Il โbasilicoโ interpella YHWH
ยซAbacuc รจ uno dei profeti di cui sappiamo menoยป (L. Alonso Schรถkel). Di lui non si sa lโepoca in cui visse. Le date proposte per la composizione del libro vanno dal 701 a.C. al 330 a.C. Probabilmente visse perรฒ nel regno di Giuda al tempo di Ioiakรฌm (605-598, oppure 608-597), un re odioso e inetto che si rese inviso ai suoi sudditi per la politica dispotica che caratterizzรฒ il suo regno (cf. Ger 22,13-17). Non si sa nulla neppure della cittร di provenienza e del lavoro da lui svolto. Nel libro viene detto due volte nฤbรฎโ (1,1; 3,1).
โAbacuc/แธคabaqqรปqโ รจ un nome unico nellโAT. La forma รจ simile allโarabo แธฅabaqฤซq (โbasilicoโ) o โแธฅabaq/menta acquaticaโ. Forse, a partire dallโaccadico, indica una pianta da giardino. La radice ebraica แธฅbq indica invece โabbracciareโ. I traduttori greci della LXX hanno avuto difficoltร a comprendere il nome e lo modificarono leggermente in Ambakoum. Un racconto midrashico lo fa lโeroe che visita Daniele nella fossa dei leoni.
In Ab 3,1 si titola la pericope che segue: ยซPreghiera del profeta Abacuc โsul tono delle lamentazioni/โal ลกigyลnรดtโยป. La radice ebraica ลกgh significa โerrareโ, โperdersiโ, โnon camminare dirittoโ, โcommettere un erroreโ. Il termine ลกigyลnรดt potrebbe allora ยซriferirsi a cose che sono andate male e che hanno bisogno di essere rese miglioriยป (Donatella Scaiola, che seguiamo in queste note, รจ la migliore specialista italiana sul Libro dei Dodici, i cosiddetti โProfeti Minoriโ, considerati in antichitร come un unico libro; cf. il suo commentario a Naum, Abacuc e Sofonia, ed. San Paolo, Cinisello B. 2013 [collana NVBTA 16] e il suo volume di commento a tutti i โProfeti minoriโ: I Dodici Profeti: perchรฉ โMinori?โ. Esegesi e teologia [Collana Biblica s.n.], EDB, Bologna 2011).
Le due parti del libro (Ab 1โ2 e 3) sono introdotte ciascuna da un titolo (1,1 e 3,1). La prima parte (1,2โ2,6a) contiene due dialoghi tra il profeta e YHWH. Abacuc dapprima si lamenta (1,2-4) e poi supplica il Signore (1,12-17). YHWH gli risponde entrambe le volte (1,5-11 e 2,1-4). Segue una serie cinque โguai/hรดyโ (2,5-20: vv. 6b-8.9-11.12-14.15-17.18-20).
La vedetta aspetta la replica
Dopo il titolo (3,1), la seconda parte (3,2-19) comprende una preghiera, che potrebbe esse stata unโaggiunta al libro originario, ma che รจ molto importante per la forma finale del libro. ยซDopo che Abacuc ha presentato a Dio la sua visione della realtร , nel c. 3 attesta la sua fede lodando il Signore, nonostante gli interrogativi che il dilagare dellโingiustizia a livello sociale e internazionale pone al credente. Difficile, per Abacuc, come per altri personaggi biblici, รจ conciliare fede e vita, si potrebbe dire, cioรจ comprendere il modo in cui Dio agisce (o il motivo per cui non interviene) nella storiaยป (D. Scaiola).
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Abacuc interpella YHWH, senza accontentarsi delle risposte elaborate dalla tradizione. ยซTu, che hai gli occhi troppo puri per vedere il male e non puoi guardare lโoppressione, perchรฉ stai a guardare i traditori, โtaci [taแธฅฤrรฎลก]โ quando il malvagio ingoia chi รจ piรน giusto di lui?ยป, si lamenta il profeta (1,13, tr. Scaiola).
