Trinità: Dio è legame, comunione abbraccio
Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 7 Giugno 2020.
I nomi di Dio sul monte sono uno più bello dell’altro: il misericordioso e pietoso, il lento all’ira, il ricco di grazia e di fedeltà (Es 34,6). Mosè è salito con fatica, due tavole di pietra in mano, e Dio sconcerta lui e tutti i moralisti, scrivendo su quella rigida pietra parole di tenerezza e di bontà.
Che giungono fino a Nicodemo, a quella sera di rinascite. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. Siamo al versetto centrale del Vangelo di Giovanni, a uno stupore che rinasce ogni volta davanti a parole buone come il miele, tonificanti come una camminata in riva al mare, fra spruzzi d’onde e aria buona respirata a pieni polmoni: Dio ha tanto amato il mondo… e la notte di Nicodemo, e le nostre, s’illuminano.
Gesù sta dicendo al fariseo pauroso: il nome di Dio non è amore, è “tanto amore”, lui è “il molto-amante”. Dio altro non fa che, in eterno, considerare il mondo, ogni carne, più importanti di se stesso. Per acquistare me, ha perduto se stesso. Follia della croce. Pazzia di venerdì santo. Ma per noi rinascita: ogni essere nasce e rinasce dal cuore di chi lo ama.
Proviamo a gustare la bellezza di questi verbi al passato: Dio ha amato, il Figlio è dato. […]
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L’ABBRACCIANTE
Io che sono lento a credere, che mi ci vorrà forse tutta la vita non per capire, ma solo per assaporare un poco della fede, come potrò cogliere qualcosa della Trinità? La strada non è quella delle formule. Voler capire la Trinità attraverso i concetti, è come tentare di capire una parola analizzando l’inchiostro con cui è scritta.
Dio non è una definizione, è un’esperienza.
I termini di Gesù per raccontare la Trinità, sono nomi di famiglia, odori di casa, suoni e silenzi di affetti. Padre, figlio, nomi che si abbracciano. Lo Spirito dice che ogni vita respira e si dilata solo quando si sa accolta, presa in carico. Abbracciata. E su tutto regna sovrana la relazione; sul trono di famiglia, il legame.
Dio l’abbracciante. Se non c’è amore, non vale nessun magistero; senza il suo respiro, nessuna cattedra sa dire Dio.
E’ l’abbraccio il senso pieno della Trinità, e l’uomo ha il suo volto.
Quando Dio dice: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”, l’immagine non è quella del Creatore, non quella dello Spirito, né quella del Verbo eterno, ma le tre realtà fuse insieme.
Ecco perché la solitudine mi pesa tanto e mi fa paura, perché è contro la mia natura. Ecco perché quando amo e trovo amicizia sto così bene, perché è secondo la mia, la nostra vocazione.
La relazione come cuore reciproco dell’essenza di Dio nell’uomo.
Ci ha amati così tanto da mandare suo Figlio. E mondo e uomo sono storia della Trinità. Mosè, il grande amico di Dio, prega così: “Che il Signore cammini in mezzo a noi, venga in mezzo alla sua gente. Non resti sul monte, guida alta e lontana, ma scenda e si perda in mezzo al calpestio del popolo”.
Tutta la Scrittura ci assicura che nel calpestio del popolo, nella polvere dei sentieri, lo Spirito accende profeti e orizzonti; il Padre rallenta il suo passo paziente sul ritmo del nostro, e il Figlio è salvezza che ci cammina, sicura, a fianco.
Tutto questo ci sarebbe bastato! Invece l’Ascensione ci porta in pieno nel seno della Trinità: noi siamo quell’uomo pensato e creato non ad immagine del Dio solitario, ma della sua Trinità, dove si è felici solo l’uno nell’altro.
Questo Dio folle che ha amato non solo noi, ma tutto il creato. E che anch’io amo, perché è opera delle sue dita. Coi suoi spazi, le sue nuvole, i suoi figli, la sua dolce e aspra bellezza.
Terra amata e paziente. Grande giardino di Dio, con noi suoi piccoli “giardinieri planetari”.
La Trinità è lo specchio del mio senso ultimo, e dell’universo stesso.
Incamminato verso un Padre che mi dà vita, verso un Figlio che mi innamora, verso uno Spirito che accende di comunione le mie solitudini, io mi sento piccolo ma abbracciato dal mistero, come un bambino col naso all’insù.
Resto saldo nel loro vento in cui naviga l’intero creato che mi attende. Mi attende, perché il suo nome è comunione.
Fonte: Post su Facebook
AUTORE: p. Ermes Ronchi FONTE: AvvenirePAGINA FACEBOOK