Commento al Vangelo del 6 Ottobre 2019 โ€“ p. Roberto Mela scj

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Il โ€œbasilicoโ€ interpella YHWH

ยซAbacuc รจ uno dei profeti di cui sappiamo menoยป (L. Alonso Schรถkel). Di lui non si sa lโ€™epoca in cui visse. Le date proposte per la composizione del libro vanno dal 701 a.C. al 330 a.C. Probabilmente visse perรฒ nel regno di Giuda al tempo di Ioiakรฌm (605-598, oppure 608-597), un re odioso e inetto che si rese inviso ai suoi sudditi per la politica dispotica che caratterizzรฒ il suo regno (cf. Ger 22,13-17). Non si sa nulla neppure della cittร  di provenienza e del lavoro da lui svolto. Nel libro viene detto due volte nฤbรฎโ€™ (1,1; 3,1).

โ€œAbacuc/แธคabaqqรปqโ€ รจ un nome unico nellโ€™AT. La forma รจ simile allโ€™arabo แธฅabaqฤซq (โ€œbasilicoโ€) o โ€œแธฅabaq/menta acquaticaโ€. Forse, a partire dallโ€™accadico, indica una pianta da giardino. La radice ebraica แธฅbq indica invece โ€œabbracciareโ€. I traduttori greci della LXX hanno avuto difficoltร  a comprendere il nome e lo modificarono leggermente in Ambakoum. Un racconto midrashico lo fa lโ€™eroe che visita Daniele nella fossa dei leoni.

In Ab 3,1 si titola la pericope che segue: ยซPreghiera del profeta Abacuc โ€œsul tono delle lamentazioni/โ€˜al ลกigyลnรดtโ€ยป. La radice ebraica ลกgh significa โ€œerrareโ€, โ€œperdersiโ€, โ€œnon camminare dirittoโ€, โ€œcommettere un erroreโ€. Il termine ลกigyลnรดt potrebbe allora ยซriferirsi a cose che sono andate male e che hanno bisogno di essere rese miglioriยป (Donatella Scaiola, che seguiamo in queste note, รจ la migliore specialista italiana sul Libro dei Dodici, i cosiddetti โ€œProfeti Minoriโ€, considerati in antichitร  come un unico libro; cf. il suo commentario a Naum, Abacuc e Sofonia, ed. San Paolo, Cinisello B. 2013 [collana NVBTA 16] e il suo volume di commento a tutti i โ€œProfeti minoriโ€: I Dodici Profeti: perchรฉ โ€œMinori?โ€. Esegesi e teologia [Collana Biblica s.n.], EDB, Bologna 2011).

Le due parti del libro (Ab 1โ€“2 e 3) sono introdotte ciascuna da un titolo (1,1 e 3,1). La prima parte (1,2โ€“2,6a) contiene due dialoghi tra il profeta e YHWH. Abacuc dapprima si lamenta (1,2-4) e poi supplica il Signore (1,12-17). YHWH gli risponde entrambe le volte (1,5-11 e 2,1-4). Segue una serie cinque โ€œguai/hรดyโ€ (2,5-20: vv. 6b-8.9-11.12-14.15-17.18-20).

La vedetta aspetta la replica

Dopo il titolo (3,1), la seconda parte (3,2-19) comprende una preghiera, che potrebbe esse stata unโ€™aggiunta al libro originario, ma che รจ molto importante per la forma finale del libro. ยซDopo che Abacuc ha presentato a Dio la sua visione della realtร , nel c. 3 attesta la sua fede lodando il Signore, nonostante gli interrogativi che il dilagare dellโ€™ingiustizia a livello sociale e internazionale pone al credente. Difficile, per Abacuc, come per altri personaggi biblici, รจ conciliare fede e vita, si potrebbe dire, cioรจ comprendere il modo in cui Dio agisce (o il motivo per cui non interviene) nella storiaยป (D. Scaiola).

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Abacuc interpella YHWH, senza accontentarsi delle risposte elaborate dalla tradizione. ยซTu, che hai gli occhi troppo puri per vedere il male e non puoi guardare lโ€™oppressione, perchรฉ stai a guardare i traditori, โ€œtaci [taแธฅฤƒrรฎลก]โ€ quando il malvagio ingoia chi รจ piรน giusto di lui?ยป, si lamenta il profeta (1,13, tr. Scaiola).

