Camminare nella fede
Monteriggioni, con la sua inconfondibile cinta muraria e torri medievali, ogni tanto appariva all’orizzonte e diventava sempre più grande e visibile nei dettagli pian piano che ci avvicinavamo nel cammino lungo la via Francigena partendo da Colle Val d’Elsa. Più ci avvicinavamo e più cresceva il desiderio di entrarci, anche se stanchi e anche se l’ultimo tratto era quello più ripido e difficile. È stato solamente il cammino di un giorno fatto la scorsa settimana con alcuni parrocchiani durante la gita in Toscana, un piccolissimo assaggio dei pellegrinaggi a piedi che richiedono molti più giorni e settimane per essere fatti seriamente.
Questi antichi cammini lungo le vie che portano a luoghi particolari della fede (Gerusalemme, Santiago de Compostela, Roma…), sono sempre stati immagine e stimolo di quel cammino umano e cristiano che ogni credente è chiamato a fare nella vita. La fede nel Vangelo non è uno stare fermi e statici in quel che si crede e si vive, perché lo star fermi è quasi peggio del tornar indietro. Gesù era sempre in cammino, e la sua meta era concretamente Gerusalemme dove verrà messo in croce e poi risorgerà, ma era spiritualmente sempre in cammino verso il cuore e la vita delle persone, che a loro volta si mettevano in cammino per non rimanere bloccate nel loro peccato, nelle ristrettezze mentali anche religiose, nei loro problemi e sofferenze.
Gesù arrivato a Gerusalemme, quasi alla fine del suo cammino di vita, deve affrontare nella città santa molti scontri, pregiudizi e avversità, proprio da coloro che si ritengono i detentori della vera fede. Anche in questo passo del Vangelo, l’evangelista Marco ci racconta di uno scriba che avvicina Gesù il quale viene messo in qualche modo alla prova su una questione religiosa molto dibattuta a suo tempo: si può riassumere tutto l’insegnamento religioso, tutti i comandamenti, tutti i precetti e il senso di tutta la vita di fede in un unico comandamento? Quale è il centro di tutto?
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La domanda posta da uno scriba (una sorta di teologo autorevole dell’epoca) sembra davvero la domanda della maestra all’alunno, dove ovviamente la maestra sa già la risposta e deve solo verificare se l’alunno ha imparato la lezione. Come sempre Gesù sorprende con la sua risposta, nella quale non vediamo solamente una lezione di oratoria ma la sintesi di quello che lui ha già fatto. Nella risposta di Gesù è riassunta la sua vita, il suo stile concreto di vivere e insegnare la via di Dio.
Gesù più che rispondere con un comandamento (un divieto o una cosa che si deve fare) parte da quello che è l’inizio di ogni preghiera del buon ebreo: “Ascolta Israele…”. Il centro della fede non è eseguire ordini, ma entrare in relazione profonda con Dio! “Amare” è la risposta alla domanda su qual è il centro della fede!
Amare totalmente, con cuore, con ragione, con ogni mezzo di vita. L’amore a Dio non è un sentimento di un attimo, ma un cammino che coinvolge tutta la vita interiore ed esteriore. Ma per non rimanere “per aria”, Gesù opera una sintesi ancora più straordinaria: amare Dio e amare il prossimo sono un unico comandamento. La via per amare Dio è quella che passa dall’amore per l’uomo, un amore concreto e dinamico, che non è solo un proposito pio, ma una serie di passi concreti che segnano tutta la vita. Nell’amore concreto verso il nostro prossimo, fatto di cuore, mente e ogni mezzo, noi arriviamo a Dio.
Nel racconto del Vangelo vediamo come lo scriba ascoltando Gesù diventa a sua volta discepolo, chiama Gesù con il nome giusto, “maestro”, e arriva a comprendere oltre quel che Gesù gli ha detto quando dice che questo amare Dio e il prossimo “…vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”.
Ora lo scriba che è diventato discepolo può davvero mettersi in cammino, con la strada giusta e le giuste indicazioni. Come un pellegrino che ha iniziato a camminare nella via di Gesù, ora deve solo tener duro e andare avanti con lo sguardo fisso sulla cartina e sulla meta che si avvicina.
La risposta di Gesù allo scriba, “non sei lontano dal regno di Dio”, indica che per arrivare bisogna non rimanere nei buoni propositi e non basta solo possedere le risposte giuste, ma si deve camminare concretamente in avanti. Anche a me Gesù dice “non sei lontano…”, non per accusarmi di non essere arrivato a vivere il Vangelo, ma per stimolarmi a proseguire quel cammino di vita evangelica che mi fa rimanere in moto.
Alla fine siamo arrivati a Monteriggioni, davvero bella! La fatica ha avuto il suo premio finale e davvero ne valeva la pena. Ma ripensandoci anche il cammino stesso è stato un premio, così come camminare nel Vangelo, anche se la meta di viverlo totalmente rimane lontana.
Non sono lontano dal Regno di Dio nemmeno io, perché ho ancora molto da comprendere e soprattutto da mettere in pratica, ma voglio rimanere in moto e magari con il mio esempio coinvolgere altri in questo stupendo cammino del Vangelo.
Giovanni don
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)