Prima lettura e Vangelo ci portano nel tempio di Gerusalemme. Negli episodi narrati da tutt’e due le letture è una madre che apre il cuore e la bocca.
Anna vuol andare ad offrire il sacrificio soltanto dopo che il figlio, Samuele, ricevuto come esaudimento della propria preghiera, sarà svezzato. Il suo sacrificio sarà il figlio stesso, che ella consacrerà al Signore lasciando che resti nel tempio per il servizio di Dio. Ella dimostra così di non averlo voluto per sé, per possederlo, ma per poterlo donare. Il bambino è nato come un dono da parte di Dio, e lei, la madre, vuole donarlo al Signore, riconoscente di essere stata ascoltata ed esaudita!
Maria e Giuseppe continuano la tradizione di recarsi ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Il loro cuore è sempre tutto di Dio, e a lui vogliono affidarsi: con il pellegrinaggio rinnovano la propria adesione a lui. È Pasqua, e questa volta il loro peregrinare diventa profezia della futura vera Pasqua, ritrovandosi per tre giorni privi del figlio. Questi, ormai riconosciuto capace di decisioni proprie, rimane nelle aule del tempio, là dove viene ascoltata la Parola di Dio e scrutato il suo significato. Pensa egli che i genitori lo abbiano portato con sé per lasciarlo nel tempio come a suo tempo Samuele? Egli vuole occuparsi delle cose del Padre, come ha imparato dai genitori: questo non significa rimanere ad ascoltare e approfondire la Parola di Dio?
I genitori lo cercano angosciati. Lo cercano in pianto per tre giorni, come per tre giorni i discepoli piangeranno l’assenza di Gesù, chiuso nel sepolcro. La sofferenza dei genitori è un preludio di quella dei discepoli.
Questi genitori hanno sofferto, non perché Gesù è rimasto nel tempio, ma perché essi non sapevano dove fosse. Essi erano certamente felici che il loro Figlio fosse amante della Parola e di Dio. Erano saliti al tempio e lo avevano preso con sé proprio per manifestare e rafforzare il loro e il suo amore a Dio e consolidare la propria appartenenza al popolo d’Israele.
Osserviamo questa scena evangelica proprio oggi, domenica della Sacra Famiglia: darà qualche consolazione o impulso alla vita delle nostre famiglie. La decisione di Gesù dirà qualcosa ai nostri ragazzi e ai giovani? La ricerca affannosa di Maria e di Giuseppe può consolare i genitori di oggi, o darà loro lo spunto per trattare i propri figli con atteggiamento diverso da quello che stanno vivendo? I rapporti vissuti da Gesù con Maria e Giuseppe saranno d’aiuto a instaurare rapporti nuovi all’interno della famiglia?
Noi godiamo al vedere che a dodici anni Gesù sa prendere decisioni autonome, e le sa prendere per mettersi in ascolto di Dio e approfondire la comprensione della sua Parola. Questa scelta di Gesù ragazzo ci sollecita a non perder tempo in frivolezze. La sua risposta poi aiuta i genitori a donare fiducia ai loro ragazzi quando desiderano compiere scelte di fede coraggiose e impegnative. La loro maturità si misura dalle scelte che fanno, non dall’età. I figli appartengono prima di tutto a Dio, ed egli li può chiamare anche a dare a lui la loro vita. In questo essi trovano pienezza, la gioia più profonda, la realizzazione. “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Gesù ritiene sia ovvio per tutti quanto egli compie. Poi però ubbidisce ai suoi e torna a Nazaret e sta loro sottomesso. Occuparsi delle cose del Padre suo significherà per lui fare quello che gli diranno Giuseppe e Maria. Egli esprimerà in questo modo il suo amore a Dio Padre, e ubbidendo a papà e mamma vivrà quel comandamento che poi donerà ai suoi discepoli. Questo comando ce lo ricorda S.Giovanni nel breve tratto della sua lettera.
Amarci gli uni gli altri è il segreto per la stabilità e la gioia di ogni famiglia. Dire che dobbiamo amarci gli uni gli altri però non basta: chi è capace? È capace di vivere questo “comandamento” chi crede in Gesù Cristo. I genitori che credono in Gesù si amano tra loro e coltivano un amore serio e liberante verso i propri figli. I figli che credono in Gesù sanno amare i propri fratelli e sorelle in modo sereno, libero da invidie, da gelosie, da egoismi. I figli che credono in Gesù sanno rispettare e onorano i propri genitori, e si curano di loro quando ne hanno bisogno. La famiglia che crede in Gesù cresce unita, aperta a farsi carico dei problemi anche di altre persone. Guardiamo con costanza alla famiglia di Nazaret, dove Gesù è il centro. Questo sguardo ci farà stare attenti alla presenza di Dio, disponibili a portare il suo amore sulla terra. Quando siamo suoi servi, come Samuele e come Gesù, saremo veri, lieti, e utili al mondo!
A cura della Casa di Preghiera S.Maria Assunta – Tavodo -Via della Pieve, 3 – 38078 SAN LORENZO DORSINO – TN