La domanda angosciata รจ stata lanciata, la sentinella aspetta la risposta: ยซVoglio stare โ€œal mio posto di guardia [โ€˜al-mฤแนฃรดr]โ€, voglio collocarmi โ€œsul luogo di vedetta [โ€˜al โ€“miลกmartรฎ < ลกฤmar]โ€ยป (2,1, trad. Scaiola). ยซSolo il dialogo con Dio, la domanda, lโ€™obiezione, lโ€™atteggiamento di fede, la speranza contro ogni speranza costituiscono la via giusta di interpretazione del corso della storia e dei problemi che poneยป, commenta il grande esegeta spagnolo L. Alonso Schรถkel.

YHWH, sordo e inerte di fronte alla violenza?

Abacuc รจ sconvolto nellโ€™intimo dallo scandalo che la sua fede subisce di fronte allโ€™apparente โ€œsorditร โ€ di YHWH ai suoi appelli. Il profeta chiede aiuto, perchรฉ รจ stanco di denunciare al suo Dio la โ€œviolenza/แธฅฤmฤsโ€ che dilaga nel paese, senza che YHWH intervenga a salvare (welลโ€™ tรดลกรฎaโ€˜ [< yฤลกaโ€˜])! (cf. Ab 1,2).

La โ€œviolenzaโ€ รจ un termine che intende abbracciare ed esprimere tutte le forme del male presenti nel paese, ridotte alla loro radice comune. E il profeta continua la sua accusa a YHWH: ยซPerchรฉ mi fai vedere โ€œlโ€™iniquitร  [โ€™ฤwen]โ€ e guardi senza reagire lโ€™oppressione [โ€˜ฤmฤl]? Assisto a rapine e violenze, nascono risse e le discordie cresconoยป (Ab 1,3, trad. Scaiola).

ยซFino a quando, YHWH, chiederรฒ aiuto senza che tu mi ascolti?ยป รจ lโ€™attacco della requisitoria che Abacuc rivolge a YHWH subito dopo il titolo del suo libro (Ab 1,1). Egli denuncia lโ€™apparente silenzio, il distacco, lโ€™inazione di YHWH di fronte allโ€™enormitร  dei mali piรน vari che distruggono il tessuto sociale del paese.

Un โ€œmalvagio/rฤลกฤhโ€ sta travolgendo la vita della gente, intorpidendo la legge, facendo sparire il diritto e intrappolando il giusto (cf. Ab 1,4). Sembra che non si tratti di un popolo straniero, ma degli israeliti intesi in senso collettivo. Un popolo diviso in se stesso, che si scarnifica con parole e azioni violente, dimenticando il dialogo sociale e la giustizia umana minimale stabilita dai codici per proteggere lo svolgersi sereno della vita comunitaria.

Violenza e caos, smarrimento dei riferimenti giuridici minimali, atmosfera di tutti contro tutti, con i potenti che la fanno da padroni. Stravolgimento delle regole del buon vivere, rovina del tessuto di convivenza sociale con violenze verbali, insulti, minacce, ingiustizie sociali ed economiche ingiustificabili e insopportabiliโ€ฆ

Un ritratto purtroppo attualissimo, a livello nazionale e internazionale.

Non tarderร !

In Ab 1,5-11 arriva la prima risposta di YHWH al lamento di Abacuc: il malvagio sarร  punito. Abacuc perรฒ non demorde, e stavolta il suo lamento riguarda la natura oppressiva dei babilonesi (1,12-17). YHWH non fa mancare una seconda risposta (2,1-4): una replica alla sua โ€œrecriminazione/โ€˜al-tรดkaแธฅtรฎโ€ espressa in un soliloquio del profeta che dร  voce alle sue parole tra visione e parola scritta.

