Commento al Vangelo del 3 Giugno2018 – Wilma Chasseur

FRAMMENTO D’INFINITO

Abbiamo visto che essere Trinità è essere riversati uno nell’altro. Se Dio non fosse Trinità sarebbe contemplazione di sé stesso perché non avrebbe niente di più bello da contemplare. Se Dio fosse solo uno e non trino, come vorrebbero i musulmani e le religioni stramonoteiste, sarebbe un Dio solitario: nessun Figlio e tantomeno lo Spirito Santo che procede dall’amore reciproco dei due. Ma Dio è trino, oltre che uno: Il Padre è essere sussistente, il Figlio è sapienza sussistente e lo Spirito è amore sussistente, ma non tiene nulla per sé e mette tutto in comune. “Tutto ciò che il Padre possiede è mio” e tutto ciò che il Figlio possiede è nostro: ci ha appena dato il Suo Spirito, come abbiamo visto a Pentecoste.

Non più deformi, ma deiformi

Il Padre è tutto fuori di sé e tutto sbilanciato sul Figlio e il Figlio è talmente fuori di sé da essere addirittura in un pezzo di pane. L’infinito si fa frammento, il tutto si fa particella per potersi donare a noi. Dio sconcertante: la potenza si fa debolezza, il Creatore si fa creatura e quella creatura unica al mondo, cioè l’Uomo-Dio, si fa pane. Più scendere di così, più annientarsi di così, non si può! Quella pienezza e sovrabbondanza di vita, dalla quale ogni vita – compresa la nostra – procede, si fa morte, si fa uomo mortale, per eliminare ogni distanza tra Lui e noi. E non solo ogni distanza, ma per eliminare la stessa morte e distruggere ogni dissomiglianza (il peccato) che ci rende incapaci di riceverlo: da deformi ci rende deiformi. “Essendo eterno ed incorruttibile Tu rendi incorruttibili quelli che mangiano Te, e li porti all’eternità con la smisurata efficacia che ti è naturale” (Filocalia).

E san Leone Magno diceva: “La partecipazione all’Eucarestia, tende a farci diventare ciò che mangiamo”. Quando andiamo alla Comunione tendendo la mano per ricevere il Signore della vita, siamo come dei mendicanti che tendono la mano per chiedere la carità del Pane di vita eterna, siamo il povero che tutto riceve, anzi riceve il Tutto: una carica esplosiva straordinaria, un fuoco ardente e incendiante.

La scossa

Eppure non bruciamo e non sentiamo la scossa! Non è normale non sentire che il fuoco brucia e che la corrente dà la scossa. Siamo troppo protetti dall’irruzione di Dio. C’è troppo isolante in noi, cioè troppa indifferenza, troppo poca consapevolezza di chi stiamo per ricevere, troppa sterpaglia e rovi (gli affanni del mondo e le preoccupazioni della vita) che ci impediscono di essere raggiunti da questa forza ad altissima tensione che ci attraversa. Il Cristo si riversa in noi come una forza e un liquore inebriante che dovrebbe trasformaci totalmente e noi non ce ne accorgiamo neanche: rimaniamo tali e quali con le nostre tristezze e pesantezze invece di fare l’esperienza dell’ebbrezza dello Spirito. Dobbiamo chiedere la grazia di ridiventare normali: di sentire il fuoco bruciare e la scossa scuotere!

Ostie piccole e ostia grande

Nella Consacrazione il sacerdote consacra tante piccole ostie assieme a quella grande, fatte di pane azzimo, cioè non fermentato perché senza lievito.

Le piccole ostie siamo noi e dobbiamo diventare pani azzimi, cioè senza lievito di malizia, di vanagloria e di tutto quello che gonfia. Il culto eucaristico poi non si esaurisce nella Comunione, ma c’è anche l’adorazione a Gesù presente nel Tabernacolo. E’ un bellissimo gesto quello di andare a salutare Gesù presente nel tabernacolo, ogni volta che passiamo davanti ad una chiesa o fare l’adorazione ogni volta che ne abbiamo l’opportunità. E’ come esporsi ai raggi del Sole divino.

Nella Comunione e nella S. Messa, siamo noi i mendicanti della Parola e del Pane, ma nel Tabernacolo il mendicante è Gesù che ci dice: c’è qualcuno che si ricorda che Io sono qui veramente presente e in attesa che qualcuno bussi alla mia porticina per riversare su di lui un oceano di luce e di amore? E dopo saremo anche noi come piccoli Soli, come dice Dionigi l’Areopagita, che prima si sono riempiti di splendore irradiato e poi lo trasmettono agli altri.

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DOMENICA del CORPUS DOMINI

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Mc 14, 12-16. 22-26
Dal Vangelo secondo Marco

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 03 – 09 Giugno 2018
  • Tempo Ordinario IX
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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