QUESTO È IL MIO CORPO – QUESTO È IL MIO SANGUE SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO – ANNO B – MARCO 14,12-16.22-26
12. Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Celebriamo la festa dell’Eucaristia, chiamata anche del Corpo del Signore (Messale di Pio V), o solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Messale di Paolo VI). È una celebrazione istituita nel XIII secolo, nella Chiesa d’Occidente soltanto, non recepita dalla Chiesa d’Oriente. Ha lo scopo di contemplare, adorare e celebrare il mistero eucaristico in modo specifico, oltre al Giovedì santo, in coena Domini.
La liturgia di questa domenica del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo propone alla nostra meditazione il Vangelo dell’Ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli.
Il contesto è la celebrazione della Pasqua ebraica. Gesù presiede la cena seguendo il rituale previsto. Ad un certo momento introduce una variante, come era consentito fare al presidente della celebrazione: spezza il pane dicendo che è il suo corpo e invita i discepoli a mangiarlo; offre la coppa del vino dicendo che è il suo sangue ed invita gli amici a berlo. Compie il gesto supremo d’amore e di donazione di sé, perché abbiamo la sua vita in noi.
13. Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16. I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
In occasione della Pasqua, la città di Gerusalemme era affollata per i pellegrini che vi si recavano da tutte le parti del paese, portando l’agnello da sacrificare al tempio. Subito dopo l’offerta si riunivano in casa, nell’intimità della famiglia, per consumarlo. Era difficile trovare un luogo dove riunirsi. Così è stato anche per Gesù con i suoi discepoli, la sua nuova famiglia.
“Vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo”: Gesù sa di essere controllato da quanti lo vogliono uccidere e sa di non potersi fidare neanche dei suoi più intimi: uno lo ha già tradito. Fa in modo che non si sappia dove celebrerà la festa. Manda due discepoli che devono incontrare un uomo che porta una brocca d’acqua. È un particolare insolito, perché erano le donne incaricate ad attingere l’acqua. Si tratta probabilmente di un segno convenuto.
“Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta”: la sala è messa a disposizione da un discepolo. La “grande sala al piano superiore” è diventata il luogo della prima Eucaristia, della riunione dopo l’Ascensione di Gesù al cielo, della discesa dello Spirito Santo, della preghiera durante la persecuzione, dell’incontro di Pietro dopo la liberazione.
“Lì preparate la cena per noi”: per celebrare la pasqua ebraica occorre preparare il pane non lievitato (ricordo del fatto che non c’era stato il tempo di farlo lievitare), il vino, l’agnello (il cui sangue serviva per segnare gli stipiti delle case), le erbe amare (richiamo all’amarezza dell’esilio). Sono tutti mezzi per fare memoria dell’uscita di Israele dall’Egitto, della liberazione dalla schiavitù, della nascita del popolo appartenente al Signore.
22. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo».
L’annuncio della passione avviene nel contesto di una festa, di una celebrazione pasquale. Più che essere l’anticipo del dolore, essa diventa l’anticipo della risurrezione, della gloria che seguirà dopo la croce.
“Prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro”: il gesto dello spezzare il pane era già presente nei profeti e indicava il condividere il cibo con i poveri (cfr. Isaia 58,7). Il pane, nella sua semplicità, è di vitale importanza per la sussistenza. La benedizione è il ringraziamento a Dio per il dono ricevuto dalla sua bontà. Nutrendosi insieme dello stesso pane si cementa la comunione fraterna per cui il primo nome dato all’Eucaristia è “frazione del pane”, come riportato da Luca 24,35; da Atti 2,42; da Atti 20,7 e dalla Didaché 9,3.
“Prendete, questo è il mio corpo”: Gesù si rivolge ai suoi discepoli con un tono imperativo. Comanda di prendere, di afferrare quel pane, di assumerlo, non di stare a guardarlo. Sono parole che significano la volontà di Gesù di donare la sua intera persona ai discepoli.
Gesù vuole entrare in comunione con ciascuno di noi, vuole che diventiamo la sua dimora, vuole trasformare le nostre membra nelle sue, per continuare ad essere presente nel mondo.
Mentre quando ci nutriamo siamo noi a trasformare il cibo, quando riceviamo l’Eucaristia è Gesù che ci trasforma e ci fa diventare una cosa sola con Lui. Ricevendo l’Eucaristia, ci facciamo partecipi della sua vita spesa e consegnata per amore, “fino alla morte e alla morte di croce” (Filippesi 2,8).
Presso gli antichi popoli la divinità chiedeva sacrifici. Nel Cristianesimo, invece, è Dio che si sacrifica per gli uomini e versa il suo sangue per la salvezza di tutti.
Assumere il Corpo e il Sangue di Cristo significa ricevere la Vita; è partecipare alla sua stessa opera di redenzione attraverso il nostro sacrificio unito al suo; è pregustare la gioia futura; è vivere uniti con il Signore dal quale ci separa solo la visione.
23. Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti.
“Questo è il mio sangue dell’alleanza”: Gesù spiega in anticipo e in piena libertà, con gesti e parole, che la sua morte è un dono agli uomini e un’offerta a Dio. Non è il peccato il motivo dell’incarnazione di Cristo, ma l’Amore. È venuto per dare se stesso, come una madre che si dona ai figli. È venuto per testimoniare l’amore gratuito del Padre e lo fa non solo con la predicazione, ma con la vita concreta, con lo spargimento del sangue, con le braccia aperte a donare il perdono a tutti. È venuto per essere lo Sposo che si offre per tutta l’umanità, sua sposa.
Ricordiamo che nella cultura semitica il sangue rappresenta la vita. Dando il calice del vino da bere ai discepoli, Gesù dà il suo sangue, cioè la sua vita.
“Che è versato per molti”: Gesù porta a compimento l’alleanza sigillata tra Dio e Israele al monte Sinai quando Mosè asperse l’altare, trono di Dio, e il popolo riunito in assemblea con il sangue delle vittime del sacrificio, dicendo: “Questo è il sangue dell’alleanza” (cfr. Esodo 24,6-8). Ora l’alleanza non è ristretta al solo Israele, è universale, “per le moltitudini” (rabbim, polloí: cfr. Isaia 53,11-12), cioè “per tutti” (cfr. Concilio Vaticano II, Ad gentes 3).
Anche noi siamo chiamati a diventare ciò che riceviamo (cfr. San Leone Magno: partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo). Dobbiamo essere corpo e sangue di Cristo per ogni fratello che ha bisogno di aiuto, di speranza, di vita, di futuro, di eternità.
Quanta ricerca di Dio nascosta nella società odierna! Quanti surrogati sostituiscono il Dio Vivente! Tocca a noi testimoniare la gioia di avere il riferimento sicuro nel nostro Gesù Salvatore, pienezza di gioia, di senso, di amore!
Ricordiamoci che l’Eucaristia non è solo il ricordo di un fatto passato. È la ripresentazione dell’evento di cui si fa memoria, reso presente, attuale. È un memoriale.
Gli ebrei vivevano la pasqua come memoriale dell’uscita dall’Egitto. Un famoso rabbi, Gamaliele, insegnava agli ebrei a celebrare il memoriale della Pasqua, festa della liberazione dalla schiavitù dall’Egitto con queste parole: “In ogni generazione l’uomo deve considerarsi come se fosse stato tratto personalmente dall’Egitto”.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “quando si celebra l’Eucaristia, si fa memoria della Pasqua di Cristo e la si rende presente” (CCC 1264) e richiama il Concilio: “ogni volta che il sacrificio della croce viene celebrato sull’altare, si effettua l’opera della nostra redenzione” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, 3).
E ancora: “Il nostro Salvatore nell’ultima Cena, la notte in cui veniva tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura” (CCC 1323).