Il profeta-sentinella deve mettere per iscritto il contenuto della โ€œvisione/แธฅฤzรดnโ€ della quale YHWH lo rende partecipe. In antico il profeta veniva chiamato anche โ€œveggente/แธฅลzehโ€, spesso con significato negativo: cf. 2Sam 24,11: Gad il profeta โ€œveggenteโ€ al servizio di Davide; 2Re 17,13: di continuo profeti e veggenti inviati da YHWH avevano scongiurato il popolo โ€“ inascoltati โ€“ perchรฉ si convertisse; Is 29,10: YHWH ha chiuso gli occhi di Gerusalemme โ€“ cioรจ i suoi profeti โ€“, ha velato i suoi โ€œcapi/rฤโ€™ลกรชkemโ€ โ€“ cioรจ, i suoi veggenti; 30,10; Am 7,12: titolo spregiativo con cui nella cappella regale di Samaria il sacerdote-profeta di corte Amasia etichetta il profeta Amos, invitandolo a tornarsene immediatamente a casa sua e a profetizzare lร  per guadagnarsi il pane; Mi 3,7: YHWH condanna i profeti/veggenti che emettono i loro oracoli solo quando hanno qualcosa sotto i denti da masticare, cf. v. 5).

Abacuc รจ invitato da YHWH a metter per iscritto il contenuto della visione, perchรฉ essa รจ puntata verso un โ€œtermine preciso/mรดโ€˜ฤ“dโ€ e tende โ€œal suo compimento/fine/laqqฤ“แนฃโ€. Il termine qฤ“แนฃ ha un significato escatologico. Deve ancora compiersi, รจ imprevedibile nel suo compimento temporale, che puรฒ subire una piรน o meno lunga dilazione. Lโ€™impegno di YHWH รจ perรฒ certo nella realizzazione del suo contenuto. Cf. il termine qฤ“แนฃ in Gen 4,3; 8,6; 41,1; Es 12,41; Ez 35,5.

Lโ€™esperienza concreta di Abacuc รจ dura, sconcertante. Perรฒ la ยซvisione non mente, nonostante le apparenze contrarie che potrebbero far sorgere interrogativi circa la sua veridicitร โ€ฆ[รจ] il paradosso della fede: da un punto di vista umano, infatti, la visione sembra ritardare il suo compimento a motivo del lungo intervallo che richiede, ma, dal punto di vista di Dio, la certezza di un tale compimento รจ assoluta, non puรฒ essere messa in discussioneยป (D. Scaiola).

Il giusto per la sua fedeltร  vivrร 

Al compimento del contenuto della visione รจ collegato perรฒ strettamente un aspetto antropologico, che riguarda il duplice atteggiamento che lโ€™uomo puรฒ prendere come stile di vita di fronte a YHWH e alle sue promesse.

Ci troviamo al detto molto celebre di Ab 2,4, โ€œpescatoโ€ anche dallโ€™apostolo Paolo quale prova scritturistica principe della tesi fondamentale che egli espone nella sua Lettera ai Romani (Rm 1,16-17).

Il primo atteggiamento che lโ€™uomo puรฒ assumere come stile di vita รจ quello dellโ€™arroganza.

Ab 2,4a di solito รจ tradotto: ยซEcco, soccombe colui che non ha lโ€™animo rettoยป (cf. CEI 2008). Questa traduzione non si basa sul testo ebraico, ma su quello greco della LXX. Invece di tradurre il verbo raro โ€œโ€˜pl/essere gonfioโ€, che compare solo unโ€™altra volta in Nm 14,34, la LXX ha tradotto lโ€™altro verbo, piรน comune, โ€œโ€˜lp/venir menoโ€: hyposteilฤ“tai. Scelta voluta o errore scribale, la traduzione si รจ imposta nella traduzione ebraica e in quella cristiana.

Ab 2,4b รจ normalmente tradotto: ยซmentre il giusto vivrร  per la sua fedeยป. In questa traduzione il versetto assume la forma di una massima sapienziale che esprime la dottrina tradizionale della retribuzione, secondo la quale lโ€™empio viene punito mentre il giusto riceve vita grazie alla sua onestร .

Dove sarebbe la โ€œnovitร โ€ dellโ€™oracolo tradizionale di Abacuc? Sarebbe data dal contesto in cui risuona, cioรจ il problema della teodicea, vale a dire il problema dellโ€™agire storico di Dio che sembra smentire le sue promesse. Poter ribadire la fede tradizionale in tale contesto sarebbe giร  una novitร . Il giusto riceve la ricompensa perchรฉ rimane fedele alla Torah e non adotta uno stile arrogante tipico dei furbi, dei violenti, dei forti, dei โ€œrampantiโ€ che invece sono destinati a venir meno (cf. Sal 1,6).

