Oggi è la festa di Francesco d’Assisi, santo che tutti conosciamo e amiamo. Lo ricordiamo spesso come il santo buono del cantico delle creature, che parlava con gli uccelli e ammansiva il lupo e il santo radicale che amava la povertà e viveva spoglio e povero di tutto. Alla fine della sua vita ci lascia un testo, una narrazione a frate Leone, su cos’è vera e perfetta letizia. Un testo forte e intenso.
“Se tutti i maestri di Parigi, i vescovi, anche i re fossero entrati nell’ordine non è vera letizia. Se anche i frati convertissero gli infedeli e se avessi il dono di guarire i malati e fare i miracoli, anche questo non è vera letizia. Allora cos’è vera letizia?”
Ecco che racconta di un suo rientro ad Assisi da Perugia, di notte, al freddo, con il ghiaccio e quasi assiderato picchia alla porta della sua comunità e dopo un lungo aspettare un frate invece di accoglierlo, gli dice per ben tre volte: “Vattene! E’ troppo tardi, sei un semplice, un idiota, non abbiamo bisogno di te, vai altrove …”. E Francesco scrive: “Se avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia, qui è la vera virtù e la salvezza dell’anima. Aver vinto te stesso, sappi questa è letizia”.
Francesco ci chiede un amore grande, una pazienza salda, una capacità di accogliere le avversità e anche il rigetto dell’altro senza reagire istintivamente e senza lasciarci togliere la pace interiore. E questo è tanto più duro se ci viene da chi amiamo, da chi dovrebbe accoglierci, da chi è nostro fratello. Sulla scia di Gesù ci chiede di amare il nemico, anzi quel fratello che è diventato nemico, ci chiede di non lasciarci turbare, togliere la pace profonda, quindi anche la lucidità e la capacità di vivere in maniera davvero evangelica.
Questo è il giogo da prendere su di noi, che ci rende stanchi e affaticati, il giogo che dobbiamo portare a Gesù perché con lui il giogo diventa dolce e leggero. Ciò che per noi è assurdo, che ci schiaccia, ciò che sembra toglierci vita affidato a Gesù, portato con lui diventa quella capacità di amare fino alla fine, di non smettere di amare in nessuna situazione e di essere sempre capaci di speranza. E’ un amore assurdo, impossibile per noi, come possiamo viverlo? Solo restando uniti a Gesù, come la vite ai tralci, solo lasciando scorrere le acque limpide dell’amore di Dio nel nostro cuore possiamo anche noi tentare o almeno tenere vivo nel nostro orizzonte di vita quest’amore e desiderare di viverlo. Se siamo piccoli e sappiamo rifugiarci nel cuore mite e umile di Gesù, il Padre nel Figlio ce lo può rivelare, ce lo può donare. Il Signore faccia crescere in noi il desiderio di questo amore che noi non riusciamo neppure a capire e ancor meno a vivere. E attraverso l’intercessione di Francesco, il Signore ci doni di gustare dentro di noi la vera letizia che una gioia più tenue, più velata, più quieta e benefica per tutti, e nello stesso tempo più intensa e intima che mette radici non nella superficie della storia delle nostre vite, ma nel profondo della storia vissuta con il Signore e che porta a lui, al suo Regno.
sorella Roberta della comunità monastica di Bose
Mt 11, 25-30
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.