“Secondo la Sacra Scrittura, il memoriale non è soltanto il ricordo degli avvenimenti del passato, ma la proclamazione delle meraviglie che Dio ha compiuto per gli uomini. La celebrazione liturgica di questi eventi, li rende in certo modo presenti e attuali. Proprio così Israele intende la sua liberazione dall’Egitto: ogni volta che viene celebrata la Pasqua, gli avvenimenti dell’Esodo sono resi presenti alla memoria dei credenti affinché conformino ad essi la propria vita” (CCC 1363).
Dalla Lettera agli Ebrei: “Egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore. Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso” (Ebrei 7,24-28).
All’epoca in cui Marco scrive, alcuni cristiani perseguitati avevano rinnegato la fede per paura, ed ora temevano di non essere perdonati. In queste righe la comunità cristiana trova il conforto della certezza che l’amore di Dio non viene mai meno, nemmeno di fronte al rinnegamento e al tradimento:“Né potenze, né altezza, né profondità, ne alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore!” (Romani 8,39).
Nell’Eucaristia noi cristiani partecipiamo al sacrificio di Cristo che si rinnova oggi, qui ed ora, e ne siamo coinvolti tanto da doverci impegnare a vivere eucaristicamente, cioè con gli stessi sentimenti di Gesù che si dona per la salvezza di tutti.
Il memoriale dell’Eucaristia implica la memoria come ricordo di un fatto avvenuto storicamente; la riattualizzazione o ripresentazione del dono di Gesù; la partecipazione alla grazia di quell’evento; la conformazione della propria vita all’offerta di Cristo al Padre; l’assunzione del progetto di salvezza di Gesù; l’assimilazione della sua vita condivisa, messa completamente al servizio della vita dei poveri e dell’umanità.
Vivere l’Eucaristia non è compiere un rito esterno, ma è rendere presente in mezzo a noi Gesù che si dona; vuole dire celebrare il memoriale di Gesù che dà la sua vita per noi e vivere di conseguenza a servizio, come Lui.
25. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». 26. Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Mentre è a cena con i suoi e si dona loro, Gesù ha chiarezza di quanto lo attende. Annuncia che è giunto il momento del dolore estremo, del martirio cruento ad opera dell’uomo stesso che è venuto a salvare. Tutti l’abbandoneranno, fuggiranno pieni di paura, invece di sostenere il maestro nel momento della prova.
“Non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”: il banchetto eucaristico è preludio del banchetto nuziale del Regno. Gesù, il Signore risorto, berrà il vino nuovo e definitivo alla festa senza fine, alla quale anche noi siamo chiamati a partecipare.
“Uscirono verso il monte degli Ulivi”: è l’ultimo momento in cui Gesù è insieme con i discepoli. Esce dal luogo dell’intimità e si dirige verso il luogo dell’offerta, della preparazione al grande “Amen”, dove sperimenterà il tradimento da parte di Giuda, l’abbandono totale. Dice di sì a tutto: al dolore atroce, all’umiliazione più profonda, alla morte più infame.
Le tenebre sembra che prendano il sopravvento, ma solo temporaneamente. La risurrezione è la vittoria sul male, sulla morte e nel Risorto anche noi abbiamo la speranza di una vita rinnovata dal perdono e dalla misericordia.
Chiediamo di pregustare alla cena dell’Agnello la Pasqua eterna della Gerusalemme del cielo. Imploriamo la grazia di comprendere il mistero eucaristico per attingere forza, redenzione, speranza, desiderio di lodare nell’eternità Colui che è sempre con noi, come Cibo, Vita, Salvatore. E la nostra vita donata per amore sarà un’eterna lode della gloria di Dio.
Suor Emanuela Biasiolo
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
DOMENICA del CORPUS DOMINI
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 3 Giugno 2018 anche qui.
- Colore liturgico: Bianco
- Es 24, 3-8; Sal. 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16. 22-26
Mc 14, 12-16. 22-26
Dal Vangelo secondo Marco
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 03 – 09 Giugno 2018
- Tempo Ordinario IX
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO