Commento al Vangelo del 7 maggio 2017 – mons. Antonio Riboldi

IV Domenica dopo Pasqua

Io sono la porta delle pecore

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Oggi la Chiesa celebra la festa del sacerdote. Un grande dono, che Dio ha fatto agli uomini: Gesù ha voluto che il sacerdote continuasse la Sua Opera tra gli uomini, scegliendo giovani, come fece con gli Apostoli, secondo un ‘criterio’, che Lui solo conosce.

Quando ero parroco, la Comunità celebrava la Festa del Buon Pastore, di oggi, donando un agnello, come a commentare il Vangelo che la liturgia ci propone.

“Gesù disse: ‘In verità, in verità vi dico: … Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce; egli chiama le pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei.’. … essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: ‘In verità, in verità, vi dico: Io sono la porta delle pecore. Tutti coloro, che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti, ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo: entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere. Io sono venuto, perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. (Gv. 10, 1-10)

Gesù, con la parabola del pastore e il rapporto con le pecore, mostra il grande amore che ha per tutti noi. In un altro brano descrive poi la sua cura in modo stupendo, incredibile e particolareggiato, parlando di una pecora che si smarrisce e che Lui si preoccupa di cercare, incurante delle difficoltà e dei pericoli in cui lei si è cacciata. E non si dà pace fin a che non l’ha trovata! Se la mette sulle spalle, torna a casa e chiama gli amici per fare festa, ‘perché era perduta ed è stata ritrovata’… le stesse parole che Gesù mette sulla bocca del Padre, nel ritorno del figlio prodigo.

E’ il mistero della giustizia misericordiosa, a cui siamo chiamati tutti noi ‘pastori’ del gregge.

Non è facile neppure per noi sacerdoti, scelti da Dio, capire le ragioni della ‘nostra’ dignità: compiere il bene per gli uomini, con poteri che davvero sono divini, è davvero qualcosa che sfugge al nostro pensiero…. Sappiamo tutti che non si è sacerdoti per una scelta umana della vita, ma per una scelta vocazionale di Dio. Viene da chiedersi: ‘Perché io e non altri?’

Ricordo l’inizio del mio cammino vocazionale. Ero chierichetto nella mia parrocchia. Un giorno, come era solito fare, il Card. Schuster era presente in parrocchia per l’amministrazione delle cresime. Avevo 10 anni. Improvvisamente mi chiese se sarei stato contento di diventare sacerdote. Non seppi rispondere. Ma quella domanda divenne un interrogativo persistente, che non lasciava pace.

Come saperlo? Mi affidai alla cura e alla saggezza del mio  parroco, che alla fine mi incoraggiò e così mi decisi. Avevo 12 anni quando lasciai la famiglia e soprattutto la mamma. Quante lacrime!

Oggi guardo ai tanti anni del mio sacerdozio e del mio vescovado e non finisco di stupirmi nel contemplare ciò che Dio ha saputo operare nelle Comunità, in difficoltà, affidatemi dall’obbedienza, come a seguire un Suo preciso disegno.

L’Istituto, a cui appartengo, aveva avuto l’invito di accettare una parrocchia nel Belice, a S. Ninfa, dove il parroco aveva abbandonato per sposarsi; la Comunità si era così tanto scandalizzata da rifiutare sacerdoti diocesani e voleva preti ‘continentali’. Il mio superiore accettò la Parrocchia e scelse tre Padri, tra cui io come parroco. Giungemmo in un vero deserto di fiducia… e senza neppure una casa canonica, per cui alloggiavamo in qualche modo. La gente, che era buona, presto tornò e dopo qualche anno la Parrocchia mostrò la sua vitalità… al punto che un giorno il Vescovo della Diocesi al mio Superiore generale disse: ‘Questa parrocchia era la mia spina, ora è la mia rosa’.

Sentendo questo intervento il mio superiore subito disse: ‘Il prossimo anno tornerete nella nostra Comunità rosminiana per insegnare ai sacerdoti come si fa pastorale’.

Ma il terremoto del 1968 scompigliò tutto e fui costretto a esprimere tutta la mia passione di pastore per accelerare la ricostruzione. Dopo quasi dieci anni, terminato, o quasi, questo compito, ancora una volta intervenne il mio superiore, perché tornassi al Nord…. E subito, come ad intralciare la volontà degli uomini, Dio, attraverso Paolo VI, mi affidò la diocesi di Acerra, che mancava di un vescovo residenziale da 12 anni. Una comunità da ricostruire. E, ancora una volta, la Grazia sostenne lo zelo, tanto da dare un volto nuovo e meraviglioso a questa Chiesa, al punto che il S. Padre scelse tra i suoi sacerdoti due vescovi.

Ogni volta ripenso e ricordo, sempre più scorgo l’opera della Grazia, che si serve della nostra ‘buona volontà’ e del nostro fervore: ricordi e pensieri che fanno sgorgare dal cuore un ringraziamento di lode, in questa festa di oggi così vicina al cuore di ogni sacerdote.

È davvero grande la passione di Gesù per noi, la stessa che dovrebbe essere nel sacerdote o nel vescovo per la gente loro affidata. Se da una parte ‘la messe è molta’, davvero richiede tutta la nostra passione di pastori il coltivarla, con la testimonianza della vita, che rispecchi la Presenza di Gesù, la preghiera e tanto, ma tanto, amore, per indicare a tutti l’unica ‘Porta’ che siamo chiamati ad attraversare: il Cuore di Gesù, espressione dell’Amore misericordioso del Padre.

Oggi, di fronte a tanta scarsezza di sacerdoti, viene da pregare:

“Chiama, Signore, quanti nel tuo misterioso piano di amore hai scelto.

Metti in chi chiami lo stupore e la meraviglia nello scoprire che sono chiamati a ‘essere – addirittura – tuo Figlio Gesù, presente ed operante’ in mezzo ai fratelli, come quando era tra noi, ‘perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’. Sono tanti anni che la mia vita è stata scelta da Te, Padre. Grazie. Ora so che tanti, ma tanti, per Te e in Te ho amati, e tanti, ma tanti, mi hanno amato e tanti già hanno conosciuto la gioia del Cielo … Tutto è Grazia!

Antonio Riboldi – Vescovo
www.vescovoriboldi.it

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IV Domenica del Tempo di Pasqua

Gv 10, 1-10
Dal Vangelo secondo Giovanni

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. 7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 07 – 13 Maggio 2017
  • Tempo di PasquaVII, Colore – Bianco
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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