“Guai a te…”: è il pianto di Gesù che quest’oggi diventa anche il nostro pianto. Anche Gesù piange, esprime il suo lamento, la sua sofferenza di fronte ad una città e ad un popolo, ad una comunità fatta di uomini e donne, credenti e non credenti. Piange perché vede le loro fatiche, le avversità nelle quali sono coinvolti, gli egoismi e le rivalità che nascono e si incancreniscono per mancanza di amore e non si accorgono dell’amore e della misericordia del Signore che li visita attraverso la sua parola, i suoi gesti, il suo sguardo. Uomini e donne che non sanno accogliere e ascoltare l’annuncio degli apostoli, dei discepoli, della folla innumerevole di testimoni che giorno dopo giorno con la loro vita e con le loro fatiche testimoniano che il Signore è presenza fedele.
L’annuncio della buona notizia è rivolto a tutte le genti: “Andate in tutto il mondo e annunciate il vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15), “fate discepole tutte le genti” (Mt 28,19). Tutti hanno orecchi per sentire, occhi per vedere e labbra per parlare ma non tutti sanno ascoltare in profondità, guardare negli occhi l’altro e dialogare con l’altro. Gesù richiama a questa responsabilità di discepoli inviati: in quanto chiamati alla sua sequela siamo inviati a testimoniare con la nostra stessa vita la sua vita. Accogliere l’annuncio ascoltato richiede conversione, cambiamento di rotta, apertura di sguardo.
Allora possiamo comprendere il versetto in cui si dice “saranno trattate meno duramente di voi” (v. 14).
Tiro e Sidone sono considerate il simbolo dell’idolatria e della non accoglienza, dello sfruttamento dei poveri, non hanno visto i prodigi del Signore, ma hanno ricevuto la misericordia pur non essendosi convertite.
Gesù che ha camminato per le strade polverose delle città di Betsaida e di Cafarnao, lì ha sfamato la gente in ascolto, ha insegnato nella sinagoga, in quelle strade, nelle piazze, nelle case si è fatto prossimo agli ultimi, agli infermi e ai peccatori, è stato cercato, invocato, seguito, eppure non ha trovato accoglienza vera da parte di molti. Il giorno del giudizio è l’oggi, è la quotidianità che ci rende gli occhi ciechi a quello che ci circonda. Questa è la colpa del popolo dei credenti: non aver compreso che la conversione è possibile. E di questo Gesù ne porta la ferita. “Nessun peccato è più grave dell’incredulità al vangelo” (D. Bonhoeffer).
“Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me e colui che mi ha mandato” (v. 16). Il camminare di Gesù e dei settantadue inviati da lui non resta vano: la comunione del Padre nel Figlio è la comunione del Figlio nei discepoli. La parola e l’autorità proclamata dall’inviato trae origine dalla parola stessa di Gesù e quindi da Dio. Questa è la mia responsabilità di testimone: la parola vera che viene da Gesù, dal vangelo, non da se stessi, può fare del singolo ascoltatore una comunione di ascoltatori che si raduna e cammina insieme nella conversione.
sorella Francesca della comunità monastica di Bose
Leggi il brano del Vangelo
Lc 10, 13-16
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse:
«Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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