Commento al Vangelo del 5 febbraio 2012 – Paolo Curtaz

Quinta domenica durante l’anno

Gb 7, 1-4.6-7; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1,29-39
Guariti per servire
Il ministero pubblico di Gesù è iniziato in sinagoga, a Cafarnao, la città dove abitano Pietro e Andrea. Sono proprio loro, insieme a Giacomo e Giovanni, ad essere i primi discepoli chiamati a seguirlo.
Lasciano le reti che stanno rattoppando per seguirlo, per iniziare la folle avventura del vangelo.
Dio ci chiama dove siamo e ci fa diventare pescatori di uomini, pescatori di umanità, capaci di tirar fuori da noi stessi e dagli altri tutta l’umanità che ci serve per vivere.
Smettiamola di rattoppare le reti, di cercare di sistemare le cose: ci occorre cambiare radicalmente, ci necessita la conversione.
Marco si sta rivelando un abile narratore: il suo stile asciutto e sintetico nasconde delle sfumature che dobbiamo cogliere per capire l’intensità dell’annuncio.
Uscito dalla sinagoga Gesù entra in casa di Pietro, ne guarisce la suocera, accoglie la folla sul calare della sera, poi, di notte, esce a pregare: ecco una delle giornate “tipo” di Gesù.
Vi lamentate, come me, di avere poco tempo e di correre da mattina a sera?
Non ditelo al Maestro.

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Guariti per servire

La suocera di Pietro è febbricitante. La febbre, lo sappiamo, può essere segno di un lieve malanno o di una malattia mortale: qui diventa il simbolo di ogni stato di malessere dell’uomo.

Pietro e Andrea vanno da Gesù e gliene parlano.
Non chiedono un intervento, né una guarigione: sono il modello del discepolo che fa della preghiera un momento in cui affida al Signore senza imporre la soluzione.
E Gesù interviene con garbo, con gentilezza, la prende per mano e la guarisce.
La suocera si mette a servire il Signore e i suoi famigliari.
Il verbo usato per la guarigione ha a che fare con la resurrezione e il verbo usato successivamente indica un servizio perenne, continuo. I due attributi del discepolo: è un guarito che serve, un risorto che si mette a servizio del Regno.
E qui, come più avanti, come il giorno della resurrezione del Signore, è una donna, la parte debole nella cultura ebraica, ad essere guarita e a servire.
Siamo stati guariti per servire, siamo risorti per annunciare il Regno, come la suocera di Pietro.
Sulla soglia
La prima scena del vangelo di Marco si svolge nella sinagoga, nel brano di oggi, invece, si svolge in casa, nel capitolo successivo, nuovamente, si rientrerà in sinagoga. Il nuovo luogo dove si incontra Dio e si fa esperienza di lui è la casa, non il tempio. La fede si sveste della solennità e dell’esteriorità, della ritualità per entrare nel quotidiano piccolo e spiccio.
Gesù incontra sulla piazza gli abitanti di Cafarnao che diventano l’emblema dell’umanità che anela alla guarigione, esteriore ed interiore, alla salvezza, ad essere sanata. Gesù li accoglie sulla porta, sulla soglia della casa di Pietro.
Così devono fare i discepoli: stare sul confine, come Gesù che inizia il suo ministero a Cafarnao, la città posta sul confine. Il discepolo non può arroccarsi nelle sue posizioni, fare della propria fede una città fortificata impenetrabile.
Il discepolo sta sempre sulla soglia per annunciare il vangelo.
Come vorrei che la mia Chiesa stesse di più sulla soglia!
La forza
Da dove prende la sua forza, il Signore?
Per riuscire ad accogliere tutti, ad ascoltarli, a guarirli? Da dove prende l’energia per fare della sua vita un annuncio?
Dalla preghiera.
Da una preghiera lunga e attenta, per discernere la volontà del padre. Una preghiera che stupisce e affascina i discepoli e noi. Una preghiera che non è la lista della spesa da fare a Dio quando le cose non funzionano, ma il dialogo intimo ed intenso di chi si lascia plasmare.
E poiché la giornata è frenetica, Gesù prega di notte.
Quando abbiamo troppe cose da fare e non abbiamo più il tempo per pregare, è esattamente quello il momento in cui ritagliarci un tempo per Dio, anche sottraendolo al sonno.
Il “segreto” di Gesù è un intimo colloquio col Padre che gli permette di fare della propria vita un dono agli altri.
Inopportuni
Pietro cerca Gesù, ma il verbo usato ha una forte connotazione negativa.
Non si mette alla ricerca di Gesù come discepolo, vuole accaparrarlo, possederlo.
Il rimprovero fatto a Gesù, quel tutti ti cercano! indica una pretesa: perché se n’è andato da Cafarnao?
Non si “possiede” Dio, non si vincola, non si imprigiona.
Non ha dove posare il capo, il Maestro, inutile costruirgli una villa con piscina.
Se vogliamo, però, possiamo metterci alla sua sequela, da guariti ammalarci della sua stessa passione per l’annuncio del vero volto di Dio.

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