Per il cristianesimo la morale non è autonoma, non si giustifica da sé, ma trova il suo fondamento nella risposta al Vangelo.
Le esigenze morali di una vita conforme al Vangelo sono espresse in una serie di detti del Signore che Matteo ha radunato nel discorso della montagna e Luca nel discorso. « del piano ».
Una parola che giudica e chiama alla conversione.
Dobbiamo leggerli innanzi tutto come il giudizio di Dio su di noi: avvertiamo subito che essi esigono da noi un cambiamento radicale; non ci è richiesto di comportarci diversamente da come stiamo facendo, ma di riorientare la nostra vita spirituale alle sorgenti stesse dell’agire. Ogni precetto particolare mette in questione tutta la vita; rivela la forza incondizionata delle esigenze divine; di fronte ad essi non possiamo compiacerci di noi stessi; ci permettono di misurare quanto sia distante ciò che possiamo fare da quanto Dio ci domanda. Sono la norma «oggettiva» su cui misurarci. Per questo sono l’appello ad una continua conversione.
Appello ad un esodo continuo
I precetti del Signore acquistano inoltre un nuovo aspetto: diventano le « indicazioni di marcia » nel cammino che dobbiamo percorrere. Da questo punto di vista gli insegnamenti morali di Gesù differiscono nettamente dalla maggior parte dell’insegnamento rabbinico del tempo, che mirava soprattutto a fornire un quadro completo di regole e prescrizioni, in modo che l’individuo sapesse come conformare la propria condotta, in qualsiasi situazione si trovasse, alla legge di Dio.
Gli insegnamenti morali di Gesù invece non sono per lo più norme immediatamente applicabili, anzi hanno quasi sempre una formulazione paradossale.
La scelta di fede non è una scelta qualunque; essa non offre da sola nessuna sicurezza tranne quella di Dio. Se è vero che una certa condotta morale è segno della fede, bisogna anche dire che nessuna ne è il segno « adeguato ».
L’uomo, quando opta per la fede, non scorge davanti a sé un itinerario interamente tracciato. È tutto da scoprire, a poco a poco, nella sequenza degli avvenimenti e nella monotonia di tutti i giorni. La scelta di fede non è una scelta fatta una volta per sempre. L’insegnamento morale di Gesù è un insegnamento « aperto », dinamico, che immette l’uomo in un cammino che dovrà terminare solo al « ritorno di Cristo ». Ad ogni passo il credente è invitato ad una conversione inaspettata e il cammino prosegue fino al prossimo bivio, da cui bisognerà ripartire nuovamente. Tuttavia i precetti di Gesù, sebbene paradossali, sono ben lontani dall’essere semplicemente delle generiche prescrizioni.
Il loro tono è invece « autoritativo », accompagnato molte volte da ammonimenti in modo da far capire che devono essere presi assolutamente sul serio perché dalla loro accettazione dipende il significato della vita stessa. Si tratta di una scelta radicale.
Una legge scritta nel cuore
La legge di Cristo determina « dal di dentro » l’attività morale. I suoi precetti scuotono la coscienza, mutano il corso dei pensieri e danno un tale impulso alla volontà che ne scaturisce l’azione. Nella misura in cui noi corrispondiamo a tali mozioni, si forma in noi un certo modo di considerare la vita, una certa mentalità, un certo criterio di valutazione nuovo. I precetti non debbono essere trasferiti dalla lettera scritta all’azione. Essi debbono inserirsi attraverso la riflessione e l’impegno personale nella nostra concezione generale di vita, nella nostra mentalità.
Allora potranno concretizzarsi in azioni che siano in armonia con le situazioni mutevoli in cui veniamo a trovarci. Questo è il significato di « legge scritta nel cuore ».
« Vocazione regale dell’uomo – si legge nel Catechismo degli adulti – è farsi capace di interpretare il disegno di Dio – questa legge fondamentale che collega il divenire del creato e soprattutto del mondo umano – per condurre ogni cosa a quella misura ideale che è segnata dalla mano del Creatore… » (CdA, pag. 361).