Nel brano di oggi si parla di due sguardi: lo sguardo dei farisei che controllano i gesti e le parole di Gesù e lo ingabbiano in una condanna e lo sguardo di Gesù su di noi, sulle nostre abitudini e i nostri modi di fare spesso dettati da una ricerca di noi stessi. La differenza tra questi due punti di vista è che Gesù ci dà una via di uscita. Certo la porta che ci indica è stretta, ma l’orizzonte che si dischiude al di là di questa porta è ben più ampio di quello che vediamo ora offuscato dal nostro io e dalle regole che imponiamo agli altri per tutelare il nostro spazio.
La Parabola che Gesù narra oggi ci parla di invitati e di posti. Posti da lasciare agli altri, perché, noi, invitati, a nostra volta non dobbiamo essere di impedimento all’invito rivolto anche ai nostri fratelli e alle nostre sorelle. Non si tratta tanto di metterci al primo o all’ultimo posto, dove si potrebbe benissimo mascherare una falsa umiltà, ma si tratta di lasciare spazio a chi è invitato come noi. Come noi abbiamo ricevuto l’invito e il dono dell’amore del Signore così dobbiamo farci strumenti perché anche gli altri possano assaporare questo invito.
Ciò vuol dire spogliarci di quel protagonismo che vive dello sguardo e della stima dell’altro e provare ad occupare quel posto che Gesù stesso ha scelto. Ultimo posto che gli ha permesso di entrare in relazione con l’umanità, di incontrare in verità chi gli stava di fronte. “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27). L’ultimo è il posto di Dio: lì troviamo il Signore Gesù. Chi si mette alla sua sequela lo cerca lì. L’orgoglioso, colui che cerca visibilità e riconoscimento non può conoscere Gesù, semplicemente perché non può incontrarlo nei luoghi che lui frequenta.
Metterci all’ultimo posto dunque è il capovolgimento del pensiero dell’uomo. Cerchiamo l’ultimo posto perché ciò che conta è la vicinanza a Dio. Per essere “con lui” dobbiamo trovarci vicino all’ultimo. Questo non significa seppellire i talenti, ma investirli nella direzione giusta.
Gesù ci esorta ad occupare l’ultimo posto prima di tutto per assaporare la sua presenza, perché è là che lo troveremo e, secondariamente per poter vivere ciò che lui stesso ha vissuto: l’amore del Padre. È in quest’ottica che bisogna intendere le parole che ricorreranno spesso sulla bocca di Gesù in tutto il vangelo: “chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. Infatti esse non vanno tanto intese secondo i nostri parametri, in cui crediamo che l’essere esaltati corrisponda ad un’imposizione di noi stessi sugli altri, quanto invece un percepire di essere amati dal Signore e quindi dai fratelli e dalle sorelle per quello che siamo. L’umiltà consiste nell’accettare e aderire a quello che siamo, solo così riusciremo ad accettare e a fare spazio agli altri e a percepire quell’amore gratuito che il Signore ci offre attraverso la sua amicizia: “Amico, vieni più avanti”.
sorella Beatrice della comunità monastica di Bose
Leggi il brano del Vangelo
Lc 14, 1.7-11
Dal Vangelo secondo Luca
Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui