Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 6 ottobre 2019.
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Scorgere Dio nella nostra storia
Nella Bibbia non si dice mai che Abramo sia entrato in un santuario per pregare, eppure egli รจ ritenuto non soltanto il padre dei credenti, ma anche il modello dellโuomo che prega. Se per pregare รจ necessario credere, per credere bisogna pregare.
Tutta la sua vita รจ segnata dalla preghiera: non ha preso alcuna iniziativa se non dopo aver ascoltato la parola del Signore, non ha fatto un passo senza aver ricevuto dal suo Dio lโindicazione del cammino.
La sua storia รจ segnata da un costante dialogo con il Signore: โIl Signore disse ad Abram: vatteneโฆ allora Abram partรฌโ (Gen 12,1.4); โLa parola del Signore fu rivolta ad Abram in visioneโฆ e Abram rispose: Signore che mi darai?โ (Gen 15,1.2); โPoi il Signore apparve a lui alle querce di Mamreโฆ ed egli si prostrรฒ a terraโ (Gen 18,1-3); โDio mise alla prova Abramoโฆ e Abramo rispose: eccomi!โ (Gen 22,1)โฆ
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Questo dialogo ha alimentato la fede di Abramo, lo ha disposto ad accogliere la volontร di Dio, gli ha fatto credere nel suo amore nonostante ogni apparenza contraria.
Molti eventi della nostra vita sono enigmatici, incomprensibili, illogici e sembrano dar ragione a chi dubita che Dio sia presente e accompagni la nostra storia.
In questi momenti la nostra fede รจ messa a dura prova e ci verrebbe spontaneo gridare al Signore e implorare: โAscolta la nostra voce, intendi il nostro lamentoโ.
Egli ascolta sempre la nostra voce, difficile per noi riuscire a percepire la sua.
โFa che noi ascoltiamo Signore la tua voceโ โ รจ lโinvocazione che gli dobbiamo rivolgere.
Apri il nostro cuore, aiutaci a rinunciare alle nostre attese, alle nostre sicurezze, ai nostri progetti e fa che accogliamo i tuoi.
ร questa la fede che salva.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โFaโ che noi ascoltiamo Signore la tua voceโ.
Prima Lettura (Ab 1,2-3; 2,2-4)
1 2 Fino a quando, Signore, implorerรฒ
e non ascolti,
a te alzerรฒ il grido: โViolenza!โ
e non soccorri?
3 Perchรฉ mi fai vedere lโiniquitร
e resti spettatore dellโoppressione?
Ho davanti rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese.
2 2 Il Signore rispose e mi disse:
โScrivi la visione
e incidila bene sulle tavolette
perchรฉ la si legga speditamente.
3 ร una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perchรฉ certo verrร e non tarderร โ.
4 Ecco, soccombe colui che non ha lโanimo retto,
mentre il giusto vivrร per la sua fede.
Abacuc รจ contemporaneo di Geremia. La situazione sociale, politica e religiosa in cui vivono รจ la stessa. Lโiniquitร regna nel paese: โTutti passano da un delitto allโaltroโฆ il fratello inganna il fratelloโฆ Ognuno si beffa del suo prossimo, nessuno dice la veritร โฆ angheria sopra angheria, inganno su ingannoโ (Ger 9,2-5). โDal piรน piccolo al piรน grande, tutti commettono frode; dal profeta al sacerdote tutti praticano la menzognaโ (Ger 8,10). Il re รจ un imbelle, un incapace, ama il lusso, sfrutta gli operai per costruire il suo palazzo, non tutela la causa del povero e del misero (Ger 22,13-17). Le ingiustizie, i soprusi, le prevaricazioni sono sotto gli occhi di tutti e โ questo รจ scandaloso! โ Dio lascia correre. Pare che si disinteressi di ciรฒ che accade sulla terra. Perchรฉ non interviene? Perchรฉ non soccorre gli oppressi?
Attenti, sensibili, spiritualmente maturi, sia Geremia che Abacuc cercano di capire quello che sta accadendo e non temono di aprire un contenzioso con Dio.
