Continuano gli insegnamenti di Gesù nel discorso della pianura. Alle ultime battute sull’amore fraterno seguono alcuni insegnamenti sul cuore buono che dà buoni frutti.
Lectio
39Disse loro anche una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?
La parola sul cieco che guida un cieco è un proverbio e proprio il suo carattere di sentenza generale promette varie applicazioni. Chi è il cieco che guida? Potrebbero essere i falsi dottori all’interno della comunità. In questo caso Luca si rivolgerebbe ai credenti mettendoli in guardia. Altri pensano si tratti dei responsabili della comunità: essi devono essere esortati a “vedere”, ad assumere per bene “la guida dei ciechi” al posto dei Giudei. Molto più probabilmente l’esortazione è rivolta a tutti e ci invita a non giudicare. Chi giudica diventa cieco perché non si comporta secondo la legge dell’amore.
40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Questo detto era in origine un proverbio indipendente. Nel significato originale afferma che l’ideale di ogni discepolo è somigliare il più possibile al proprio maestro, e cioè di diventare a sua volta un rabbi. A quei tempi non era possibile diventare migliore del maestro. La formazione avveniva solo attraverso la trasmissione della tradizione ricevuta, non nel fare ricerche e nuove scoperte di tipo scientifico o speculativo.
In questo contesto il proverbio segue il detto sulle guide cieche quindi può essere un avvertimento ad aderire pienamente alla dottrina del vero Maestro e quindi alle sue esigenze di amore, ad usare la misura della misericordia con tutti. Gesù rimane il modello di comportamento insuperabile, al quale il discepolo cerca di avvicinarsi nel suo proprio agire.
41Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: «Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio», mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Questa sentenza vieta radicalmente il giudizio nei confronti dell’altro e porta l’attenzione sulla propria necessità di conversione dinanzi al Dio che viene. La trave nell’occhio corrisponde alla situazione dell’uomo di fronte a Dio. Come togliersi dall’occhio la trave che non si vede, se Dio stesso non la toglie? Se tale è la situazione, l’uomo può usare soltanto misericordia nei riguardi del prossimo.
43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto:
Questo ultimo brano del capitolo 6 raccoglie alcuni detti che riguardano l’agire che deve seguire l’essere. Il primo paragone è quello tra l’albero e il frutto. Vedendo il frutto si può vedere la qualità dell’albero. Da come un cristiano agisce si può conoscere la sua bontà in campo dottrinale o morale.
non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo.
Questo proverbio non fa parte delle affermazioni precedenti. La prospettiva è diversa, viene presa in considerazione non la produzione, ma la raccolta. Tra frutto e albero produttore non esiste solo una relazione di qualità ma di natura. La metafora indica non solo che un albero produce necessariamente frutti della stessa natura, ma anche che da una pianta inferiore non ci si può aspettare frutti nobili. Il detto fu pronunciato da Gesù probabilmente contro gli scribi e i farisei contestando loro la capacità di insegnare e di guidare il popolo.
45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Questo versetto costituisce un’applicazione delle immagini anteriori, ma respinge il campo alle parole buone o cattive. Forse questo detto avvertiva i credenti contro i falsi profeti. Per Luca il cuore è il luogo dove è deposto e va maturando un tesoro buono o meno buono. L’uomo manifesta un parlare o un agire in relazione al suo cuore e non è possibile separare la sua attività dal suo essere. Ma cosa rende il cuore buono? L’obbedienza. Lo si vedrà nel prossimo versetto.
Meditatio
- Da chi e da che cosa mi faccio guidare nelle mie scelte di ogni giorno?
- Quali sono i buoni frutti che produco?
- Quali parole escono dall’abbondanza del mio cuore?
Preghiamo
(orazione colletta della VIII domenica del Tempo Ordinario)
La parola che risuona nella tua Chiesa, o Padre, come fonte di saggezza e norma di vita, ci aiuti a comprendere e ad amare i nostri fratelli, perché non diventiamo giudici presuntuosi e cattivi, ma operatori instancabili di bontà e di pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
A cura delle Monache dell’Ordine dei Predicatori (domenicane) del Monastero Matris Domini