La domanda angosciata รจ stata lanciata, la sentinella aspetta la risposta: ยซVoglio stare โal mio posto di guardia [โal-mฤแนฃรดr]โ, voglio collocarmi โsul luogo di vedetta [โal โmiลกmartรฎ < ลกฤmar]โยป (2,1, trad. Scaiola). ยซSolo il dialogo con Dio, la domanda, lโobiezione, lโatteggiamento di fede, la speranza contro ogni speranza costituiscono la via giusta di interpretazione del corso della storia e dei problemi che poneยป, commenta il grande esegeta spagnolo L. Alonso Schรถkel.
YHWH, sordo e inerte di fronte alla violenza?
Abacuc รจ sconvolto nellโintimo dallo scandalo che la sua fede subisce di fronte allโapparente โsorditร โ di YHWH ai suoi appelli. Il profeta chiede aiuto, perchรฉ รจ stanco di denunciare al suo Dio la โviolenza/แธฅฤmฤsโ che dilaga nel paese, senza che YHWH intervenga a salvare (welลโ tรดลกรฎaโ [< yฤลกaโ])! (cf. Ab 1,2).
La โviolenzaโ รจ un termine che intende abbracciare ed esprimere tutte le forme del male presenti nel paese, ridotte alla loro radice comune. E il profeta continua la sua accusa a YHWH: ยซPerchรฉ mi fai vedere โlโiniquitร [โฤwen]โ e guardi senza reagire lโoppressione [โฤmฤl]? Assisto a rapine e violenze, nascono risse e le discordie cresconoยป (Ab 1,3, trad. Scaiola).
ยซFino a quando, YHWH, chiederรฒ aiuto senza che tu mi ascolti?ยป รจ lโattacco della requisitoria che Abacuc rivolge a YHWH subito dopo il titolo del suo libro (Ab 1,1). Egli denuncia lโapparente silenzio, il distacco, lโinazione di YHWH di fronte allโenormitร dei mali piรน vari che distruggono il tessuto sociale del paese.
Un โmalvagio/rฤลกฤhโ sta travolgendo la vita della gente, intorpidendo la legge, facendo sparire il diritto e intrappolando il giusto (cf. Ab 1,4). Sembra che non si tratti di un popolo straniero, ma degli israeliti intesi in senso collettivo. Un popolo diviso in se stesso, che si scarnifica con parole e azioni violente, dimenticando il dialogo sociale e la giustizia umana minimale stabilita dai codici per proteggere lo svolgersi sereno della vita comunitaria.
Violenza e caos, smarrimento dei riferimenti giuridici minimali, atmosfera di tutti contro tutti, con i potenti che la fanno da padroni. Stravolgimento delle regole del buon vivere, rovina del tessuto di convivenza sociale con violenze verbali, insulti, minacce, ingiustizie sociali ed economiche ingiustificabili e insopportabiliโฆ
Un ritratto purtroppo attualissimo, a livello nazionale e internazionale.
Non tarderร !
In Ab 1,5-11 arriva la prima risposta di YHWH al lamento di Abacuc: il malvagio sarร punito. Abacuc perรฒ non demorde, e stavolta il suo lamento riguarda la natura oppressiva dei babilonesi (1,12-17). YHWH non fa mancare una seconda risposta (2,1-4): una replica alla sua โrecriminazione/โal-tรดkaแธฅtรฎโ espressa in un soliloquio del profeta che dร voce alle sue parole tra visione e parola scritta.