Gli chiedono il perchรฉ del suo silenzio e della sua impassibilitร : โTu sei giusto, Signore, e non posso discutere con te. Tuttavia vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Dimmi: perchรฉ gli empi prosperano? Perchรฉ ai malvagi va sempre bene?โ (Ger 12,1).
Anche il popolo vuole una spiegazione, per questo si rivolge ad Abacuc e gli chiede di consultare il Signore. Turbato e confuso, in quella stessa notte il profeta si raccoglie in preghiera e dirige a Dio le domande contenute nella prima parte della lettura di oggi: fino a quando, Signore, continuerai a tacere? Fino a quando tollererai lโingiustizia? Perchรฉ rimani spettatore inerte di fronte alla rapina, alle violenze, alle liti, alle contese? (Ab 1,2-3).
Stupenda la preghiera di Abacuc! Egli ha il coraggio di dire al Signore che non รจ dโaccordo con lui, che non capisce la sua tolleranza nei confronti dei malvagi; reclama per la sua passivitร e il suo silenzio; osa chiedergli conto del suo modo di governare il mondo e gli eventi della storia.
Dopo aver esposto le recriminazioni sue e del popolo, il profeta tace.
Tocca a Dio rispondere, รจ lui che ora รจ chiamato a giustificare il suo operato.
Abacuc rimane in attesa come fanno le sentinelle che scrutano lโorizzonte lontano per scorgere anche il piรน piccolo movimento. Aspetta un segno che preluda a un cambiamento (Ab 2,1).
La risposta del Signore non si fa attendere ed รจ contenuta nella seconda parte della lettura (Ab 2,2-4).
Dio ordina ad Abacuc: prendi nota, scrivi ciรฒ che sto per dire perchรฉ voglio che rimanga documentato (v.2). Ecco la promessa: a breve termine non accadrร nulla, non ci saranno cambiamenti immediati. Passerร un certo tempo prima che giunga la liberazione. Guai perรฒ a scoraggiarsi, diffidare, rassegnarsi allโingiustizia, adeguarsi al comportamento dei malvagi (v.3).
Una risposta sorprendente: Dio non dร alcuna spiegazione, chiede solo fiducia incondizionata. Capisce le rimostranze del profeta e del popolo, sa che non sono in grado di comprendere le ragioni della sua tolleranza, tuttavia assicura che un giorno apparirร a tutti, con chiarezza, ciรฒ che oggi soltanto a lui รจ dato di vedere: lโempio โ che apparentemente prospera โ in realtร sta ponendo le basi della sua rovina. Davanti al giusto, davanti a colui che si fida del Signore, si spalancano invece orizzonti di vita (v.4).
Seconda Lettura (2 Tm 1,6-8.13-14)
Carissimo, 6 ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che รจ in te per lโimposizione delle mie mani. 7 Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. 8 Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, nรฉ di me, che sono in carcere per lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio.
13 Prendi come modello le sane parole che hai udito da me, con la fede e la caritร che sono in Cristo Gesรน. 14 Custodisci il buon deposito con lโaiuto dello Spirito santo che abita in noi.
La seconda lettera a Timoteo รจ diretta soprattutto a coloro che, nella comunitร cristiana, svolgono il ministero della presidenza.
Il nostro brano inizia con lโinvito a Timoteo di โravvivareโ il dono di Dio che gli รจ stato conferito mediante lโimposizione delle mani (v.6).
Il ministero che รจ chiamato a svolgere โ testimoniare la veritร โ richiede forza e coraggio. Timoteo, purtroppo, รจ timido e riservato, tanto che Paolo un giorno deve raccomandare ai corinti di non metterlo in soggezione (1 Cor 16,10), ecco la ragione per cui gli ricorda che lo Spirito รจ fonte di forza, non di timidezza (vv.7-8).
Nella seconda parte della lettura (vv.13-14) per due volte lโApostolo raccomanda a Timoteo โ e indirettamente a tutti gli operatori pastorali delle comunitร โ di conservare integro il deposito della fede.
Alla fine del I secolo d.C. cominciano a infiltrarsi nelle comunitร cristiane dei falsi maestri che diffondono dottrine erronee, bizzarre, fantasiose. Lโadesione a tali false interpretazioni del Vangelo porta a gravi deviazioni sia teologiche sia morali. Coloro che presiedono alla vita della comunitร devono vigilare, proteggere i fedeli particolarmente esposti e tentati di aderire alle nascenti eresie.
