Commento al Vangelo a cura di don Giovanni Berti
Che titolo dare a questa famosa parabola di Gesù? La tradizione la chiama da sempre “la parabola del figliol prodigo”, mettendo l’accento sul primo personaggio, il figlio minore, che scatena tutta l’azione, sconvolgendo la vita di questa famiglia e arrivando ad un degrado umano e spirituale ben sottolineato nel racconto (da ricco a misero tra i porci in punto di morte per fame…). Una titolazione più recente più rispettosa del vero fine del racconto di Gesù, la chiama “la parabola del padre misericordioso”, mettendo ovviamente l’accento sul suo atteggiamento sia verso il figlio minore che viene riaccolto in casa dopo la vita da dissoluto, sia verso il figlio maggiore il cui cuore indurito lo fa rimanere fuori dalla festa per la famiglia riunita.
Ho provato anche io a trovare un titolo che può riassumere il senso profondo del racconto così come a me colpisce. Ancora una volta, sono stati i bambini del catechismo a farmi riflettere.
[ads2]Questo giovedì alla fine del catechismo mi hanno avvicinato le due catechiste che seguono il gruppo dei più piccoli di prima e seconda elementare, e mi hanno raccontato quello che era successo e le aveva colpite. Con loro l’ora settimanale dell’incontro è organizzata in piccoli giochi, disegni, racconti, tutti legati ovviamente al Vangelo. Questa volta le due giovani catechiste avevano voluto raccontare ai bambini la parabola di Gesù di questa domenica come fosse una storia vera. Il bello è che dopo aver raccontato del figlio più giovane e del suo proposito di tornare a casa dal padre, tutti i bambini alla domanda “secondo voi cosa è successo?” hanno detto senza esitazione che è stato accolto dal padre con gioia, con abbracci e baci e con una bella festa. Forse qualche bambino aveva già sentito la parabola ma la gran parte non sapeva nulla di questa famosa storia del Vangelo. Le catechiste mi hanno raccontato del loro stupore nel vedere che i bambini senza conoscere la storia sapevano che quel papà non può rifiutare quel figlio e che gli vuole bene sempre, anche se ha sbagliato.
Anche a me queste risposte dei bambini di prima e seconda elementare hanno fatto riflettere, e mi hanno aiutato a comprendere ancor di più cosa Gesù mi vuol dire di Dio.
Gesù quando racconta la parabola, lo fa rivolto a quei farisei e scribi che si consideravano i soli puri e i pii di fronte a Dio. Questi lo criticano aspramente perché sta con quelli che sono considerati lontani da Dio e peccatori arrivando persino a mangiare con loro. Gesù allora, fedele alla sua missione di mostrare il vero volto di Dio come Padre misericordioso e non come Giudice spietato, racconta questa parabola che è altamente spiazzante per i suoi ascoltatori, rigidi come quel figlio maggiore che se ne sta fuori dalla casa in festa, chiuso nel suo giudizio paralizzante.
Il padre della parabola vede il figlio da lontano e non si cura dei beni persi e non si cura nemmeno di essere umiliato di fronte all’opinione pubblica perché corre incontro e rinuncia alla vendetta. Lui è guidato solo dall’amore verso questo figlio che vuole con se e per il quale è pronto a fare una festa come fosse la visita di un re. La veste nuova con i calzari (solo i padroni portano i calzari) e l’anello (segno di colui che ha il potere di amministrare i beni) manifestano una misericordia paterna senza limiti.
Questo è Dio! Così lo rivela Gesù, non solo con le parole ma soprattutto con le sue opere, che tanto mettono in crisi i più religiosi del suo tempo (e forse anche del nostro…)
Dio, secondo Gesù, ragiona come i bambini del catechismo, che non hanno la mente troppo occupata da ragionamenti, distinzioni, calcoli di convenienza e ritorsioni. Dio è come questo padre che non può che buttare le braccia al collo di questo figlio e soffocarlo di baci. Così i bambini pensano ai loro genitori, ed è così che vuole essere pensato Dio. Dio ama come un bambino, senza se e senza ma. Ama e amando insegna ad amare, e nell’amore misericordioso ha la sua eredità più preziosa che spartisce con tutti i figli.
Ecco il titolo che allora mi sento di dare a questo meraviglioso racconto di Gesù e che riassume quel che sento nel profondo dopo averla letta, meditata e pregata: “la parabola del papà dal cuore di bambino”
Quarta Domenica del Tempo di Quaresima
- Colore liturgico: rosa
- Gs 5, 9. 10-12; Sal 33; 2 Cor 5, 17-21; Lc 15, 1-3. 11-32
[ads2]Lc 15, 1-3. 11-32
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 06 – 12 Marzo 2016
- Tempo di Quaresima IV, Colore rosa
- Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 4
Fonte: LaSacraBibbia.net