Commento al Vangelo del 31 Marzo 2019 – Mons. Antonio Interguglielmi – Lc 15, 1-3.11-32

Un padre, due figli.
Molto spesso come il figlio più giovane anche noi chiediamo a Dio l’eredità: vogliamo prenderci i doni che Lui ci ha dato ed usarli per noi, sperperare quello che avremmo potuto far fruttare per il bene e la felicità nostra e degli altri. Lo vogliamo invece sprecare per il nostro egoismo.

Se avviene questo, è facile ritrovarsi come il figlio dissoluto: nel bisogno, costretto a “pascolare i porci”, cioè ci troviamo in una condizione di vera povertà, non tanto economica, quanto di miseria umana. Si può vivere infatti in una profonda solitudine e amarezza per aver sperperato i “doni di Dio”. Anche se potremmo anche ritrovarci ricchi di soldi e di case, persone importanti o famose, quando per questa “ricchezza” abbiamo dovuto dare come contropartita l’amore a cui il Signore ci chiamava, alla fine ci troviamo nel bisogno. Bisogno di amore.

In questa condizione possiamo scoprire un Padre che non ci giudica, ma che è sempre pronto ad accoglierci. Il titolo con cui si chiama più correttamente questa parabola non è “del figliol prodigo”, ma “Del Padre misericordioso”. Perché è il Padre il protagonista, come nella nostra vita è Dio il protagonista, quando scopriamo l’Amore.

L’altro figlio, quello “bravo”, ha un grande limite: anche se sta nella casa di suo padre, in realtà non lo conosce davvero. Lo teme e quindi obbedisce. Ma non conosce quanto lo ami suo padre, fino a lasciarlo libero di sbagliare.

Dio è quel padre che forse avremmo sempre voluto avere: un padre che ci lascia liberi di sbagliare, di percorrere strade pericolose che non portano a nulla. Ma che è sempre pronto ad accoglierci. A perdonarci. A fare festa quando ritorniamo in noi stessi e, facendo ritorno a casa, lo riconosciamo finalmente come nostro Padre.

Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma)

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