La versione tradizionale mette dunque in risalto il fatto che il giusto vive, mentre lโ€™empio soccombe.

  1. Scaiola suggerisce di tradurre invece Ab 2,4 nei termini seguenti: ยซecco, รจ gonfia di orgoglio, non รจ retta in lui la sua coscienza/hinnฤ“h โ€˜uplฤh lลโ€™ yฤลกฤr napลกรด bรด, ma il giusto per la sua fedeltร /weแนฃaddรฎq beโ€™ฤ•mรปnฤtรด yiแธฅyehยป.

Abacuc contrappone ยซdue tipi di persone โ€“ commenta la studiosa โ€“: da una parte, chi si gonfia di orgoglio, il presuntuoso, dallโ€™altra, chi obbedisce al Signore e confida in lui. Costui vivrร , anche se apparentemente la sua scelta non riceverร  un premio esteriore, non sarร  indicata cioรจ dagli status simbols tradizionali (figli, ricchezza, lunga vita ecc.). Al contrario, questo giusto potrebbe addirittura essere ucciso, senza che Dio intervenga a salvarloยป (Scaiola 2011).

Il giusto vivrร  della sua โ€™ฤ•mรปnฤh. Tradotto normalmente con โ€œfedeโ€, il termine ha un significato etimologico piรน ampio, a partire dal suo significato di โ€œstabilitร โ€.

Lasciando ampiamente spazio alle parole della specialista D. Scaiola si puรฒ dire che la โ€™ฤ•mรปnฤh ยซsi identifica con un modo di agire che scaturisce da una stabilitร  interiore: รจ, nello stesso tempo, unโ€™attitudine interiore e una condotta esteriore che da essa deriva e che ne diventa espressione, traducendola in un comportamento, caratterizzato da affidabilitร , coscienza, sinceritร , stabilitร . A differenza dellโ€™uomo orgoglioso, lโ€™uomo giusto โ€“ il credente โ€“ non confida in sรฉ o nelle sue personali risorse per sostenere la sua esistenza ma accetta di affidarsi a Dio, mettendo la propria vita nelle sue mani, confidando nel fatto che Egli le darร  compimento. La fede cosรฌ concepita รจ connessa alla fedeltร , nel senso che si riferisce a un comportamento stabile, non occasionale; esprime una convinzione che non teme smentite di carattere empirico, storico, e che nemmeno la prova piรน difficile da superare, quella della sofferenza, riesce a scalfireยป (Scaiola 2013).

Lo stile di vita di colui che assume come sentimento intimo e come atteggiamento esterno quello di una fedeltร  stabile a Dio รจ โ€œgiustoโ€, si rapporta cioรจ in modo corretto con YHWH, al quale รจ legato da un rapporto di alleanza. La fedeltร  allโ€™alleanza รจ ciรฒ che la Bibbia chiama โ€œgiustizia/แนฃedฤqฤh.

Fedeltร  di chi?

Il testo ebraico di Ab 2,4 esprime la convinzione che il giusto โ€œper la sua fedeltร  vivrร / beโ€™ฤ•mรปnฤtรด yiแธฅyehโ€.

La traduzione greca dei LXX punta invece sulla fedeltร  di Dio alla sua alleanza con lโ€™uomo credente: ยซil giusto per la mia fedeltร  vivrร /ho de dikaios ek pisteลs mou zฤ“setaiยป (Ab 2,4LXX).

Nella sua citazione di fondamentale importanza per la sua dimostrazione teologica della Lettera ai Romani, Paolo sopprime lโ€™aggettivo possessivo espresso col pronome personale ed enuncia in tal modo unโ€™affermazione generale nella quale la pistis/fede/fedeltร  puรฒ essere collegata sia a Dio che allโ€™uomo: ยซil giusto per la fede vivrร /ho de dikaios ek pisteลs zฤ“setaiยป (Rm 1,17).