La raccomandazione di mantenersi fedeli ai principi della fede non deve essere confusa con lโimmobilismo spirituale. Non รจ un invito a non cambiare nulla nella vita della comunitร . Le interpretazioni nuove e piรน approfondite della Bibbia, le spiegazioni che rendono il Vangelo piรน comprensibile allโuomo dโoggi, non sono deviazioni dalla fede. Le nuove forme liturgiche, i nuovi testi del catechismo, non sono unโinfedeltร alla tradizione.
Il bambino รจ fatto per svilupparsi, crescere, diventare adulto. Gli farebbe violenza chi lo costringesse a rimanere sempre comโรจ.
Anche la parola di Dio deve crescere (At 12,24), anche la fede deve maturare.
ร la fedeltร al Vangelo che esige una continua metamorfosi della mente e del cuore.
Questo cambiamento voluto e guidato dallo Spirito รจ espressione e segno di vita.
Vangelo (Lc 17,5-10)
5 Gli apostoli dissero al Signore: 6 โAumenta la nostra fede!โ. Il Signore rispose: โSe aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.
7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirร quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? 8 Non gli dirร piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finchรฉ io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? 9 Si riterrร obbligato verso il suo servo, perchรฉ ha eseguito gli ordini ricevuti?
10 Cosรฌ anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi รจ stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fareโ.
Il brano del Vangelo che ci viene proposto oggi non รจ fra i piรน facili. Sia la prima parte dove si parla della fede (vv.5-6) che la seconda, dove viene proposta una sconcertante parabola (vv.7-9) sono piuttosto enigmatiche e sollevano interrogativi. Lo stesso discorso vale per il versetto conclusivo (v.10) nel quale anche i discepoli piรน fedeli sono chiamati โservi inutiliโ.
Cominciamo dai prodigi che la fede, anche piccola come un granello di senapa, รจ in grado di produrre. Il detto del Signore รจ introdotto da una richiesta dei discepoli: โAumenta la nostra fedeโ.
ร possibile far crescere la fede? O si crede o non si crede, pensa qualcuno. Allora non ci puรฒ essere un piรน o un meno. Questo sarebbe vero se la fede si riducesse allโassenso dato a un pacchetto di veritร .
In realtร credere non riguarda solo la mente: comporta una scelta concreta, implica la piena e incondizionata fiducia in Cristo e lโadesione convinta alla sua proposta di vita. Stando cosรฌ le cose รจ facile rendersi conto che la fede puรฒ crescere o diminuire. Il cammino al seguito del Maestro a volte รจ piรน spedito, a volte meno, a volte ci si stanca, si rallenta e ci si ferma.
Lโesperienza di una fede incerta e vacillante viene fatta ogni giorno: crediamo in Gesรน, ma non ci fidiamo totalmente di lui, non abbiamo il coraggio di compiere certi passi, di slegarci da certe abitudini, di fare certe rinunce. Ecco la fede che deve rafforzarsi!
La richiesta degli apostoli rivela la convinzione cui essi sono giunti. Si sono resi conto che la maturazione spirituale non รจ frutto del loro sforzo e del loro impegno, ma รจ un dono di Dio, per questo chiedono a Gesรน di renderli piรน decisi, piรน convinti, piรน generosi nella scelta di seguirlo.
Dal contesto si intuisce anche la ragione per cui gli rivolgono questa supplica.
Egli ha prospettato loro il cammino difficile che li attende: dovranno entrare per la porta stretta (Lc 13,24), essere disposti a โodiareโ il padre e la madre (Lc 14,26), rinunciare a tutti i propri beni (Lc 14,33) e โ come รจ scritto nei versetti che precedono immediatamente il nostro brano โ dovranno essere capaci di perdonare senza limiti e senza condizioni (Lc 17,5-6). Davanti a simili richieste รจ comprensibile che si sentano mancare le forze.
