Amerai il Signore Dio tuo
Nella prima lettura ascoltiamo queste parole di Mosè al popolo:
“Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”.
Questo testo è considerato il “credo” del popolo ebraico. Si chiama Shema, dalla parola con cui comincia in ebraico. È difficile esagerare l’importanza di queste parole. Sono il fondamento del monoteismo giudaico e cristiano. Ogni pio ebreo le recitava tre volte al giorno, volgendosi verso il tempio di Gerusalemme, una pratica che anche Gesù e i suoi apostoli seguirono fedelmente. Sono le parole contenute nei cosiddetti filatteri, o frange, che gli ebrei ortodossi portano anche oggi legati al braccio o in un piccolo astuccio, chiamato Mezuzah, che portano in fronte e appendono sulla porta di casa. Molti ebrei ad Auschwitz andavano a morire con queste parole sulle labbra: Shemà, Israel. In un manoscritto ritrovato nel 1952 presso uno dei forni crematori è descritto un episodio drammatico. Un rabbino proveniente dalla Francia, Moshe Friedman, prima di andare alla morte si avvicinò a un alto funzionario nazista e presolo per il bavero, “con voce leonina”, gli annunciò il castigo divino per tutto quello che facevano al suo popolo; quindi si mise il cappello in testa e “con infinito ardore” si mise a proclamare Shema Israel!”. Tutti gli altri ebrei lo seguirono gridando a loro volta Shema Israel e –scrive il testimone della scena – uno straordinario senso del soprannaturale si impadronì di tutti i presenti.
Il Vangelo di oggi ci svela l’atteggiamento di Gesù verso questo credo di Israele. Un giorno si accostò a Gesù uno degli scribi, chiedendogli quale fosse il primo comandamento della legge e Gesù rispose citando le parole che abbiamo sentito e facendo di esse il “primo dei comandamenti”. Però Gesù aggiunse subito che c’è un secondo comandamento simile a questo ed è:
“Amerai il prossimo tuo come te stesso”.
Secondo Matteo Gesù concluse il suo dialogo con lo scriba dicendo: “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”(Matteo 22,40).
Per capire il senso della domanda dello scriba e della risposta di Gesù, bisogna tener conto di una cosa. Nel giudaismo del tempo di Gesù notiamo due tendenze opposte. Da una parte c’era la tendenza a moltiplicare senza fine i comandamenti e i precetti della Legge, prevedendo norme e obblighi per ogni minimo dettaglio della vita. (C’era chi ne contava 365 come i giorni dell’anno, chi 613, chi molti di più). Dall’altra si avvertiva il bisogno opposto di scoprire, al di sotto di questa congerie asfissiante di norme, le cose che veramente contano per Dio, l’anima di tutti i comandamenti. Si racconta, per esempio, che un giorno un discepolo chiese al grande maestro Hillel di istruirlo su tutta la legge nel tempo che fosse riuscito a reggersi su un piede solo e il maestro rispose: “Ciò che detesti sia fatto a te, non farlo ad altri. Questa è tutta la legge”.
La domanda dello scriba e la risposta di Gesù si inseriscono in questa linea di ricerca dell’essenziale della legge, per non disperdersi in mille altri precetti secondari. Ed è proprio questa lezione di metodo che dovremmo anzitutto imparare dal Vangelo odierno. Ci sono cose nella vita che sono importanti, ma non urgenti (nel senso che se non le fai, apparentemente non succede nulla); viceversa, ci sono cose che sono urgenti ma non importanti. Il nostro rischio è di sacrificare sistematicamente le cose importanti per correre dietro a quelle urgenti, spesso del tutto secondarie.
Come premunirci contro questo pericolo? Lo spiego con una storia. Un giorno, un vecchio professore fu chiamato come esperto per parlare sulla pianificazione più efficace del proprio tempo ai quadri superiori di alcune grosse compagnie nordamericane. Decise allora di tentare un esperimento. In piedi, davanti al gruppo pronto a prendere appunti, tirò fuori da sotto il tavolo un grosso vaso di vetro vuoto. Insieme prese anche una dozzina di pietre grosse quanto palle da tennis che depose delicatamente una ad una nel vaso fino a riempirlo. Quando non si poteva aggiungere più altri sassi, chiese agli allievi: “Vi sembra che il vaso sia pieno?” e tutti risposero “Si!”. Attese qualche istante e aggiunse: “Siete sicuri?”
Si chinò di nuovo e tirò fuori da sotto il tavolo una scatola piena di breccia che versò accuratamente sopra le grosse pietre, movendo leggermente il vaso perché la breccia potesse infiltrarsi tra le pietre grosse fino al fondo. “È pieno questa volta il vaso?”, chiese. Divenuti più prudenti, gli allievi cominciarono a capire e risposero: “Forse non ancora”. “Bene!”, rispose il vecchio professore. Si chinò di nuovo e tirò fuori questa volta un sacchetto di sabbia che con precauzione versò nel vaso. La sabbia riempì tutti gli spazi tra i sassi e la breccia. Quindi chiese di nuovo: “È pieno ora il vaso?”. E tutti senza esitare risposero: “No!”. Infatti rispose il vecchio e, come si aspettavano, prese la caraffa che era sul tavolo e ne versò l’acqua nel vaso fino all’orlo.
A questo punto egli alza gli occhi verso l’uditorio e domanda: “Quale grande verità ci mostra questo esperimento?”. Il più audace, pensando al tema del corso (la pianificazione del tempo), rispose: “Questo dimostra che anche quando la nostra agenda è completamente piena, con un po’ di buona volontà, si può sempre aggiungervi qualche impegno in più, qualche altra cosa da fare”. “No, rispose il professore; non è questo. Quello che l’esperimento dimostra è un’altra cosa: se non si mettono per primo le grosse pietre nel vaso, non si riuscirà mai a farvele entrare in seguito. Un attimo di silenzio e tutti presero coscienza dell’evidenza dell’affermazione. Quindi proseguì: “Quali sono le grosse pietre, le priorità, nella vostra vita? La salute? La famiglia? Gli amici? Difendere una causa? Realizzare qualcosa che vi sta a cuore? La cosa importante è mettere queste grosse pietre per prime nella vostra agenda. Se si da la priorità a mille altre piccole cose (la breccia, la sabbia), si riempirà la vita di sciocchezze e non si troverà mai il tempo per dedicarsi alle cose veramente importanti. Dunque non dimenticate di porvi spesso la domanda: “Quali sono le grosse pietre nella mia vita?” e di metterle al primo posto nella vostra agenda”. Poi con un gesto amichevole il vecchio professore salutò l’uditorio e abbandonò la sala.
Istruttivo vero? Noi però non siamo qui come quadri dirigenti di azienda preoccupati solo di realizzarsi al meglio nella vita; siamo credenti che desiderano conoscere meglio il Vangelo e sapere cosa devono fare per “possedere la vita eterna”. Per questo alle “grosse pietre” menzionate dal professore –la salute, la famiglia, gli amici…- devo aggiungere due altre, che sono le più grosse di tutte: i due più grandi comandamenti: amare Dio e amare il prossimo.
Veramente, amare Dio, più che un comandamento, è un privilegio, una concessione. Se un giorno lo scoprissimo, non cesseremmo di ringraziare Dio per il fatto che ci comanda di amarlo e non vorremmo far altro che coltivare questo amore. Esso è l’unico amore che non delude mai, che è in grado di soddisfare appieno il bisogno infinito d’amore che c’è nel cuore umano. L’esperienza mi ha convinto che la causa più universale di sofferenza nel mondo non è la malattia o altre cose del genere, ma la mancanza di amore, specie quando questa si manifesta nel matrimonio che ne dovrebbe essere la culla.
Sant’Agostino, dopo aver ricercato l’amore per molte strade, nelle Confessioni arriva a questa conclusione: “Tu ci hai fatto per Te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”. Imparare ad amare Dio –e, con lui, il prossimo – significa aver trovato finalmente il luogo del proprio riposo, la fonte stessa della felicità.
Mettere al sicuro le due “grosse pietre” perché esse abbiamo il primo posto almeno il giorno di domenica, significa essere capaci di rimandare tutto se necessario per dedicare del tempo a Dio e all’anima, ascoltando la parola di Dio, partecipando alla Messa. Vuol dire che, se debbo scegliere, nel pomeriggio, tra lo stadio e la visita a un ammalato e a un anziano solo, non sceglierò sistematicamente lo stadio… Ci lasciamo portando con noi la domanda del vecchio professore: “Quali sono le grosse pietre nella mia vita?”