Il commento di padre Antonio Rungi al Vangello di domenica 6 settembre 2015.
Coraggio, equità ed ascolto
La riflessione sulla parola di Dio di questa XXIII domenica del tempo ordinario si può concentrare su tre parole chiave: coraggio nella prova, equità di trattamento tra le persone e ascolto della parola di Dio che salva.
Partendo dalla prima lettura di oggi, il profeta Isaia parla della prospettiva messianica in cui l’avvento del Regno di Dio sarà un arrivo che porterà ordine e stabilità nelle cose di questo mondo, dando coraggio ai provati e sfiduciati della vita e speranza a quanti vivono nella disperazione e nella falsa certezza che nulla possa davvero cambiare al mondo.
Leggiamo infatti nel testo di questa prima lettura parole di incoraggiamento e fiducia in Dio: “Dite agli smarriti di cuore”, che devono avere coraggio e che non devono temere nessuno, in quanto viene il Signore a ricompensare e a salvare. Questa sua venuta trasformerà le persone e il mondo. Infatti, “si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi, lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa, la terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso sorgenti d’acqua.
[ads2]Persone, ambiente e natura beneficeranno di questa venuta, di questo avvento glorioso e purificatore di Dio tra gli uomini. Chiaro riferimento alla prima venuta di Cristo, il Messia sulla terra per salvarci dalla condizione disonorevole in cui eravamo.
La seconda parola del messaggio biblico di questa domenica, la troviamo scritta nella lettura del brano dell’apostolo Giacomo che ascoltiamo oggi, quale successivo motivo di meditazione in questo giorno del Signore, durante il quale si possono, forse più che negli altri giorni, fare delle discriminazioni, delle preferenze, avere un occhio di riguardo verso i potenti e trascurare gli umili e gli ultimi.
Questa parola è equità di trattamento verso tutti. L’apostolo ci fa un esempio, che non è molto lontano dai nostri abituali comportamenti, specie in certi ambienti sociali, politici, economici, di elìte, di interessi di vario genere, compresa la realtà della chiesa.
E proprio all’assemblea liturgica ed ecclesiale fa riferimento l’apostolo. Nessuno deve essere trattato meglio degli altri e con speciale attenzione rispetto a tutti i componenti della stessa assemblea.
Il trattamento deve essere uguale per tutti. Egli ci invita ad avere una condotta di massimo rispetto verso tutti, senza favoritismi verso qualcuno.
“Supponiamo -egli scrive- che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?”.
Il monito finale dell’esortazione che l’apostolo rivolge ai cristiani, non ammette eccezioni o congetture. E’ chiaro, e deve essere rispettato e seguito da tutti coloro che hanno una fede vera e un’etica cristiana corrispondente: “Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?”.
L’opzione preferenziale per i poveri è sancita nei testi sacri. Per cui, come dice Papa Francesco, la chiesa deve essere povera, con i poveri e per i poveri, ma deve essere anche ricca di fede, di quella fede ricca che hanno le persone veramente credenti.
La ricchezza materiale, l’avidità, l’accaparramento dei beni del mondo e l’esaltazione della ricchezza e del potere escono fuori da una concezione autentica di vita cristiana.
Da qui la necessità di dare una svolta significativa alla Chiesa, soprattutto in questi tempi di forti contraddizioni sociali, economiche ed umane. Essere dalla parte degli ultimi, significa vivere il vangelo oggi e sempre, significa vivere di fede e non di economia.
La terza parola di meditazione oggi sui testi biblici la troviamo nel vangelo di oggi, nel testo della guarigione del sordo-muto che per opera di Gesù acquistò l’udito e la parola.
La fede si sa viene dall’ascolto e l’ascolto porta per se stesso all’annuncio. Quindi ascoltare per annunciare.
In un mondo in cui tutti parlano e anche fuori luogo e contesto, dicono sciocchezze di ogni genere, Gesù ci invita ad ascoltare Lui, la parola certa e vera, che non confonde le idee, non inganna, ma che le illumina di verità vera e di eternità. Bisogna capire il comportamento di Gesù nei confronti di questa persona ammalata nel corpo e nello spirito, considerato che la malattia fisica era conseguenza della malattia morale e spirituale, quindi manifestazione esteriore del peccato.
La prima azione che compie Gesù è precisa: “lo prese con se in disparte, lontano dalla folla”. La fede è un dono di Dio personale e si alimenta nel silenzio, nella preghiera, nell’essere in disparte con Gesù.
Poi “gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua”. Ciò sta a significare quanto sia importante l’ascolto e la parola per accogliere ed annunciare la gioia dell’incontro con Cristo nella fede, che è vita e rinascita, è miracolo continuo. Infine “guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!”. L’atto conclusivo di questo cammino di fede è aprirsi a Dio, una volta che Lui ci ha donato se stesso.
Se in noi manca questa apertura a Dio con tutto il nostro cuore, la nostra fede, la nostra religione è destinata a morire, a non dare segni di vitalità e di vita.
Solo se questa fede l’alimentiamo con il silenzio interiore, la preghiera, i sacramenti, con l’opportuna meditazione sulla parola di Dio che ascoltiamo, penso volentieri, almeno alla domenica, questa fede viene sostenuta in modo adeguato e continuativo.
Il sordomuto, dopo la perfetta guarigione del corpo e soprattutto dello spirito, non rispetta il comandamento del Signore che lo obbliga, coma tutti, a non propagandare il miracolo avvenuto, ma a tenerlo gelosamente tutto per sé.
Invece, come leggiamo nel vangelo di oggi (e questo è un fatto positivo) più Gesù “lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.
Ed è così, la gioia della vera fede non la si può nascondere, è incontenibile, ma la si può tenere nel segreto, ha bisogno di essere annunciata e manifestata senza protagonismi personali, ma semplicemente con quella gioia che si ha nel cuore e che deve diffondersi intorno a noi con la parola, con la testimonianza, con il buon esempio e il buon odore della santità.
Sia questa la nostra preghiera di questa domenica di inizio settembre, dopo le ferie e le vacanze estive, che certamente, mi auguro, non siano state vacanze anche nella cura della vita spirituale: “O Padre, che scegli i piccoli e i poveri per farli ricchi nella fede ed eredi del tuo regno, aiutaci a dire la tua parola di coraggio a tutti gli smarriti di cuore, perché si sciolgano le loro lingue e tanta umanità malata, incapace perfino di pregarti, canti con noi le tue meraviglie”. Amen.
padre Antonio Rungi | via Qumran
XXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
- Colore liturgico: verde
- Is 35, 4-7; Sal.145; Gc 2, 1-5; Mc 7, 31-37
Mc 7, 31-37
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Fonte: LaSacraBibbia.net