Commento al Vangelo del 30 gennaio 2011 – Paolo Curtaz

Quarta domenica durante l’anno

Sof 2,3; 3,12-13/1Cor 1,26-31/Mt 5,1-12

Beati noi

Pare che il Mahatma Gandhi considerasse il discorso della montagna di Matteo come la pagina più illuminante della letteratura mondiale. Una pagina che ha ispirato molte persone, nella storia, e che, a ragione, è considerata la Carta Costituzionale del Regno di Dio. Un discorso che Gesù pronuncia sulle sponde del lago di Tiberiade, a Nord, in Galilea, non lontano dalla casa dei suoi famigliari a Nazareth e da Cafarnao. Un discorso in cui Matteo cerca di sintetizzare gran parte della dottrina del Nazareno, proponendolo come un nuovo Mosè che dalla montagna, in realtà una collina, consegna le “nuove” tavole della Legge. E il discorso della montagna inizia con le Beatitudini (Mt 5,1-10), un testo poco conosciuto, ahimé, dagli stessi cristiani e ancora meno capito…

Otto affermazioni che sono delle scudisciate, otto asserzioni che, se prese sul serio, ribaltano le nostre prospettive, sconvolgono le nostre (poche) certezze. Forse per questo sono quasi del tutto ignorate!

[download id=”127″]

Beati gli iellati

Gesù indica apoditticamente in cosa consiste la felicità, il senso della vita, la piena realizzazione. Era l’ora, finalmente!

Ma ad una prima lettura si resta spiazzati da ciò che riporta Matteo.

Gesù sembra esaltare la povertà, il pianto, la rassegnazione, la persecuzione…

Ma come? Gesù conferma la terribile impressione che danno molti cristiani di essere delle anime sofferenti e piagnucolose? Gesù avvalora l’idea della vita come di una concatenazione di disgrazie e di un cristianesimo dolorante e crocefisso? Torniamo al cliché del cristianesimo come religione che esalta la sofferenza come strumento di espiazione?

No, fidatevi.

Gesù propone, in realtà, una autentica rivoluzione interiore.

Beati

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Cioè beati quelli che sono consapevoli della loro povertà interiore, del limite che portiamo scolpito nel cuore e che, perciò, cercano altrove, cercano il senso. Ma anche beati coloro che vivono con un cuore semplice, essenziale, trasparente. Beati perché, anche se non se ne accorgono, lasciano Dio regnare in loro.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati coloro che, pur essendo nella sofferenza, sanno volgere lo sguardo oltre l’orizzonte, al Dio che fa compagnia, che con-sola, che sta con chi è solo. Beato chi sa che la vita è inserita in un grande progetto e che se anche la singola vicenda umana può essere avvilente, può essere sconfitta, il grande progetto di Dio avanza. Beato chi scopre che la vita è preziosa agli occhi di Dio, che nessun uomo, mai, è solo e abbandonato, che anche i capelli del nostro capo sono contati (Mt 10,30) e le lacrime raccolte (Sal 56,9), perché il Dio di Gesù protegge i passeri che si vendono per due spiccioli (Lc 12,6). La sofferenza, allora, non è la parola definitiva della vita.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che non cedono alla violenza che portano in loro stessi, che vedono il lato positivo delle persone, che credono nella redenzione dell’uomo. Anche se all’apparenza vincono i malvagi, la storia vera, quella di Dio, passa attraverso le persone che hanno imitato Dio nella sua mitezza compassionevole.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.


Beati quelli che non si arrendono all’ingiustizia, che sanno mettersi in gioco, che sono autentici e sinceri, che portano il peso delle loro scelte e dei loro sbagli. Beati quelli che non cedono alla seduzione del compromesso, dell’astuzia malevola, del basso profilo.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati quelli che, come Dio, guardano alla miseria col cuore, che non giudicano sé e gli altri impietosamente, che chiedono responsabilità e coerenza ma che non fanno della giustizia un idolo. Se giudicano gli altri con verità e compassione troveranno verità e compassione per loro stessi.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati quelli che hanno uno sguardo trasparente, che non sono ambigui, che non hanno malizia, che non vedono sempre e solo il negativo, che non passano il tempo a sottolineare l’ombra degli altri per attenuare la propria, la loro purezza diventa una trasparenza da cui poter accedere a Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati quelli che scommettono sulla pace, che sono pacifisti perché pacificati, che non fanno della razza, del paese, della propria religione un idolo. Beati quelli che non solo parlano di pace, ma che la pace la costruiscono giorno per giorno con le loro azioni.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Beati quelli che si assumono le proprie responsabilità, che non scaricano sugli altri, che hanno il coraggio di pagare fino in fondo le proprie scelte, e anche i propri errori. Beati i discepoli che non rinnegano la loro fede per paura.

Ci sto

Mi convince questa logica. Fatico a viverla, sinceramente, ma ci credo.

Gesù per primo l’ha vissuta, Gesù per primo, coerentemente, ha mostrato che è possibile vivere, sostenuti dallo Spirito, nella logica di Dio.

E di questi tempi, su questa nave che sta affondando, fatta di insulti e di arroganza, di minimalismo etico e di faciloneria morale, Dio solo sa di quanti discepoli che tentano di vivere le beatitudini ci sia bisogno…

Read more

Local News