Dal silenzio la fede

Dalla profonditร  della storia, da un profeta a noi completamente sconosciuto come Abacuc arriva lโ€™affermazione radicale della fede ebraica e cristiana.

Lโ€™urlo di fronte alle ingiustizie storiche, al male compiuto dagli uomini e in ogni caso presente nel mondo si scontra con lโ€™apparente silenzio e inazione di Dio.

Abacuc ha avuto il coraggio โ€“ e lโ€™ispirazione (divina) โ€“ di urlare la domanda accorata dellโ€™uomo di ogni tempo, ricevendo la risposta โ€œimpegnativaโ€ di YHWH. Questa non esautora lโ€™uomo dalla sua piรน alta dignitร , cioรจ la fede/fedeltร : โ€œil giusto per la sua fedeltร  vivrร โ€.

La vita sgorga dalla fedeltร  vissuta dallโ€™uomo che si affida a Colui che gli รจ alleato fedele in ogni caso, senza se e senza ma.

Aggiungici fede!

Nel commento a Lc 15,1-32 letto nella XXIV domenica per annum C riportavamo la struttura retorico-letteraria proposta da R. Meynet per la sezione 15,1โ€“17,10. In essa la prima sezione 15,1-32 era posta in relazione con lโ€™ultima delle sottosequenze estreme dello schema concentrico, Lc 17,1-10:

Accogliere il fratello peccatore che si pente

Tornato dal lavoro dei campi,

non inorgoglirsi di non aver disobbedito ai comandamenti del padre (15,1-32)

Perdonare il fratello che si pente

Tornato dal lavoro dei campi,

non inorgoglirsi di aver fatto ciรฒ che era comandato (17,1-10).

Va notato perรฒ che, mentre nel primo caso i temi evidenziati si mescolano nel testo, in 17,1-10 sono ben distinti: perdonare il fratello che si pente (vv. 1-4), richiesta della fede (vv. 4-5), non inorgoglirsi solo per aver fatto ciรฒ che era stato comandato (vv. 6-10).

Gesรน comanda ai discepoli di non procurare scandali/inciampi alla fede dei piccoli, cioรจ dei fratelli che hanno appena iniziato il cammino della sequela. In ogni caso, รจ necessario perdonare al fratello che pecca.

Per non cadere nel peccato e nellโ€™orgoglio, per non scandalizzare e, ancora piรน, per avere la capacitร  di perdonare il fratello, occorre avere molta fede in Dio, tale da ottenere da lui che un albero sia sradicato (ekrizลthฤ“ti) e trapiantato nel mare. Il comando รจ espresso con un imperativo aoristo passivo (passivum divinum!).

Per perdonare รจ necessaria una fede carismatica enorme, ben piรน grande di quella donata a tutti nel battesimo (cf. 1Cor 12,9, inteso perรฒ con A. Vanhoye in senso distributivo e non generalizzante): fede carismatica, non puramente battesimale. Non una fede spettacolarizzante, esibizionistica e miracolistica. Gesรน ha respinto fin dagli inizi della sua attivitร  pubblica questa duplice grave tentazione diabolica, oltre a quella del potere esercitato in modo oppressivo (cf. Lc 4,1-13). Occorre una fede che ottenga da Dio lo sradicamento e il trapianto non tanto di alberi, quanto dellโ€™orgoglio e della durezza di cuore che impedisce il perdono e causa lo โ€œscandalo/inciampoโ€ per la fede dei โ€œpiccoliโ€.

Gli apostoli percepiscono la necessitร  che il Signore Gesรน aggiunga ulteriore fede a quella limitata da essi posseduta in quel momento: โ€œAggiungici fede/prothes hฤ“min pistinโ€. Espresso con un imperativo aoristo, lโ€™appello accorato degli apostoli chiede al Signore questa azione โ€“ questa sola, e non unโ€™altra โ€“, e che egli inizi subito a compiere ciรฒ che viene a lui richiesto con intensitร  (aoristo ingressivo).

Grazia al servo?

Per perdonare ai fratelli occorre fede gratuita verso il Padre, affidamento estroflesso verso di lui, fonte di grazia e di capacitร  di perdono.

Per perdonare occorre aver fatto esperienza della grazia preveniente gratuita del Padre. Unโ€™esperienza di fede e di grazia gratuita.

