Giusto, perfetto. Meglio non parlarne. Ammirare il grande rabbino, certo, restare stupiti delle sue parole, dei suoi gesti, dei miracoli eclatanti di cui si parla. Meglio fermarsi all’apparenza, meglio non approfondire. Perché a grattare sotto la crosta si resta inorriditi. Non si parla più di miracoli e di folle saziate, ma di croce e sangue da versare. Non scherziamo, fermiamoci alla prima parte, cortesemente.
E che Dio si adegui, per favore. Come possiamo anche solo immaginare che Dio scelga la parte degli sconfitti? Che rinuncia alla sua potenza per stare con noi in maniera definitiva? Come immaginare un tale abisso di amore, un amore disposto ad abbandonare la propria divinità e il proprio ruolo per condividere, senza barare, per annichilirsi? Meglio restare alla superficie di un buon cattolicesimo di facciata, che rispetti le regole del gioco, che ci veda partecipare a qualche messa e a dichiararci più o meno credenti… che accogliere la provocazione di Dio!
Meditare il mistero della croce, da sempre, suscita conversione. Se abbiamo il coraggio di chiederci chi sia davvero l’uomo nudo che pende dalla croce rischiamo la conversione. Meglio non esagerare.
Paolo Curtaz – qui il commento
In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.