La tentazione di rimettere in causa le proprie scelte, di tirarsi indietro รจ grande. Anche a loro, probabilmente, viene da dire, come molti hanno giร fatto: โQuesto linguaggio รจ duro; chi puรฒ intenderlo?โ (Gv 6,60). Temono di non farcela. Ecco allora affiorare spontanea sulla loro bocca lโinvocazione di aiuto: aumenta la nostra fede!.
Invece di esaudirli, Gesรน comincia a descrivere le meraviglie che la fede produce.
Impiega unโimmagine paradossale e molto strana per la nostra cultura: parla di un albero โ non si sa bene se si tratta di un gelso o di un sicomoro โ che puรฒ essere miracolosamente sradicato e piantato in mare.
Se Gesรน si riferisce al sicomoro, allora lโimmagine allude alle radici molto forti e profonde di questa pianta, radici che resistono anche per seicento anni e che sono molto difficili da estirpare dalla terra.
La fede โ dice Gesรน โ รจ capace di realizzare anche lโimpossibile: sradicare un sicomoro o far crescere un gelso nel mare.
Matteo e Marco non parlano di un albero, ma di una montagna che puรฒ essere spostata con la fede (Mt 17,29; Mc 11,23) e questa doveva essere unโimmagine piรน familiare e proverbiale, che viene usata anche da Paolo (1 Cor 13,2). Il messaggio รจ comunque lo stesso e puรฒ essere riassunto con le parole pronunciate da Gesรน in un altro contesto: โTutto รจ possibile per chi credeโ (Mc 9,23).
Viene spontaneo un interrogativo: come mai nessuno ha mai compiuto simili miracoli? Non li hanno fatti nรฉ Gesรน, nรฉ la Madonna, nรฉ Abramo, nรฉ i grandi santi. Non li hanno compiuti โ e non รจ difficile capirlo โ perchรฉ Gesรน stava parlando in modo iperbolico.
I miracoli di cui parla sono quei cambiamenti inattesi che si realizzano in coloro che credono, sono quelle trasformazioni inspiegabili, assolutamente imprevedibili che si verificano nella societร e nel mondo quando ci si fida realmente della parola del Vangelo e la si pone in pratica.
Alcuni esempi ci possono illuminare: di fronte agli odi, ai rancori, ai pregiudizi che hanno caratterizzato i rapporti fra i popoli, chi non ha pensato che si tratti di realtร ineluttabili? Chi non ha pensato che certi conflitti familiari siano insanabili? Chi, almeno una volta, non ha ritenuto che le radici dellโinimicizia siano tanto profonde da non poter essere strappate?
Per chi crede โ dice Gesรน โ non esistono situazioni irrecuperabili. Chi confida nella sua parola sarร testimone di miracoli straordinari e inattesi, vedrร realizzarsi i cambiamenti prodigiosi annunciati dai profeti: il deserto fiorirร (Is 32,15) e la steppa sarร trasformata in un giardino dellโEden (Is 51,3).
A questa affermazione fa seguito una parabola (vv.7-9) che ci lascia un poโ di amarezza e delusione.
Non รจ facile capire perchรฉ Gesรน parli in questo modo.
Racconta di uno schiavo che, dopo una giornata di duro lavoro, torna a casa sfinito e col volto bruciato dal sole. Il padrone, invece di complimentarsi con lui per il servizio reso e di invitarlo a sedersi, a mangiare un boccone, lo apostrofa con durezza: โPrima servi me, dopo, quando io sarรฒ sazio, cenerai anche tuโ.
Siccome il padrone rappresenta Dio ed i servi siamo noi, abbiamo di che preoccuparci: al termine della nostra vita verremo davvero accolti in questo modo?
La parabola sorprende anche perchรฉ, qualche domenica fa, abbiamo sentito Gesรน parlare in modo ben diverso: โBeati quei servi che il padrone al suo ritorno troverร ancora svegli; in veritร vi dico, si cingerร le sue vesti, li farร mettere a tavola e passerร a servirliโ (Lc 12,37). Una scena commovente!
Il paragone usato nel brano di oggi non corrisponde alla nostra attuale sensibilitร , anzi ci irrita. Dobbiamo collocarlo nel contesto culturale del tempo, quando lo schiavo era considerato proprietร del padrone e non poteva avanzare alcuna pretesa.