Il breve racconto parabolico di Gesรน illumina splendidamente le sue parole.

Il servo che torna a casa dopo il lavoro compiuto nei campi non puรฒ pretendere assolutamente che il padrone gli sia grato, che verso di lui โ€œabbia grazia/mฤ“ charin echeiโ€ โ€“ la particella interrogativa mฤ“ richiede tassativamente una risposta negativa โ€“, tanto da invitarlo con tre parole a stendersi immediatamente (a tavola) con lui: โ€œPresto, vieni qui e sdraiati (a tavola)/Eutheลs apelthลn anepeseโ€? Non gli chiederร  invece, come sempre, di servirlo prima a puntino per la cena, immediatamente, anche se รจ appena tornato stanco dal lavoro? Sarร  forse tenuto il padrone ad avere un atteggiamento grazioso/grato/gratuito (charin echei) verso il servo solo perchรฉ ha fatto ciรฒ che gli era stato ordinato? Assolutamente no!

Il padrone di casa non รจ tenuto ad alcun atteggiamento di gratuitร  verso il suo servo stanco del lavoro.

Ma il padrone di casa non รจ immediatamente uguale al Padre dei discepoli che รจ nei cieli e nemmeno a Gesรน che viene col suo Regno!

Gesรน ha giร  insegnato infatti che alla fine dei tempi lui, il Signore, il Figlio di Dio risorto, passerร  a servire i suoi discepoli che gli sono rimasti fedeli e vigilanti: ยซSi cingerร , e li farร  sdraiare (a tavola) e passerร  a servirli/perizลsetai kai anaklinei autous kai parelthลn diakonฤ“sei autousยป (Lc 12,37).

Le parabole insegnano a cosa puรฒ essere assimilato il regno dei cieli, il Padre, Gesรน risorto ma insegnano spesso anche a che cosa il Regno/il Signore/Dio non assomiglia assolutamente!

Per perdonare occorre una grande fede piena di grazia di Dio.

A differenza totale dei padroni di questo mondo โ€“ non tenuti per nulla a essere grati di alcunchรฉ ai propri servi โ€“ il Dio di Gesรน e dei discepoli รจ un Dio di grazia che passa a servire i suoi figli, โ€œserviโ€ fedeli e vigilanti del suo figlio Gesรน.

Grazia al servo? Si!

In Dio cโ€™รจ grazia totale.

Senza pretese

Nel discepolo/servo ci deve essere perรฒ, da parte sua, unโ€™assoluta gratuitร  nel servizio, lโ€™assenza totale di atteggiamenti di pretesa di riconoscimento da parte del Padre/di Gesรน risorto per il lavoro fatto.

La vita cristiana, il discepolato, la testimonianza missionaria, la grazia ricevuta โ€“ vissuta e donata โ€“ non dร  adito ad alcun atteggiamento di pretesa da parte dei discepoli verso il Padre. Ciรฒ che hanno vissuto nel servizio รจ consequenzialitร  vitale del dono filiale e discepolare ricevuto, lโ€™unica risposta possibile e attesa dal Padre alla vita ricevuta dal discepolo per grazia.

Grazia ricevuta, grazia donata.

Dopo aver fatto tutto quello che ci era stato comandato di fare, siamo ancora noi a dover dare grazia a te, o Padre.

Non siamo โ€œservi inutili/douloi achreioiโ€.

Siamo solo servi/figli utilissimi, ma senza pretese.

Per perdonare occorre fede estroflessa piena di grazia.

Dio Padre dei discepoli di Gesรน รจ fonte perenne di grazia gratuita e immeritata per i suoi servi/figli.

Avvolti da unโ€™aura di grazia, i servi/figli โ€“ utilissimi ma fragilissimi โ€“ vivono al massimo la vita ricevuta (โ€œtutto ciรฒ che ci era stato comandato/panta ta diatachthentaโ€; โ€œciรฒ che dovevamo fare/ho ลpheilomen poiฤ“sai)โ€.

Nella grazia niente รจ pretesa, tutto รจ gratuito.

Perdono, fede, vita filiale.

Commento a cura di padre Roberto Mela scj

Fonte del commento: Settimana News

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