La Parola si avvera su Giovanni
Continua il cammino dell’Avvento con il Vangelo di Luca ed entra in scena il Battista, la cui parola sarà ascoltata domenica prossima. Oggi al centro della lettura evangelica c’è la vocazione di Giovanni, forse evocata dalla preghiera colletta con l’espressione «Dio… che chiami gli umili alla luce gloriosa del tuo regno»; al racconto della sua chiamata seguono le parole di invito a preparare la strada per il Signore.
Marco – il vangelo da cui anche Luca ha preso la maggior parte delle notizie e delle tradizioni su Gesù – non conosce (o non vuole riportare) quelle sulle origini e l’infanzia del Signore e inizia il suo vangelo proprio con il Battista, presentato subito dopo il titolo: «Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia […] si presentò Giovanni a battezzare nel deserto predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (Mc 1,1–4). Giovanni viene poi associato dal secondo vangelo (e così faranno gli altri sinottici) a una citazione di Isaia, per dire che la profezia si avvera come era stato promesso: questo aveva scritto Isaia, e per questo venne (in greco: egéneto, “avvenne”, “accadde”, dal verbo ginomai) il Battista.
Luca si rifà a Marco, ma con originalità. Intanto ci racconta del Battista quando questi è ancora bambino. Chiuso il capitolo dei vangeli dell’infanzia, introduce Giovanni che predica nel deserto attraverso una lunga e solenne descrizione storica, il noto “sincronismo” strutturato con sei coordinate temporali (3,1-2), che si vede nella lettura del vangelo di questa seconda domenica di Avvento. Come già Marco, anche Luca usa il verbo “avvenne”. Ma ad accadere, questa volta – rispetto a Marco – non è il Battista, ma la parola–fatto, l’evento di Dio. Dovremmo tradurre in questo modo: «Avvenne la parola di Dio su Giovanni». «Factum est verbum super Iohannem», rendeva la Vulgata di san Girolamo. La sfumatura che sceglie Luca non si trova nemmeno in Matteo: per il primo evangelista, infatti, Giovanni semplicemente “arriva”, “si presenta” (para–ginomai) (Mt 3,1).
- Pubblicità -
L’espressione «avvenne la parola di Dio su/per …» è una formula tecnica (in ebraico: “wayehi debar-yhwh”) che si ritrova in tante scene del Primo Testamento e che descrive le vocazioni dei profeti. Così inizia anche la chiamata di Geremia, inquadrata ugualmente in un sincronismo temporale: «La parola del Signore avvenne (ancora: “factum est verbum Domini”) su Geremia ai giorni di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, nell’anno decimoterzo del suo regno…» (Ger 1,2). Come Dio è intervenuto tante volte nella storia, chiamando patriarchi giudici mediatori e profeti ad annunciare la salvezza, così chiama il Battista. «È mediante la persona di Giovanni, figlio di Zaccaria, che Dio ora interviene: c’è storia della salvezza perché uomini, sotto l’agire della parola di Dio, provocano una storia e la vivono» (Rossé).
Il sintagma che abbiamo visto sopra, formato dal verbo “accadere”–egéneto e dal sostantivo “parola”–rhema ricorre ancora un’altra volta nel testo lucano, e ha per soggetto la Vergine Maria, l’altra protagonista di questo tempo d’Avvento. «Avvenga/accada (ginomai) a me secondo la tua parola», risponde la Vergine all’angelo (Lc 1,38). Maria chiede che la Parola si avveri nella sua vita e nel suo grembo. E qui sta la conclusione del mistero che ci viene annunciato in questo tempo forte dell’anno liturgico. Non più semplicemente la Parola avviene/accade su/per qualcuno. La Parola diventa Qualcuno, Persona: per questo il verbo ginomai è usato nel Prologo di Giovanni per dire che la Parola è diventata carne (Gv 1,14). Si legge nella Dei Verbum, la costituzione del Concilio Vaticano II sulla Parola di Dio (4): «Dio, che aveva già parlato molte volte e in diversi modi per mezzo dei profeti, “ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. Mandò infatti il Figlio suo, cioè il Verbo eterno […] affinché dimorasse fra gli uomini».
Un ultimo dettaglio. Chi prepara la strada a chi? La Parola di Dio si è preparata una strada. È quasi immediato – leggendo le prime parole gridate dal Battista (v. 4) – scadere in facili moralismi. Si potrebbe pensare che il cammino d’Avvento dipenda solo da noi, che noi dobbiamo abbassare i colli e riempire i burroni. Ma come apprendiamo dalla prima Colletta di oggi, è Dio che – paradossalmente – può «raddrizzare nei nostri cuori i suoi sentieri»; egli ci deve «preparare a celebrare con fede la venuta di Gesù Cristo». Ad ogni facile volontarismo risponde la Parola di Dio. Il passo di Isaia che introduce il Battista nasce infatti nel contesto dell’esilio. Secondo molti studiosi si riferiva originariamente al ruolo degli angeli che dovevano preparare nel deserto una via attraverso la quale Israele potesse tornare da Babilonia alla Terra promessa. Altri invece ritengono che il testo consolatorio di Isaia dica esattamente il contrario: sarebbe Dio a tornare dall’esilio, non Israele. Dio sta tornando per prendere ancora una volta residenza a Gerusalemme. Questo fatto richiede che ci si prepari per accoglierlo. «Giovanni il Battista deve preparare una strada non perché il popolo di Dio ritorni alla terra promessa, ma perché Dio venga al suo popolo. Il suo battesimo e la sua predicazione nel deserto apriva i cuori degli uomini, abbassava il loro orgoglio, colmava il loro vuoto, e così li preparava all’intervento di Dio» (Brown).