Il profeta-sentinella deve mettere per iscritto il contenuto della โvisione/แธฅฤzรดnโ della quale YHWH lo rende partecipe. In antico il profeta veniva chiamato anche โveggente/แธฅลzehโ, spesso con significato negativo: cf. 2Sam 24,11: Gad il profeta โveggenteโ al servizio di Davide; 2Re 17,13: di continuo profeti e veggenti inviati da YHWH avevano scongiurato il popolo โ inascoltati โ perchรฉ si convertisse; Is 29,10: YHWH ha chiuso gli occhi di Gerusalemme โ cioรจ i suoi profeti โ, ha velato i suoi โcapi/rฤโลกรชkemโ โ cioรจ, i suoi veggenti; 30,10; Am 7,12: titolo spregiativo con cui nella cappella regale di Samaria il sacerdote-profeta di corte Amasia etichetta il profeta Amos, invitandolo a tornarsene immediatamente a casa sua e a profetizzare lร per guadagnarsi il pane; Mi 3,7: YHWH condanna i profeti/veggenti che emettono i loro oracoli solo quando hanno qualcosa sotto i denti da masticare, cf. v. 5).
Abacuc รจ invitato da YHWH a metter per iscritto il contenuto della visione, perchรฉ essa รจ puntata verso un โtermine preciso/mรดโฤdโ e tende โal suo compimento/fine/laqqฤแนฃโ. Il termine qฤแนฃ ha un significato escatologico. Deve ancora compiersi, รจ imprevedibile nel suo compimento temporale, che puรฒ subire una piรน o meno lunga dilazione. Lโimpegno di YHWH รจ perรฒ certo nella realizzazione del suo contenuto. Cf. il termine qฤแนฃ in Gen 4,3; 8,6; 41,1; Es 12,41; Ez 35,5.
Lโesperienza concreta di Abacuc รจ dura, sconcertante. Perรฒ la ยซvisione non mente, nonostante le apparenze contrarie che potrebbero far sorgere interrogativi circa la sua veridicitร โฆ[รจ] il paradosso della fede: da un punto di vista umano, infatti, la visione sembra ritardare il suo compimento a motivo del lungo intervallo che richiede, ma, dal punto di vista di Dio, la certezza di un tale compimento รจ assoluta, non puรฒ essere messa in discussioneยป (D. Scaiola).
Il giusto per la sua fedeltร vivrร
Al compimento del contenuto della visione รจ collegato perรฒ strettamente un aspetto antropologico, che riguarda il duplice atteggiamento che lโuomo puรฒ prendere come stile di vita di fronte a YHWH e alle sue promesse.
Ci troviamo al detto molto celebre di Ab 2,4, โpescatoโ anche dallโapostolo Paolo quale prova scritturistica principe della tesi fondamentale che egli espone nella sua Lettera ai Romani (Rm 1,16-17).
Il primo atteggiamento che lโuomo puรฒ assumere come stile di vita รจ quello dellโarroganza.
Ab 2,4a di solito รจ tradotto: ยซEcco, soccombe colui che non ha lโanimo rettoยป (cf. CEI 2008). Questa traduzione non si basa sul testo ebraico, ma su quello greco della LXX. Invece di tradurre il verbo raro โโpl/essere gonfioโ, che compare solo unโaltra volta in Nm 14,34, la LXX ha tradotto lโaltro verbo, piรน comune, โโlp/venir menoโ: hyposteilฤtai. Scelta voluta o errore scribale, la traduzione si รจ imposta nella traduzione ebraica e in quella cristiana.
Ab 2,4b รจ normalmente tradotto: ยซmentre il giusto vivrร per la sua fedeยป. In questa traduzione il versetto assume la forma di una massima sapienziale che esprime la dottrina tradizionale della retribuzione, secondo la quale lโempio viene punito mentre il giusto riceve vita grazie alla sua onestร .
Dove sarebbe la โnovitร โ dellโoracolo tradizionale di Abacuc? Sarebbe data dal contesto in cui risuona, cioรจ il problema della teodicea, vale a dire il problema dellโagire storico di Dio che sembra smentire le sue promesse. Poter ribadire la fede tradizionale in tale contesto sarebbe giร una novitร . Il giusto riceve la ricompensa perchรฉ rimane fedele alla Torah e non adotta uno stile arrogante tipico dei furbi, dei violenti, dei forti, dei โrampantiโ che invece sono destinati a venir meno (cf. Sal 1,6).
