CHARLES DE FOUCAULD
IV DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C
MEDITAZIONE NUM. 382
LC 15, 1-3.11-32
«Correndogli incontro, gli si gettò al collo e l’abbracciò… Portate la sua prima tunica e delle scarpe e uccidete il vitello grasso».
Mio Dio, come sei buono! È quello che hai fatto per me! Sì, da giovane, sono andato lontano da te, lontano dalla tua casa, dai tuoi santi altari, dalla tua Chiesa, in un paese lontano, il paese delle cose profane, delle creature, dell’incredulità, dell’indifferenza, delle passioni terrene… Oh! come è dolorosamente lontano da te quel paese! Ci sono rimasto a lungo, 13 anni, dissipando la mia giovinezza nel peccato e nella follia. La tua prima grazia (non la prima della mia vita, poiché esse sono innumerevoli ad ogni ora della mia esistenza, ma quella nella quale vedo come la prima alba della mia conversione), è di avermi fatto provare la carestia, carestia materiale e spirituale; hai avuto la bontà infinita di mettermi nelle difficoltà materiali che mi hanno fatto soffrire e mi hanno fatto trovare delle spine in questa folle vita; mi hai fatto provare la carestia spirituale facendomi provare dei desideri intimi di un migliore stato morale, dei gusti della virtù, dei bisogni di bene morale; e poi, quando sono tornato verso di te, molto timidamente, a tentoni, facendoti questa strana preghiera: «Se esisti, fa’ che ti conosca», o Dio di bontà che non avevi cessato di agire dalla mia nascita in me e attorno a me per preparare questo momento, con quella tenerezza, «accorrendo subito, ti gettasti al mio collo, mi abbracciasti»; con quale sollecitudine mi rendesti la tunica dell’innocenza…
E a quale divino banchetto, ben altro di quello del padre del figlio prodigo, mi invitasti subito… Come è buono questo Padre del figlio prodigo! Ma come sei mille volte più tenero di lui! Come hai fatto mille volte di più per me di quanto non ha fatto lui per suo figlio! Come sei buono, mio Signore e mio Dio! Grazie, grazie, grazie, senza fine grazie!
Figlio prodigo, non soltanto ricevuto con una così ineffabile bontà, senza punizione, senza rimprovero, senza nessun ricordo del passato, ma con dei baci, la prima tunica e l’anello del figlio della casa, non soltanto ricevuto così, ma cercato da questo Padre benedetto e riportato da lui da quei paesi lontani, quali sono i miei doveri verso questo Padre Beneamato? In primo luogo amarlo, poi amarlo e infine ancora amarlo, poiché amare contiene tutto. Amare contiene l’obbedienza; amare contiene l’imitazione di tutto ciò che si vede fare da lui e che permette che imitiamo; amare contiene una continua contemplazione; amare contiene il pentimento delle colpe commesse contro di lui; amare contiene l’umiltà alla vista della distanza che separa la nostra miseria dalla sua perfezione; amare conti ene lo zelo nel compiere tutte le opere utili al suo servizio e conformi alla sua volontà; amare contiene l’applicazione continua a essere e a fare continuamente ciò che gli è più gradito …
E sicuramente una delle cose che gli sono più gradite, è che ci mostriamo teneri come egli lo è stato, verso i nostri fratelli minori prodighi a loro volta, che li cerchiamo come egli ha cercato noi, entrando nel suo lavoro, con le nostre preghiere sempre e con tutti gli altri mezzi in nostro potere quando ce ne dà la missione… Non solamente che li cerchiamo, ma che, sia nelle nostre preghiere, sia nelle altre nostre opere dirette a questo scopo, ci mettiamo uno zelo quasi infinito, uno zelo infinito perfino , per quanto è possibile a degli uomini, poiché non è per delle creature che lavoriamo, è per Dio; è per compiere quest’opera di una conversione, che gli è così gradita, di cui il cielo si rallegra di più che della perseveranza dei 99 giusti; è per compiere quest’opera, che gli è così gradita, che dice:
«Conviene rallegrarsi, poiché tuo fratello era morto ed ecco che vive». È per compiere quest’opera che gli è così gradita che ci ordina di chiedere, non condizionalmente ma formalmente, il buon esito a suo Padre, facendoci dire: «Che il tuo nome sia santificato… Che il tuo regno venga… Che la tua volontà si faccia sulla terra come in cielo…». E poi quando il nostro piccolo fratello prodigo rientra al focolare occorre riceverlo come nostro Padre lo riceve, come nostro Padre ha ricevuto noi stessi, senza tornare sul passato, senza rimprovero, senza sfiducia per l’avvenire, dicendo: «Ma sono sicuro che andrà in cielo» (questa parola che mi ha fatto tanto bene!), mostrandogli la stessa fiducia, lo stesso affetto, la stessa tenerezza, la stessa stima come se non fosse mai uscito dalla casa, con questo oblio completo delle sue colpe che abbiamo bisogno che Dio abbia per noi, con questo sentimento che le sue colpe, non nascoste, non coperte, ma radicalmente distrutte con la confessione, sono anche radicalmente distrutte per noi; il solo, il solo resto del passato che appare in noi sia la gioia profonda e traboccante del ritorno, la gioia che si manifesta correndo incontro a lui, gettandosi al suo collo, rendendogli il suo primo vestito, il suo primo posto, uccidendo il vitello grasso, chiamando i nostri amici a rallegrarsi con noi, facendo in questo giorno festa sulla terra, come vi è «festa nei cieli»!
Traduzione a cura delle Discepole del Vangelo. Fonte
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