Nella liturgia della terza domenica di Quaresima (B) viene sottolineato il vero culto che l’uomo può fare: non agli idoli ma a Dio. Ecco perché Gesù caccia quelli che avevano trasformato la casa del padre in luogo di commercio, luogo degli idoli.
Non ti prostrerai davanti agli idoli
Dio, il creatore, cerca sempre di costruire una relazione d’amore con i suoi figli. Egli rivendica, infatti, una relazione tra un “Io” e un “tu”: “Io sono il Signore, tuo Dio”. Una relazione di paternità che ha come conseguenza la liberazione dalla condizione servile dal peccato. Ecco perché Dio detterà le norme e le regole per vivere in modo completo tale relazione, darà all’uomo i dieci comandamenti, che conosciamo a memoria fin dalla più giovane età.
È essenziale sapere che Dio vuole essere il punto di riferimento fondamentale nella vita del suo popolo, essere il centro intorno al quale tutta l’esistenza umana gira. Nessuno può occupare il posto di Dio nel cuore e nella storia del suo popolo: “Io sono il Signore, tuo Dio, non avrai altri dèi di fronte a me”. Ecco perché Dio proibisce all’uomo di costruire idoli, immagini, di prostrarsi e tanto meno di servirli. Infatti, all’inizio del cammino quaresimale, tempo cosiddetto di lotta e di resistenze alle tentazioni, siamo stati invitati ad entrare con Gesù nel deserto ma soprattutto a vincere, con Lui, le diverse tentazioni. In Matteo, satana, nella terza tentazione, era disposto a dare tutto quello che si può avere, ricchezza, gloria, potere, in cambio dell’adorazione da parte di Gesù. Era una forma d’idolatria. Gesù dirà “Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”.
Portate via di qui queste cose: non prostratevi davanti ad esse
Alcune traduzioni bibliche, della pagina del Vangelo, chiamano comunemente questa narrazione di “purificazione del tempio” e segue immediatamente “le nozze di Cana di Galilea”, sono strettamente unite tra loro, ambedue sottolineano la ragione per la quale Gesù è venuto, pongono in rilievo la sua missione: rinnovare e trasformare il culto da rendere a Dio. In questo processo di trasformazione del culto Egli è il fondamento. Mentre nelle nozze di Cana Gesù si presenta come “vino nuovo” e dà senso nuovo al culto, nella purificazione, Egli è il tempio nuovo, il centro del nuovo culto.
Gesù si sposta dalla Galilea a Gerusalemme e si reca nel Tempio. Lo fa subito dopo il miracolo delle nozze, in occasione della festa della Pasqua ebraica. Secondo il Vangelo di Giovanni, è la prima volta che Gesù si reca a Gerusalemme ed entra nel Tempio. Giovanni situa quest’ingresso all’inizio dell’attività pubblica di Gesù per sottolineare l’importanza della sua missione rinnovatrice e rigeneratrice. Il tutto posto all’inizio del suo ministero pubblico.
Il popolo ebraico stava certamente per festeggiare la Pasqua religiosamente, ma con sua sorpresa Gesù non trova persone che pregano e si preparano spiritualmente per la festa, ma scopre invece che il tempio è stato trasformato in un luogo di commercio dove il culto è un grande commercio in cui tutti ci guadagnano: un’occasione per fare dei soldi. Tutti, inclusi i sacerdoti, sono talmente attaccati ai beni materiali da trasformare la ricchezza in un idolo. Tutti preoccupati per i beni materiali. Con sorpresa di tutti, Gesù li scaccia fuori, insieme alle pecore e buoi, getta a terra, sparpaglia il denaro contato e posto ordinatamente e rovescia i banchi, gesti forti che devono rovesciare una mentalità e la ragione fondamentale è che “la casa del Padre” è stata trasformata in un “luogo di commercio”, in luogo di idoli, il Signore aveva detto: “non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai “.
Gesù, nel suo primo viaggio a Gerusalemme e nel suo primo ingresso nel tempio, richiede sicuramente una rapida trasformazione o rinnovamento di mentalità sul vero culto: il tempio non è un luogo di commercio ma di preghiera. All’interno e intorno al tempio c’è Dio che dovrebbe essere al centro dell’interesse di tutti, non possono trovare posto dei venditori e dei cambia denaro; è il luogo dove è situata l’arca, simbolo dell’alleanza tra Dio e gli uomini e non dei beni materiali: buoi, pecore, colombe e denaro. Inoltre, vuole che tutti siano in grado di capire che Gesù è il nuovo tempio, è il nuovo centro di culto di Dio, il nuovo tempio della nuova alleanza; nuovo luogo di incontro tra Dio e gli uomini.
Per dimostrare questo Giovanni usa quattro verbi decisi e violenti, mostrando fino a che punto Gesù vuole operare immediatamente questa trasformazione. Egli infatti caccia coloro che stanno profanando il tempio con culti malvagi caratterizzati da una vita che non è conforme alle richieste di Dio. I verbi “scacciò fuori”, “gettò a terra”, “rovesciò i banchi” e “portate via” sono verbi seguiti da locuzioni avverbiali che caratterizzano il fare di Gesù forte e deciso ogni qualvolta noi trasformiamo il tempio in luogo di commercio; tutte le volte in cui mettiamo al centro dei nostri interessi “i beni materiali” visti come idoli. Inoltre Gesù si mostra come il nuovo tempio, dirà, “distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Egli parla del tempio del suo corpo, alludendo alla vera Pasqua, la Pasqua della nuova alleanza.
Per sottolineare che Gesù è il nuovo Tempio, Giovanni usa un gioco di parole greche: nel dire che Gesù entra nel Tempio, usa la parola “τό ἱερόν” che indica l’intero tempio, l’intero luogo consacrato, “il tempio come edificio, il recinto che occupava la spianata del tempio, uno spazio molto vasto e aperto, luogo sacro perché segno della presenza di Dio”, invece, quando riferisce Gesù come Tempio adopera la parola “ναός” che indica “la parte più interna del tempio, la cella in cui dimora la divinità, il santuario, il Sancta Sanctorum”. Gesù è il nuovo tempio, luogo della presenza divina in mezzo agli uomini. Anche se verrà distrutto, sarà ricostruito in tre giorni, cioè, risorgerà.
Il discepolo missionario “spalanca le sue porte a Cristo” affinché vi entri e faccia la polizia nel suo cuore. Infatti, come afferma Papa Francesco, “Gesù farà pulizia con tenerezza, con misericordia, con amore. La misericordia è il suo modo di fare pulizia. Lasciamo – ognuno di noi – lasciamo che il Signore entri con la sua misericordia – non con la frusta, no, con la sua misericordia – a fare pulizia nei nostri cuori. La frusta di Gesù con noi è la sua misericordia. Apriamogli la porta perché faccia un po’ di pulizia”.
Per gentile concessione del sito consolata.org