La versione tradizionale mette dunque in risalto il fatto che il giusto vive, mentre lโempio soccombe.
- Scaiola suggerisce di tradurre invece Ab 2,4 nei termini seguenti: ยซecco, รจ gonfia di orgoglio, non รจ retta in lui la sua coscienza/hinnฤh โuplฤh lลโ yฤลกฤr napลกรด bรด, ma il giusto per la sua fedeltร /weแนฃaddรฎq beโฤmรปnฤtรด yiแธฅyehยป.
Abacuc contrappone ยซdue tipi di persone โ commenta la studiosa โ: da una parte, chi si gonfia di orgoglio, il presuntuoso, dallโaltra, chi obbedisce al Signore e confida in lui. Costui vivrร , anche se apparentemente la sua scelta non riceverร un premio esteriore, non sarร indicata cioรจ dagli status simbols tradizionali (figli, ricchezza, lunga vita ecc.). Al contrario, questo giusto potrebbe addirittura essere ucciso, senza che Dio intervenga a salvarloยป (Scaiola 2011).
Il giusto vivrร della sua โฤmรปnฤh. Tradotto normalmente con โfedeโ, il termine ha un significato etimologico piรน ampio, a partire dal suo significato di โstabilitร โ.
Lasciando ampiamente spazio alle parole della specialista D. Scaiola si puรฒ dire che la โฤmรปnฤh ยซsi identifica con un modo di agire che scaturisce da una stabilitร interiore: รจ, nello stesso tempo, unโattitudine interiore e una condotta esteriore che da essa deriva e che ne diventa espressione, traducendola in un comportamento, caratterizzato da affidabilitร , coscienza, sinceritร , stabilitร . A differenza dellโuomo orgoglioso, lโuomo giusto โ il credente โ non confida in sรฉ o nelle sue personali risorse per sostenere la sua esistenza ma accetta di affidarsi a Dio, mettendo la propria vita nelle sue mani, confidando nel fatto che Egli le darร compimento. La fede cosรฌ concepita รจ connessa alla fedeltร , nel senso che si riferisce a un comportamento stabile, non occasionale; esprime una convinzione che non teme smentite di carattere empirico, storico, e che nemmeno la prova piรน difficile da superare, quella della sofferenza, riesce a scalfireยป (Scaiola 2013).
Lo stile di vita di colui che assume come sentimento intimo e come atteggiamento esterno quello di una fedeltร stabile a Dio รจ โgiustoโ, si rapporta cioรจ in modo corretto con YHWH, al quale รจ legato da un rapporto di alleanza. La fedeltร allโalleanza รจ ciรฒ che la Bibbia chiama โgiustizia/แนฃedฤqฤh.
Fedeltร di chi?
Il testo ebraico di Ab 2,4 esprime la convinzione che il giusto โper la sua fedeltร vivrร / beโฤmรปnฤtรด yiแธฅyehโ.
La traduzione greca dei LXX punta invece sulla fedeltร di Dio alla sua alleanza con lโuomo credente: ยซil giusto per la mia fedeltร vivrร /ho de dikaios ek pisteลs mou zฤsetaiยป (Ab 2,4LXX).
Nella sua citazione di fondamentale importanza per la sua dimostrazione teologica della Lettera ai Romani, Paolo sopprime lโaggettivo possessivo espresso col pronome personale ed enuncia in tal modo unโaffermazione generale nella quale la pistis/fede/fedeltร puรฒ essere collegata sia a Dio che allโuomo: ยซil giusto per la fede vivrร /ho de dikaios ek pisteลs zฤsetaiยป (Rm 1,17).
Dal silenzio la fede
Dalla profonditร della storia, da un profeta a noi completamente sconosciuto come Abacuc arriva lโaffermazione radicale della fede ebraica e cristiana.