Gesรน non discute questa situazione, la prende come un dato di fatto.
Un giorno enuncerร i principi innovatori su cui sarร basata la societร nuova da lui proposta.
Ricordiamo il richiamo ai discepoli durante lโultima cena: โI re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse esigono di essere chiamati benefattori. Tra voi non sia cosรฌ; ma il piรน grande tra voi diventi come il piรน piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi รจ piรน grande, chi sta a tavola o chi serve? Non รจ forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serveโ (Lc 22,24-27).
Ora egli non intende affrontare il problema della schiavitรน, si serve solo di un esempio per trasmettere il suo messaggio teologico. Vuole correggere il modo fuorviante in cui i farisei (di allora e di oggi) intendevano il rapporto con Dio.
Le guide spirituali di quel tempo predicavano la religione dei meriti. Dicevano: alla fine della vita, Dio retribuirร in base alle prestazioni di ognuno. Da qui la necessitร di compiere il maggior numero possibile di opere buone: preghiere, digiuni, elemosine, pratiche religiose, sacrifici, osservanza scrupolosa dei comandamenti e dei precetti. Tutto per avere diritto ad una ricompensa maggiore.
Questo modo di intendere il rapporto con il Signore corrisponde perfettamente alla nostra logica.
Ci sembra giusto immaginare un Dio cosรฌ: non ci rendiamo conto che stiamo ragionando esattamente come i farisei.
Lโuomo โ che รจ polvere e cenere โ non puรฒ avanzare alcun diritto davanti a Dio, dal quale riceve tutto gratuitamente.
Questa religione dei meriti รจ deleteria per chi la pratica, instaura rapporti scorretti, improntati ad un sottile egoismo fra gli uomini e deforma il rapporto con Dio.
Non ama realmente colui che compie il bene con lโobiettivo โ nemmeno tanto nascosto โ di accumulare meriti davanti a Dio. Pone ancora se stesso al centro dei propri interessi, aiuta il fratello per migliorare la propria vita spirituale.
Gesรน vuole che il discepolo metta da parte qualunque egoismo, anche spirituale.
Entra nel regno di Dio chi ama in modo incondizionato e gratuito come il Padre che sta nei cieli.
Il guaio maggiore provocato dalla religione dei meriti รจ un altro: riduce Dio alla stregua del ragioniere incaricato di mantenere in ordine i libri contabili e di segnare accuratamente debiti e crediti di ognuno.
La parabola vuole distruggere questa immagine di Dio.
Non ci piace, ci irrita perfino, perchรฉ lโidea che, facendo il bene, acquistiamo meriti davanti a Dio รจ troppo radicata in noi. ร profonda come la radice di un sicomoro!.
Il detto conclusivo โ giร molto duro โ รจ reso anche piรน ostico dal testo italiano che, in modo inesatto, parla di servi inutili. Nessun servo solerte e laborioso puรฒ essere definito inutile. Meglio tradurre: Siamo semplici servi; non abbiamo fatto altro che il nostro dovere (v.10).
Gesรน non intende sottovalutare le opere buone, non disprezza il lavoro dellโuomo nรฉ assume un atteggiamento di supponenza nei confronti di chi si impegna a compiere il bene. Cerca piuttosto di liberare i discepoli da una forma di orgoglio pericolosa per loro e per gli altri: lโautocompiacimento per la propria giustizia, lโostentazione delle propria santitร , lโesibizione della propria condotta impeccabile. Vuole purificare i loro cuori dagli impulsi allโemulazione e alla rivalitร spirituale.
Non bisogna competere per accaparrarsi le predilezioni e lโamore di Dio: di questo amore ce nโรจ in abbondanza per tutti.
Gesรน vuole far capire che il comportamento del fariseo che fa sfoggio dei suoi meriti รจ insensato perchรฉ il bene non รจ opera dellโuomo, ma sempre e tutto dono gratuito di Dio. โChe cosa possiedi โ dice Paolo โ che tu non abbia ricevuto? E se lโhai ricevuto, perchรฉ te ne vanti come se non lโavessi ricevuto?โ (1 Cor 4,7).