Commento al Vangelo del 6 novembre 2011 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

UN VASETTO DI SAPIENZA

È bellissima la prima lettura dove si dice che la Sapienza non è difficile da trovare, anzi è lei stessa a venire incontro, a patto che ci sia la volontà di cercarla. Con questo termine si intende molto di più che un semplice sapere, ma piuttosto è uno stile di vita indirizzato alla ricerca della felicità. Se vogliamo la Sapienza dove cercarla? Dice il Siracide (1, 12): Principio della Sapienza è temere il Signore. Ciò significa che la prima cosa da fare è rendersi conto che non siamo padroni della vita e del mondo, ma che la nostra esistenza è un dono che viene da Dio. Il peccato originale è il rifiuto del primato di Dio che Adamo manifesta nel voler essere autonomo nel giudicare il bene e il male. Anche l’uomo di oggi fa così: spesso nega l’esistenza di un Creatore attribuendo al caso la nascita dell’universo e della vita, e crede che la legge morale sia una questione assolutamente soggettiva.

Questa chiusura esclude dalla vita ogni riferimento a un aldilà. È il principio dell’infelicità, perché ogni pretesa di autonomia si infrange contro il limite della morte che è la prova che nessuno è padrone del proprio esistere. Infatti Gesù chiede (Mt 6, 27): chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? È sufficiente allora partire da un atto di umiltà che consiste nel riconoscere che c’è un Dio sopra di noi e che siamo creature. È il principio della Sapienza. Perché bisogna temere il Signore? Si sta come d’autunno, sugli alberi, le foglie, scriveva Ungaretti parlando dei soldati al fronte, ma questa immagine così limpida in realtà ritrae la condizione di ogni uomo, il cui essere in vita è un miracolo. Basta un piccolo squilibrio all’interno del corpo o nell’ambiente per cessare di esistere e questa precarietà ci fa alzare le braccia come bambini spauriti che chiedono aiuto. È un sano timore che viene dalla coscienza del limite e spinge ad aprirsi con confidenza a chi ci può salvare. Tutti moriremo, ma per noi che crediamo la morte non è disperazione e annientamento, mentre è tragedia senza senso se Dio non esiste. Ecco la differenza tra le vergini della parabola. Tutte aspettano lo sposo, tutte si assopiscono. È un’immagine della vita che ci assorbe, che ci distrae, ma quando lo Sposo arriva le cinque sagge hanno un vasetto di olio in più. Basta quel poco per farle ammettere alle nozze e per escludere le altre. Non ci è chiesto di avere chissà che requisiti, di essere grandi teologi o di aver compiuto imprese leggendarie, ma solo di avere un piccolo vasetto di Sapienza, una piccola dose di umiltà.

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Mt 25, 1-13

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

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