone, o Dio, noi vogliamo costruirti una casa, sistemarti dentro le nostre sicurezze; vorremmo definirti entro i confini di dottrine teologicamente inconfutabili: è la tentazione tipica dell’animo religioso, condita di slancio devozionale. Ma la tua voce si fa udire nella notte, ovvero quando tutto tace e si spegne. Ecco che lì, nella luminosa notte dell’abbandono, inattesa arriva la Parola. Tu sei un Dio nomade, viaggiatore mai sazio di nuove partenze e inesplorati traguardi. Allora ti offriamo i nostri volti, le nostre lacrime e i nostri sorrisi perché la tua Parola possa prendere carne anche oggi, in mezzo a noi.

Fonte

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Lc 1, 26-38
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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