Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.
PAZIENZA E URGENZA
Il Signore ha tanta pazienza con noi. Vuole darci tutte le possibilità di fruttificare, anche se noi siamo cocciuti e presuntuosi. Il racconto della vocazione di Mosè ce lo prova. Mosè avvicinandosi al roveto si trova al cospetto di Dio che gli parla e che gli affida la missione di liberare il suo popolo. Ci si potrebbe aspettare un immediato consenso da parte sua, invece fa un mucchio di obiezioni. Se mi chiedono il tuo nome cosa devo dire? Chiede un segno e il Signore gli fa trasformare il bastone in serpente, ma non basta ancora, perché Mosè non vuole accettare, gli dice che è impacciato a parlare e allora Dio lo rassicura dicendo che sarà con lui suo fratello Aronne che gli farà da portavoce. In pratica è Dio che prega Mosè e non viceversa! Se con gli uomini non usasse questa bontà, poveri noi. Gesù ci invita però a non abusare della pazienza del Padre. Si rifà alla cronaca nera del suo tempo e cita due episodi in cui alcuni sono morti, per mano dei romani e per il crollo di una torre. È rassicurante pensare che siano morti perché lo meritavano, ma Gesù ci mette in guardia: in realtà tutti dobbiamo convertirci e non pensare che tocchi sempre agli altri, come se noi fossimo già buoni. I recenti terremoti in Emilia e in Giappone sono fatti analoghi. Mentre noi crediamo di possedere il mondo e di poterci salvare solo con la scienza e la tecnica, la natura ci riporta alla realtà. Siamo fragili e mortali. Il nostro occidente invece di costruire giustizia fabbrica armi; invece di soccorrere i poveri cerca solo il profitto anche a spese di chi è più debole. Come può sopravvivere a lungo un sistema così iniquo? Se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo. Non è la minaccia di un castigo di Dio, ma un avvertimento: se non cambiamo rotta la nostra avidità ridurrà questo pianeta un deserto. Dalla parabola del fico, sembra addirittura che Dio sia stanco di aspettare che noi, cioè l’albero, facciamo frutto. Vorrebbe che fosse tagliato subito. Il Maestro è il giardiniere, che fa un estremo tentativo: diamogli ancora una possibilità. Grazie a Lui c’è ancora una parte di umanità che prega e che si sforza di vivere la legge dell’amore e così facendo ci salva dall’ira di Dio. Ecco perché dobbiamo convertirci e diventare contagio positivo, per contribuire alla salvezza nostra e del mondo intero. Ogni anno in quaresima siamo invitati a fare un esame di coscienza e a ricominciare. Il vangelo parla a ciascuno di noi, non parla solo agli altri, bisogna che ciascuno dica a se stesso: come posso convertirmi? Cosa mi chiede il Signore? In che modo posso migliorare la mia vita?
Lc 13, 1-9
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».