Lโurlo di fronte alle ingiustizie storiche, al male compiuto dagli uomini e in ogni caso presente nel mondo si scontra con lโapparente silenzio e inazione di Dio.
Abacuc ha avuto il coraggio โ e lโispirazione (divina) โ di urlare la domanda accorata dellโuomo di ogni tempo, ricevendo la risposta โimpegnativaโ di YHWH. Questa non esautora lโuomo dalla sua piรน alta dignitร , cioรจ la fede/fedeltร : โil giusto per la sua fedeltร vivrร โ.
La vita sgorga dalla fedeltร vissuta dallโuomo che si affida a Colui che gli รจ alleato fedele in ogni caso, senza se e senza ma.
Aggiungici fede!
Nel commento a Lc 15,1-32 letto nella XXIV domenica per annum C riportavamo la struttura retorico-letteraria proposta da R. Meynet per la sezione 15,1โ17,10. In essa la prima sezione 15,1-32 era posta in relazione con lโultima delle sottosequenze estreme dello schema concentrico, Lc 17,1-10:
Accogliere il fratello peccatore che si pente
Tornato dal lavoro dei campi,
non inorgoglirsi di non aver disobbedito ai comandamenti del padre (15,1-32)
Perdonare il fratello che si pente
Tornato dal lavoro dei campi,
non inorgoglirsi di aver fatto ciรฒ che era comandato (17,1-10).
Va notato perรฒ che, mentre nel primo caso i temi evidenziati si mescolano nel testo, in 17,1-10 sono ben distinti: perdonare il fratello che si pente (vv. 1-4), richiesta della fede (vv. 4-5), non inorgoglirsi solo per aver fatto ciรฒ che era stato comandato (vv. 6-10).
Gesรน comanda ai discepoli di non procurare scandali/inciampi alla fede dei piccoli, cioรจ dei fratelli che hanno appena iniziato il cammino della sequela. In ogni caso, รจ necessario perdonare al fratello che pecca.
Per non cadere nel peccato e nellโorgoglio, per non scandalizzare e, ancora piรน, per avere la capacitร di perdonare il fratello, occorre avere molta fede in Dio, tale da ottenere da lui che un albero sia sradicato (ekrizลthฤti) e trapiantato nel mare. Il comando รจ espresso con un imperativo aoristo passivo (passivum divinum!).
Per perdonare รจ necessaria una fede carismatica enorme, ben piรน grande di quella donata a tutti nel battesimo (cf. 1Cor 12,9, inteso perรฒ con A. Vanhoye in senso distributivo e non generalizzante): fede carismatica, non puramente battesimale. Non una fede spettacolarizzante, esibizionistica e miracolistica. Gesรน ha respinto fin dagli inizi della sua attivitร pubblica questa duplice grave tentazione diabolica, oltre a quella del potere esercitato in modo oppressivo (cf. Lc 4,1-13). Occorre una fede che ottenga da Dio lo sradicamento e il trapianto non tanto di alberi, quanto dellโorgoglio e della durezza di cuore che impedisce il perdono e causa lo โscandalo/inciampoโ per la fede dei โpiccoliโ.
Gli apostoli percepiscono la necessitร che il Signore Gesรน aggiunga ulteriore fede a quella limitata da essi posseduta in quel momento: โAggiungici fede/prothes hฤmin pistinโ. Espresso con un imperativo aoristo, lโappello accorato degli apostoli chiede al Signore questa azione โ questa sola, e non unโaltra โ, e che egli inizi subito a compiere ciรฒ che viene a lui richiesto con intensitร (aoristo ingressivo).
Grazia al servo?
Per perdonare ai fratelli occorre fede gratuita verso il Padre, affidamento estroflesso verso di lui, fonte di grazia e di capacitร di perdono.
Per perdonare occorre aver fatto esperienza della grazia preveniente gratuita del Padre. Unโesperienza di fede e di grazia gratuita.
