La terra, che ha appena ospitato cinquemila persone, pecore senza pastore affamate di speranza, è fatta di campi, villaggi e città pronte ad accogliere l’intera umanità malata. In ogni luogo, opera l’azione di Dio in favore del suo popolo.
Il giorno è tempo per incontrare gli altri: così si manifesta la forza della predicazione e del servizio secondo il vangelo. La notte è tempo per riposare, per ritemprarsi, abbandonarsi a Dio e cercare il suo volto: Gesù si ritira sul monte, solo, a pregare. Spesso è il tempo in cui si liberano le nostre paure e si rivela più forte la fatica della fede: la barca dei discepoli viaggia incerta e instabile sull’acqua sconvolta dai venti.
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I discepoli, dopo il faticoso servizio alle folle, salgono sulla barca e costituiscono il loro nucleo fraterno. Sono chiamati a rinsaldarsi come gruppo, senza la presenza fisica del loro maestro. L’assenza di Gesù è l’occasione per rafforzare la propria fede, per aumentare il desiderio dell’attesa di chi si ha la certezza che verrà. Come quei primi discepoli, che lottano contro i venti contrari, anche noi, nelle nostre realtà comunitarie, siamo a volte disorientati e vinti dalla paura.
Ma il Signore non ci abbandona. Dall’alto del monte Gesù vede la comunità in pericolo. È lo stesso sguardo compassionevole di Dio che si affaccia dai cieli e guarda la sofferenza dell’umanità intera.
Il Figlio Gesù è la risposta dell’amore di Dio Padre all’uomo che prega incessantemente: abbassa i cieli e discendi Signore, vieni in nostro aiuto!
È sul far del giorno, tra le tre e le sei del mattino, che Gesù viene in aiuto ai discepoli, camminando sulle acque.
Siamo in presenza di una teofania. Gesù, il sole che sorge, manifesta la sua identità di Figlio di Dio e placa l’agitarsi dei venti con la forza della sua parola. Se gli elementi della natura subito obbediscono, non è così per i discepoli. Essi credono di vedere un fantasma e, anche dopo essere stati salvati, perseverano nell’incomprensione. Ciascuno, di loro e di noi, è chiamato a una libera e personalissima adesione di fede.
Qui è riassunta la lotta che abita il profondo di ogni essere umano. Siamo così sconvolti dalla realtà, sopraffatti dalla presenza del male che non avremmo mai pensato di vedere, che ci dimentichiamo di essere già stati liberati. Sforziamoci, allora, di ricordare le infinite volte in cui siamo stati spettatori della potenza salvifica e della bontà di Dio, nella nostra vita (i discepoli hanno appena assistito alla moltiplicazione dei pani!).
Quel Gesù che vuole oltrepassare la barca, ci ha preceduto e ha assunto la debolezza dell’uomo fino in fondo, fino alla morte, per consegnarci la certezza della resurrezione. La vita che ha vinto la morte opera già oggi in noi, tra di noi. Abbiamo solo bisogno di credere che non siamo soli: “Coraggio … non siate spaventati!”.
Facciamo nostre le parole di sant’Agostino:
“Signore mio Dio, unica mia speranza,
fa’ che stanco non smetta di cercarti,
ma cerchi il tuo volto sempre con ardore.
Dammi la forza di cercare,
tu che ti sei fatto incontrare
e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarti.
Davanti a te sta la mia forza e la mia debolezza:
conserva quella, guarisci questa”.
sorella Lara della comunità monastica di Bose
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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