Il breve racconto parabolico di Gesรน illumina splendidamente le sue parole.
Il servo che torna a casa dopo il lavoro compiuto nei campi non puรฒ pretendere assolutamente che il padrone gli sia grato, che verso di lui โabbia grazia/mฤ charin echeiโ โ la particella interrogativa mฤ richiede tassativamente una risposta negativa โ, tanto da invitarlo con tre parole a stendersi immediatamente (a tavola) con lui: โPresto, vieni qui e sdraiati (a tavola)/Eutheลs apelthลn anepeseโ? Non gli chiederร invece, come sempre, di servirlo prima a puntino per la cena, immediatamente, anche se รจ appena tornato stanco dal lavoro? Sarร forse tenuto il padrone ad avere un atteggiamento grazioso/grato/gratuito (charin echei) verso il servo solo perchรฉ ha fatto ciรฒ che gli era stato ordinato? Assolutamente no!
Il padrone di casa non รจ tenuto ad alcun atteggiamento di gratuitร verso il suo servo stanco del lavoro.
Ma il padrone di casa non รจ immediatamente uguale al Padre dei discepoli che รจ nei cieli e nemmeno a Gesรน che viene col suo Regno!
Gesรน ha giร insegnato infatti che alla fine dei tempi lui, il Signore, il Figlio di Dio risorto, passerร a servire i suoi discepoli che gli sono rimasti fedeli e vigilanti: ยซSi cingerร , e li farร sdraiare (a tavola) e passerร a servirli/perizลsetai kai anaklinei autous kai parelthลn diakonฤsei autousยป (Lc 12,37).
Le parabole insegnano a cosa puรฒ essere assimilato il regno dei cieli, il Padre, Gesรน risorto ma insegnano spesso anche a che cosa il Regno/il Signore/Dio non assomiglia assolutamente!
Per perdonare occorre una grande fede piena di grazia di Dio.
A differenza totale dei padroni di questo mondo โ non tenuti per nulla a essere grati di alcunchรฉ ai propri servi โ il Dio di Gesรน e dei discepoli รจ un Dio di grazia che passa a servire i suoi figli, โserviโ fedeli e vigilanti del suo figlio Gesรน.
Grazia al servo? Si!
In Dio cโรจ grazia totale.
Senza pretese
Nel discepolo/servo ci deve essere perรฒ, da parte sua, unโassoluta gratuitร nel servizio, lโassenza totale di atteggiamenti di pretesa di riconoscimento da parte del Padre/di Gesรน risorto per il lavoro fatto.
La vita cristiana, il discepolato, la testimonianza missionaria, la grazia ricevuta โ vissuta e donata โ non dร adito ad alcun atteggiamento di pretesa da parte dei discepoli verso il Padre. Ciรฒ che hanno vissuto nel servizio รจ consequenzialitร vitale del dono filiale e discepolare ricevuto, lโunica risposta possibile e attesa dal Padre alla vita ricevuta dal discepolo per grazia.
Grazia ricevuta, grazia donata.
Dopo aver fatto tutto quello che ci era stato comandato di fare, siamo ancora noi a dover dare grazia a te, o Padre.
Non siamo โservi inutili/douloi achreioiโ.
Siamo solo servi/figli utilissimi, ma senza pretese.
Per perdonare occorre fede estroflessa piena di grazia.
Dio Padre dei discepoli di Gesรน รจ fonte perenne di grazia gratuita e immeritata per i suoi servi/figli.
Avvolti da unโaura di grazia, i servi/figli โ utilissimi ma fragilissimi โ vivono al massimo la vita ricevuta (โtutto ciรฒ che ci era stato comandato/panta ta diatachthentaโ; โciรฒ che dovevamo fare/ho ลpheilomen poiฤsai)โ.
Nella grazia niente รจ pretesa, tutto รจ gratuito.
Perdono, fede, vita filiale.
Commento a cura di padre Roberto Mela scj
Fonte del commento: Settimana News